Tempi della politica e tempi di cura.
La sostituzione dell’ assessore alla cultura dell ‘IDV, Maura Pozzati, decisa dal suo partito nell’ambito del recente
rimpasto/dimagrimento della giunta provinciale, è stata accompagnata da polemiche circa le ragioni di questa sostituzione, riconducibili, secondo la coordinatrice regionale dell’IDV Silvana Mura, all’impossibilità da parte della Pozzati, di conciliare i carichi di lavoro connessi al suo mandato istituzionale con gl’impegni della maternità.
Il carattere pretestuoso di tale motivazione (che ha coperto in realtà ragioni di ordine meramente politico) permette tuttavia di affrontare in termini generali (e non ideologici) il tema del rapporto tra tempi della politica (e di lavoro) e tempi di cura.
Innanzitutto va detto che il tema, in questi giorni, è stato declinato solo al femminile, come se riguardasse soltanto le donne, perchè si dà per scontato che la cura dei figli (ma anche degli anziani), il lavoro domestico e più in generale il tempo da dedicare alle relazioni famigliari non sia anche un problema dei maschi. Se il genere maschile può dedicarsi con più disinvoltura e tranquillità all’impegno politico è perchè, in molti casi, c’è qualcuno (la donna) che, volente o nolente, si fa carico anche delle altrui responsabilità.
Nella realtà le condizioni nelle quali vengono prese (o imposte) le decisioni su come organizzare i propri tempi di vita nell’ambito di una famiglia, sono assai diverse e dipendono dal numero dei figli e dalla loro età, dalla disponibilità o meno di aiuti (nonni validi e disponibili o da accudire essi stessi, presenza di servizi ecc.).
Inoltre ci sono persone (di ambo i sessi, ma più frequentemente donne, capaci, per energia od attitudini personali, di farsi carico contemporaneamente d’impegni su diversi fronti, ed altre che non sono in grado di sopportare tale onere.
Infine non basta considerare gli aspetti “quantitativi” della questione: come, con che qualità, riesco ad assolvere agl’impegni di lavoro, all’incarico politico-istituzionale ed anche alle responsabilità che derivano dalle relazioni affettive e di cura?
Insomma, la conclusione è che non esistono regole generali applicabili ad ogni situazione o ruoli predeterminati da ricoprire sempre e comunque, nè per la donna nè per l’uomo. L’importante è che le scelte vengano fatte in spirito di condivisione e nel rispetto dei diritti e dei doveri di ogni persona coinvolta, cercando di evitare che qualcuno debba essere costretto a pagare di persona delle scelte libere (?) di altri: l‘autodeterminazione è un principio assai rischioso e discutibile.