La direzione provinciale del PD
Qualche commento a margine della relazione del segretario De Maria alla direzione provinciale del PD di venerdì 23 aprile.
Dopo un’analisi del voto alle recenti elezioni regionali, all’insegna tranquillizzante dell’ “abbiamo tenuto”, Andrea De Maria ha giudicato prioritario per il PD a livello nazionale la definizione di un proprio profilo identitario che non sia solo la sintesi delle culture che ne hanno determinato la nascita. Ma non avevamo già un ricco “Manifesto dei valori” ed un esigente “Codice etico” ? Forse c’è bisogno soprattutto di esprimere quei valori con più vigore e nettezza e di saperli testimoniare con coerenza ed efficacia in proposte politiche!
De Maria ha poi espresso una certa “invidia” per gli altri partiti rappresentati da un solo leader (Berlusconi, Bossi, Casini, Di Pietro, Grillo….) ed è ben vero che ciò facilita la chiarezza delle posizioni e la riconoscibilità di quei partiti. E’ vero: il PD talvolta soffre di un eccesso di democrazia e parla con le voci (spesso discordanti) dei suoi tanti leaders. Tuttavia il PD non può omologarsi e rinunciare al pluralismo interno che, se non degenera in babele, è una ricchezza. Servirebbe piuttosto un nuovo leader autorevole e capace di comunicare in modo più diretto e convincente di quanto riesca a fare Bersani, un Obama o un Clegg de noantri….
Sul prossimo congresso provinciale De Maria è stato convincente quando ha richiamato ad un dibattito non autoreferenziale, che sappia mettere al centro i temi del governo locale di Bologna, sommariamente elencati a partire dalla Città Metropolitana e dal Piano strategico. Quest’ultimo potrebbe essere lo strumento attraverso il quale chiamare a collaborare “i migliori” evocati da Guazzaloca. Ma il processo deve essere guidato da un’amministrazione eletta dai cittadini che non può essere sostituita da un’ ambiguo “governo di unità municipale” formato appunto dai cosiddetti “migliori”.
Va chiarito anche il concetto di “civismo” che a me non sembra debba essere un’alternativa rispetto all’insostituibile ruolo dei partiti, ma un’atteggiamento non fazioso ed attento soprattutto al bene ed agl’interessi della città e dei suoi abitanti, senza pretese egemoniche ma nutrito di capacità di ascolto, di risposta e di servizio. Sono i partiti, a cominciare dal Pd, che debbono fare proprio questo atteggiamento, aprendosi anche a quegli esponenti della società civile che accettano di dare un contributo non solo di idee ma anche di impegno attivo e diretto.
Infine, per quanto riguarda la vita interna del partito, De Maria ha correttamente elencato i temi ed i problemi da affrontare: dimensione e ruolo degli organismi (Direzione e Segreteria), Forum, primarie, rapporto partito-istituzioni ecc. Sono mancate le proposte di soluzione che saranno oggetto del dibattito congressuale. Personalmente condivido quelle elencate nel documento “Un nuovo PD per Bologna”.
Commenti dei lettori
Caro Paolo, del tuo post mi ha colpito particolarmente il passaggio “…il PD talvolta soffre di un eccesso di democrazia…”. Ho capito credo perfettamente a cosa ti riferisci, ma mi ha ugualmente colpito la scelta delle parole (come dice Nanni Moretti [1]: “le parole sono importanti!”).
Penso che questa sia una un’espressione comune ma molto infelice, perchè sottende all’idea che si debba essere democartici “fino ad un certo punto”, che la diversità di idee vada bene “fino ad un certo punto”. Un’idea che a me ricorda più la linea di partito del PdL che quella del PD.
Ribadisco: ho capito quello che vuoi dire e ne condivido in pieno il senso, ma trovo che il fenomeno dei troppi leader che parlano non sia un *eccesso* di democrazia, quanto piuttosto un *difetto* di democrazia: nel PD c’è sicuramente molto “démos”, ma sembra esserci troppo poco “cràtos”. Democrazia - almeno per me - è un processo in tante fasi, di cui l’espressione di tante idee ne costituisce una, ma sintesi, decisione e delega attuativa ne costituiscono altre.
Il momento “alto” della democrazia non è l’espressione delle opinioni (quella la si fa anche al bar sport), ma la capacità di creare consenso attorno ad una sintesi. Ecco, io credo che al PD manchi proprio questo: la capacità di ridurre e tradurre la molteplicità delle idee (che può degenerare in confusione) in un pensiero complesso ma coerente.
Un *diffetto* di democrazia, a mio parere, non un *eccesso*.
[1] http://www.youtube.com/watch?v=Vmx8ALaxFJU
Caro Mac, hai ben compreso il paradosso contenuto nell’ espressione “eccesso di democrazia” e hai fatto bene ad esprimere la tua opinione che condivido, sul piano teorico. Resta il fatto che, nella pratica, mi chiedo se un eccesso di “demos” non porti inevitabilmente con sè una carenza di “cratos”, e di efficacia, almeno agli occhi degli elettori. Inoltre siamo abituati al “pensiero complesso” perchè complessi sono i problemi e le soluzioni ai medesimi. Tuttavia la gente ha bisogno di parole nette ed espresse in modo diretto. A me piaceva molto Veltroni, tuttavia il suo “sì, ma anche” era adeguato alla complessità dei problemi ma comunicava incertezza.