Impareremo la lezione del voto?
Il risultato delle elezioni regionali offre molti motivi di riflessione a tutti i partiti politici.
L’aumento delle astensioni, il successo della Lega e del Movimento di Beppe Grillo devono essere interpretati come un segnale forte, che chiede in particolare al PD, un’analisi franca e coraggiosa e conseguenti cambiamenti di linea politica. Non è tempo di consolarsi con la “tenuta”, con l’”inversione di tendenza” o (mi riferisco al voto bolognese) col modesto recupero percentuale rispetto alle comunali o alle europee del 2009 o col limitato “effetto Delbono”: 20.000 voti persi in un anno debbono far pensare. Anche la distribuzione delle preferenze ai candidati va interpretata.
Il PD deve ridefinire innanzitutto la sua identità, deve rinnovare la sua dirigenza locale e, successivamente, deve chiarire la propria strategia delle alleanze.
L’imminente congresso provinciale rappresenta l’occasione opportuna per assumere delle decisioni e degli orientamenti su questi aspetti: avremo occasione di riparlarne.
Commenti dei lettori
Caro Paolo, a chi ti riferisci con “impareremo?”.
Mi sembra che all’interno del PD ci sia ormai una forbice in perpetua divaricazione fra quelli che la lezione l’hanno capita in anticipo (vedi per esempio il discorso che ha reso celebre la Serracchiani poco più di un anno fa), e quelli che la lezione proprio non la vogliono imparare neanche dopo (vedi Bersani ieri).
Ho visto con sincero imbarazzo i video della conferenza stampa di Bersani e dei commenti di Fassino e altri al voto. Mi piacerebbe pensare che costoro siano solo un po’ “tonti” (l’imbarazzo si trasformerebbe forse in una sorta di pietà) ma temo purtroppo che dietro la loro incapacità di chiamare le cose con il proprio nome non ci sia stupidità, ma mancanza d’onestà. E questo trasforma l’imbarazzo in indignazione, se non proprio in rabbia.
Tu dici: “Il PD deve ridefinire innanzitutto la sua identità, deve rinnovare la sua dirigenza locale e, successivamente, deve chiarire la propria strategia delle alleanze.” Ma tutte queste cose le si va dicendo da quando Prodi parlava dell’asinello.
Non voglio dire che da allora non sia stato fatto nulla, ma l’identità non è una “verità statica”. E’ piuttosto un “equilibrio dinamico” in cui alcuni valori di fondo [relativamente "immobili"] vengono declinati nel quotidiano in maniera articolata e pertinente al contesto.
Il PD non ha un problema di identità. Ha un problema d’anima: le varie voci che parlano a nome del PD - almeno a livello nazionale - non sono espressioni diverse di uno stesso valore. Sono espressioni simili (perlopiù petulanti) di valori diversi.
Per quanto riguarda la dirigenza locale, la mia domanda è perché dici “locale”? Il problema più grande secondo me è la dirigenza nazionale: tant’è vero che quando il PD ha attraversato l’unico momento di slancio della sua storia (con Franceschini segretario) lo stesso è stato subito silurato e rimpiazzato da Bersani la cui pochezza come segretario nazionale è di fronte agli occhi di tutti. Dopotutto per cambiare un segretario nazionale basta un congresso, mentre per rinnovare la dirigenza locale serve una generazione.
Inoltre, a livello locale il PD è molto più vivo (e sano) che ha livello nazionale, e lo dimostra il fatto che i candidati radicati sul territorio hanno ottenuto la fiducia degli elettori, mentre quelli nominati a livello nazionale sono stati silurati.
L’impressione come elettore è che il PD abbia *scelto* di perdere. La ridicola opposizione alla candidatura di Vendola, la mancanza di supporto alla Bonino, la candidatura senza primarie della Bresso… sono tutte patologie di un partito in cui gli equilibri interni fra potentati prevalgono sull’evidenza dei fatti.
Il PD ha scelto di perdere non per masochismo, ma per paura, perché alla fine è più facile gestire una sconfitta elettorale che uno scontro interno, specialmente quando questo scontro potrebbe minare l’unica ricchezza oggettiva del PD (la dimensione).
Ma come fa un partito che non è in grado di gestire i propri conflitti interni a proporsi per la guida di un paese che - per dirla alla Luttazzi - sta combattendo una “guerra civile fredda”?!
Come elettore la lezione da imparare - purtroppo - sembra essere “Non votate PD”.
PS: Potrei sbagliarmi (non ho trovato i dati esatti), ma rispetto al 2008, credo che al netto delle regioni a statuto speciale il centro sinistra abbia perso il 50% delle regioni. Come fa Bersani a sostenere quel che sostiene?
Mi viene in mente una celebre vignetta di Altan [1] in cui un personaggio diceva all’altro “Poteva anche andare peggio”. E l’altro: “No.”.
[1] http://www.lauroventuri.it/upload/rte/altan%20poteva%20andare%20peggio.jpg
Caro Mac, due chiarimenti rispetto al tuo commento di cui sostanzialmente condivido il contenuto.
1) E’ vero, più che di identità, c’è bisogno di un’anima, perchè l’identità non può che essere plurale, mentre è l’anima, che dovrebbe unificare le diverse identità.
2) Non v’è dubbio che la dirigenza nazionale mostra con le sue dichiarazioni forti limiti. Il mio riferimento alla dirigenza locale tiene conto della situazione bolognese e del prossimo congresso provinciale.
Avere perduto 4 regioni (e che regioni!) delle 11 che si amministravano fino a qualche giorno fa fa una percentuale che non è difficile da calcolare…..
Un abbraccio.
Paolo
Gentile Paolo Natali,
mi limito solo a un breve commento. Lei che ha seguito la vicenda dei garages di via Allende sicuramente ha avuto modo di cogliere “in diretta” quanto sia falsa la lettura del voto al Movimento 5 Stelle come voto di protesta: a questo proposito consiglio di dare un’occhiata ad un video che, a posteriori, appare quasi profetico (http://www.youtube.com/watch?v=oQ87vOM9VLg). Le due anime di cui parla il primo commento sono emerse con chiarezza. Da una parte il PD ricco e pasciuto che fa affari e che, al di là di un antiberlusconismo di facciata, condivide de facto il turboconsumismo senza regole di S.B.; dall’altra le persone normali che vivono del loro lavoro e vorrebbero un PD fondato sulla legalità. Purtroppo i fatti dicono che ha ragione Nanni Moretti quando sostiene che, culturalmente, S.B. ha stravinto anche a sinistra. Saluti.