Il dibattito congressuale nel PD (2)
Riprendo le riflessioni fatte alcuni giorni orsono sul dibattito congressuale in corso nel PD, precisando il mio pensiero.Mi riconosco con quanto ha di recente affermato Arturo Parisi e condiviso Antonio La Forgia:
“Se alla fine del percorso, quello che daremo e chiederemo potrà essere un voto, cioè a dire un auspicio sul futuro del PD, oggi qualsiasi scelta tra i candidati in campo è una scommessa”.
Questo significa che non è facile né scontato scegliere per l’uno o per l’altro tra i candidati in lizza.
Non so se capita anche a voi, ma a me succede di leggere alcune affermazioni di Bersani e di pensare: “Sono pienamente d’accordo”. Dopo di che leggo delle frasi della mozione di Franceschini e pure mi dico: “La penso così anch’io”. E con Marino, in altri casi, capita la stessa cosa.
Ma per forza è così: si tratta di sottolineature, di accentuazioni, di sensibilità particolari, certo non prive di significato ma che s’iscrivono comunque all’interno di uno Statuto, di un Codice Etico e soprattutto di un Manifesto dei Valori da tutti condiviso.
Questo già di per sé dovrebbe servire a sdrammatizzare la scelta.
Dire allora che siamo davanti ad una scommessa è come dire che il giudizio sulla qualità del budino lo si potrà dare in modo certo solo dopo averlo mangiato…….
In ogni caso va evitato che il voto contribuisca alla formazione di correnti cristallizzate che diventino essenzialmente lo strumento di classificazione in base al quale distribuire i posti di potere e di responsabilità non solo nel partito ma anche nelle istituzioni.
E’ vero che le esperienze del passato c’insegnano che ogni elezione interna comporta un certo rimescolamento di carte rispetto alle elezioni precedenti (non tutti i cosiddetti “bindiani” ad esempio seguiranno Rosy nella scelta a favore di Bersani) ma il rischio correntizio è sempre in agguato.
Io spero ancora che il dibattito precongressuale aiuti a fare più chiarezza sulle effettive differenze di contenuto programmatico tra i candidati (sia a livello nazionale che regionale) sui diversi temi all’ordine del giorno: profilo e identità del PD, politica delle alleanze, collocazione europea, primarie ecc. In questo senso la mancanza di confronti diretti fra i candidati, se evita il rischio di accentuazioni polemiche, non aiuta a comprendere, anche da parte dei non addetti ai lavori, le reali diversità tra i candidati e rischia di essere sostituita, comunque, da un prevalere degli attacchi a distanza (anche sul piano personale) rispetto alla messa in risalto delle peculiarità della propria proposta.
Detto tutto ciò non posso nascondere che, al momento, la mia preferenza va a Franceschini sul piano nazionale ed a Bastico sul regionale, soprattutto in ragione del fatto che la loro mi sembra la proposta più inclusiva, che cioè più si dà carico di un’apertura all’esterno del partito ed alla società civile, che era uno degli obiettivi fondanti (fin qui mancato in larga misura) del PD.
Di converso non condivido l’enfasi che la mozione Bersani pone sui diritti degl’iscritti: da iscritto considero la mia adesione al PD essenzialmente un privilegio ed una ragione di servizio.
Paolo