Il dibattito congressuale nel PD (4)

Questo post è stato scritto da Paolo Natali il 30 settembre, 2009

franceschinibastico

Franceschini Bastico

Ritengo utile riportare nel seguito il testo integrale della relazione con cui ho presentato nel Congresso del mio Circolo (S.Donato Centro) le mozioni Franceschini-Bastico.

Care amiche ed amici, compagne e compagni, al centro di questo Congresso non ci siamo noi, non c’è il PD, ma il Paese: dobbiamo essere consapevoli che il Congresso del PD è un grande fatto democratico che si svolge in un momento cruciale, in cui il nostro Paese attraversa una grave crisi economica, che questo governo si dimostra ogni giorno di più incapace di affrontare, ed una crisi politica e democratica, che questo governo alimenta.
Il Congresso, al di là dei suoi esiti e del confronto tra le mozioni, deve offrire al Paese un messaggio di autorevolezza e di unità sostanziale. Dobbiamo uscire dal Congresso non più deboli e divisi ma più forti ed uniti. Per questo il nostro dibattito va mantenuto in un clima sereno. D’altro canto se si guarda ai contenuti programmatici delle diverse mozioni nazionali e regionali si riscontrano molte convergenze, anche letterali: condividiamo infatti un unico Manifesto dei Valori ed un medesimo Codice Etico! Alla fine ci troveremo uniti attorno al Segretario che iscritti ed elettori del PD avranno scelto il 25 ottobre. E tuttavia la scelta non è indifferente!

Cercherò d’illustrare le ragioni che inducono, a mio parere, a preferire Dario Franceschini e Mariangela Bastico.

Franceschini è il segretario del PD da appena 6 mesi e 6 mesi non sono sufficienti ad esprimere compiutamente una leadership. Il PD non può dare al paese l’immagine di un partito che cambia di continuo il proprio leader. Senza dimenticare i tanti leaders che il centrosinistra ha cambiato in questi ultimi 15 anni, di fronte all’unico leader degli avversari del centrodestra. Penso che tocchi ai sostenitori di Bersani l’onere di dimostrare i limiti che Franceschini avrebbe manifestato in questi mesi: per cambiare segretario in questo momento ci vogliono argomenti che non ho ascoltato.

Perchè, vedete, a me pare che Franceschini abbia lavorato bene: si è fatto carico della crisi del PD dopo l’abbandono di Veltroni, spendendosi con generosità e passione e stabilendo un rapporto di fiducia e simpatia con l’elettorato, ed ha ottenuto alle recenti elezioni un risultato che, seppure inferiore all’esito delle politiche del 2008, non era affatto scontato (lo sappiamo bene) alla vigilia del voto, un risultato che consente un rilancio fin dalle prossime elezioni regionali.
Franceschini ha tenuto la barra dritta sulla laicità, confermando il profilo chiaro di un credente laico, consapevole delle responsabilità che la politica ha nei confronti delle persone e delle loro scelte di vita (ricordo per tutti la sua posizione sul caso Englaro e quella di questi giorni sulla pillola RU486).
Anche sulla collocazione europea del PD (questione assai critica, come ricorderete) Franceschini, ha saputo concretizzare la scelta di costruire in Europa un nuovo campo progressista fondato sull’alleanza al Parlamento europeo tra gli eletti del PD e gli eletti socialisti e socialdemocratici. Questo, oltre ad attribuire al nostro partito un ruolo di leadership nel campo del riformismo europeo (a fronte della crisi che attraversa la socialdemocrazia europea in Gran Bretagna, Francia e Germania - vedi i risultati delle elezioni di ieri) ci mette in comunicazione diretta con i partiti Democratici al governo negli Stati Uniti ed in Giappone.

Ma c’è una ragione ancora più profonda, che attiene al PD, al suo carattere di casa comune dei riformisti italiani: il PD e prima l’Ulivo, lo abbiamo voluto plurale, fondato sull’incontro, la reciproca contaminazione, l’intreccio delle esperienze di donne ed uomini provenienti da storie e culture diverse. Abbiamo voluto costruire un partito che riconoscesse il valore delle differenze e, tenendo conto dell’apporto di ciascuno, fosse in grado di creare pensiero nuovo, identità nuova. E pure in mezzo a difficoltà, limiti, insufficienze (che vanno superate) abbiamo cominciato a costruire quel PD che per questo oggi non può e non deve essere omologato a una sola delle culture originarie che lo hanno promosso, privilegiandola sulle altre: questo è un rischio particolarmente forte nella nostra regione e nella nostra provincia. Il PD deve continuare ad essere la casa nella quale tutti ci troviamo a nostro agio, la casa di tutti, una casa nuova, nella quale tutti (ex-DS, ex-Margherita e soprattutto ex-niente) possono entrare non da graditi ospiti (sia pure bene accolti) ma che debbono adeguarsi ad usi e costumi consolidati nel passato.E Franceschini è il segretario che offre oggi le maggiori garanzie che il PD mantenga quel profilo largo, aperto e plurale che è essenziale per la funzione nazionale che deve assolvere.
Uno slogan come quello di Bersani (”un senso a questa storia”) comunica essenzialmente l’idea di un ritorno al passato e non di uno slancio verso il futuro, senza dimenticare le nostre radici.
Di fronte ad un momento difficile non possiamo farci prendere dalla nostalgia di ciò che eravamo, in un ripiegamento identitario che tende a rassicurarci con un richiamo alle nostre origini, ma che rappresenta oggettivamente un arretramento rispetto al progetto del PD.
Non possiamo lanciare questo messaggio alla società, dobbiamo allargare il consenso al PD e non restringerlo nel campo della sinistra.
Dobbiamo cercare l’unità in nome del progetto in cui abbiamo creduto e crediamo, proiettato nel futuro, non in ragione delle appartenenze da cui veniamo.
Dobbiamo, ancora di più di quanto abbiamo fatto in passato, aprirci alla società ed acquisire consensi che vadano oltre il perimetro dei partiti fondatori.

E poi c’è il tema della collocazione del PD nel quadro politico e delle alleanze.
Intanto non dobbiamo mai smettere di rivendicare il merito che il PD ha avuto nel provocare con la sua nascita e con le sue scelte una semplificazione del sistema politico che ha fatto sì che in Parlamento oggi siano rappresentati 6 gruppi e 10 partiti a fronte dei 39 di qualche anno fa (con le conseguenze d’ingovernabilità di cui ha fatto le spese il governo Prodi).
Dopo di che, correggere i limiti di autosufficienza che ha avuto il PD è giusto, rinunciare alla vocazione maggioritaria e sostituire la ricerca delle alleanze a quella del consenso è invece completamente sbagliato.
Vocazione maggioritaria infatti non vuol dire fare da soli ma tendere a rappresentare larghi strati sociali, non solo collocati a sinistra ma anche al centro moderato. Il PD deve essere quella grande forza riformista che non delega a nessun altro, neanche all’Udc di Casini, il compito di dialogare con determinati settori della società o determinate aree culturali.
Se non vogliamo favorire una involuzione del sistema politico italiano che ci faccia ripiombare nella prima Repubblica, con un grande (o comunque determinante) centro di Pierferdinando Casini ago della bilancia, magari attraverso una legge elettorale di tipo proporzionale, dobbiamo giocare fino in fondo le nostre carte, in un sistema bipolare e pluripartitico, e porci l’obiettivo di tornare a vincere alle prossime elezioni politiche avendo di fronte un centrodestra sperabilmente evoluto, magari sotto la leadership di Gianfranco Fini.
Non si tratta di un timore infondato. Anche l’incontro dei giorni scorsi tra D’Alema, Casini e Pisanu, alimenta forti sospetti su ipotesi di governi di larga coalizione come sbocco della eventuale caduta di Berlusconi, con opache prospettive politiche e con tanti saluti alla vocazione maggioritaria (ed al ruolo determinante) del PD. Ed anche il risultato delle elezioni di ieri in Germania ci dice quale sia lo sbocco dei governi di larga coalizione e quale “vantaggio” ne traggano i partiti socialdemocratici.
Certo, le alleanze sono necessarie, ma a partire da un programma di governo e per il governo che compete a noi presentare e sul quale gli altri partiti siano chiamati a confrontarsi. Le alleanze poi si costruiscono tenendo conto delle specificità territoriali (quali caratteristiche hanno i partiti ma anche gli uomini che li rappresentano). Ed infine le alleanze vanno stabilite prima e non dopo il voto, perchè gli elettori hanno diritto di sapere per cosa vanno a votare.

Da ultimo vorrei dire che Franceschini ha un’idea di partito più inclusivo e capace di attrarre consensi nuovi. Non un partito “liquido” ma radicato sul territorio e tuttavia un partito aperto e capace di coinvolgere anche gli elettori, riconoscendo loro un potere, che poi è quello che dà forza al partito, anche attraverso lo strumento delle primarie, non solo per scegliere i candidati alle cariche istituzionali ma anche le più importanti cariche di partito, dando loro una legittimazione democratica molto più forte. E’ giusto che il Segretario sia eletto dagli elettori e non solo dagli iscritti, perchè deve essere anche il candidato premier. Nella presentazione della sua mozione, Bersani ha messo apertamente in discussione questo punto fondamentale, così come nella sua mozione è scritto - a differenza di quello che prevede lo Statuto - che, in caso di primarie di coalizione per le cariche istituzionali, il PD può parteciparvi con un unico candidato scelto dagli organismi dirigenti. Le primarie (le recenti esperienze lo provano), certo non sono un fine ma un mezzo che va usato con cura, ma questo non giustifica in alcun modo un loro accantonamento o ridimensionamento.
Quanto ho detto fin qui riguarda essenzialmente la scelta del futuro segretario nazionale. Quanto alla scelta del segretario regionale, credo che di Mariangela Bastico vadano apprezzate l’ottima esperienza come Sindaco di Modena, come Assessore all’istruzione della nostra regione e come Viceministro. Personalmente ne condivido anche le idee, per un PD dell’Emilia Romagna pienamente consapevole sia dei buoni risultati della sua azione amministrativa, sia delle nuove sfide che ha di fronte, le quali richiedono un surplus d’innovazione, anche in vista delle prossime elezioni regionali del 2010.
Vorrei concludere con le ultime parole della lettera che Dario Franceschini ha inviato a tutti gl’iscritti al PD:
“Ecco, solo questo vi chiedo: quando voterete nei Circoli e poi alle Primarie del 25 ottobre, tra noi candidati scegliete quello che vi convince di più, chi immaginate potrà fare meglio l’opposizione e preparare le vittorie future, ma scegliete liberi.
E’ troppo importante la scelta per seguire solo l’indicazione di qualcuno che conta o per restare legati alle antiche appartenenze.
Seguite solo la vostra coscienza, scegliete uno di noi, ma non per la storia da cui proviene ma per quella futura che propone al partito ed al Paese.
Se farete così, chiunque vinca avrà vinto tutto il PD”
Vi ringrazio per la vostra attenzione.

 

 

 

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