Il welfare oggi a Bologna

Questo post è stato scritto da Paolo Natali il 15 gennaio, 2011

La drammatica morte del piccolo Devid ha calamitato in questi giorni l’attenzione della città sullo stato dei serviziwelfare socioassistenziali della città e sulla loro capacità di rispondere ai bisogni dei cittadini, in particolare di quelli in condizioni di maggiore fragilità.

E’ stato messa sotto processo, in particolare, la riforma del welfare cittadino, varata dalla giunta Cofferati.

Essendomi a suo tempo interessato della questione, dai banchi del consiglio comunale, vorrei esprimere alcune considerazioni che non mi pare siano state adeguatamente messe in evidenza nel clima comprensibilmente teso di questi giorni.

La riforma fu approvata verso la fine del 2008, a pochi mesi dalla fine del mandato amministrativo. Si può comprendere come la giunta Cofferati abbia voluto a tutti i costi “portare a casa” questo risultato ambizioso, e tuttavia sarebbe stata opportuna, probabilmente, una maggiore ponderazione, per valutare più approfonditamente la portata di alcune innovazioni che la riforma introduceva e per implementarle con maggiore gradualità e con un approccio sperimentale.

Ma ciò che è peggio è che un provvedimento di tale portata, non sia stato poi gestito politicamente e, dove necessario, corretto, nei successivi due anni.

Infatti gli ultimi mesi della giunta Cofferati, con il rientro in magistratura dell’Assessore Scaramuzzino (ispiratore politico della riforma) e con l’uscita di scena del dr. Tomba (direttore del settore competente in materia di servizi sociosanitari) non consentirono di apportare gl’interventi correttivi che via via venivano evidenziati dall’esperienza. Nei sette mesi di vita dell’amministrazione Delbono, analogamente, non venne operato alcun intervento sull’organizzazione dei servizi: di fronte alle richieste di verifica e di rendicontazione che provenivano dai consiglieri, si rispondeva con una richiesta di rinvio, giustificata dal fatto che sia l’assessore che il nuovo dirigente avevano bisogno di tempo per conoscere le caratteristiche della riforma e per valutarne i punti deboli. Dopo le dimissioni di Delbono, poco meno di un anno fa, si è aperta una fase di gestione commissariale, che dura tuttora e che non ha visto l’introduzione di alcuna innovazione di carattere organizzativo. Nel settembre scorso, oltretutto, si è svolta l’istruttoria pubblica sul welfare, anch’essa senza ricadute o conseguenze apprezzabili sul sistema.

Dico tutto questo non per accusare in particolare qualcuno ma per affermare che esiste una corresponsabilità politica e manageriale diffusa, ma non oscura, che spiega come mai una riforma complessa e coraggiosa, condivisibile nei suoi criteri ispiratori, anche se non priva di alcuni elementi di criticità, e che avrebbe richiesto pertanto una costante ed efficace azione di monitoraggio e di manutenzione ordinaria e straordinaria, in carenza di tale azione possa dare luogo ad episodi di mancata risposta ai bisogni dei cittadini, con esiti anche drammatici.

Detto ciò vorrei ricordare brevemente quelle che erano le caratteristiche fondamentali ed i punti qualificanti della riforma, insieme a quegli aspetti che vennero immediatamente individuati come problematici e bisognosi di un intervento correttivo.

Innanzitutto il decentramento dei servizi, da intendersi come passaggio alle competenze dei quartieri, oltre all’assistenza agli anziani (storicamente attribuita da tempo), quelle (con i relativi operatori addetti) ai minori, agli adulti, all’handicap, consentendo in questo modo un’integrazione sul territorio dei servizi sociali, sanitari ed educativi. Quindi la creazione di un servizio sociale di quartiere integrato, in grado di progettare percorsi assistenziali personalizzati capaci di rispondere ai bisogni , e di sportelli sociali idonei ad ascoltare le richieste di assistenza e di fornire ai cittadini risposte adeguate. Si è trattato in realtà di un decentramento molto “spinto”,  che spogliò l’amministrazione centrale di qualunque competenza gestionale, cancellando alcuni servizi centralizzati, utili soprattutto a far fronte alle situazioni di emergenza (su questo tornerò più avanti).

Il decentramento, peraltro, non comportava soltanto la dislocazione sul territorio dei servizi, ma implicava anche una diversa attribuzione dei poteri, nel senso che ai Consigli di quartiere veniva assegnata anche una funzione di concorso nella programmazione e di committenza degl’ interventi operativi alle ASP (Aziende di Servizi alla Persona) ed al terzo settore. Venivano inoltre istituiti diversi organismi (Comitato di distretto, Ufficio di Piano, Tavoli tematici, Tavolo del welfare, Tavolo di concertazione con le organizzazioni sindacali) che rappresentavano un modello di governance complesso e bisognoso esso stesso di efficace coordinamento, finalizzato alla elaborazione del Piano triennale per la salute ed il benessere sociale, articolato in piani operativi annuali.

Infine si portava a compimento la trasformazione delle numerose Ipab (Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficienza) in tre ASP (Aziende di Servizi alla Persona) con compiti attuativi per i servizi agli anziani (Giovanni XXIII),agli anziani ed alle nuove povertà (Poveri Vergognosi) ed ai minori, alla famiglia ed all’handicap (Irides).

Queste, in estrema sintesi, le principali novità della riforma, rispetto alle quali, come detto, vennero immediatamente rilevati diversi elementi di criticità che avrebbero richiesto, come si è detto, una immediata e costante azione di monitoraggio e di adeguamento, che è in realtà fino ad oggi mancata.

Quali allora gli aspetti sui quali è necessario intervenire con urgenza?

Innanzitutto un recupero a livello centrale ( Settore comunale di riferimento) di una competenza gestionale che, senza annullare il decentramento, reintroduca riferimenti univoci per tutte quelle situazioni (minori in stato di abbandono, adulti in difficoltà, carcere) nelle quali il quartiere di residenza assume un significato irrilevante o addirittura inesistente e può divenire, come nel caso di Devid, fattore di ritardo e d’incertezza nell’intervento.

Il Comune deve conseguentemente dotarsi di una migliore conoscenza diretta della gestione dei servizi, che renda possibile una migliore programmazione delle politiche e che eviti livelli di servizio disomogenei tra i diversi quartieri.

A livello dei quartieri peraltro va curata l’attività degli sportelli sociali, migliorando la preparazione professionale degli operatori addetti, rimotivando e riqualificando tutto il personale decentrato, dotando i servizi di risorse adeguate.

Vanno anche verificate le competenze dei diversi soggetti (Comune, Quartieri, Ausl, ASP, terzo settore e volontariato) coinvolgendo e valorizzando maggiormente proprio l’associazionismo che non può essere considerato soltanto una residuale “ruota di scorta” su cui scaricare tutto il peso degl’ interventi a cui non può far fronte il sistema pubblico.

Circa le stesse tre ASP, inoltre, non v’è dubbio che si debba procedere ad una loro unificazione in modo da ottenere risparmi nelle spese generali,  sinergie operative e valorizzazione del patrimonio, ma è ancora più urgente provvedere a chiarire meglio, sulla base dell’esperienza fin qui compiuta, competenze e rapporti con i quartieri e con il terzo settore, adeguando conseguentemente i contratti di servizio.

Infine va migliorata l’integrazione tra servizi sociali e sanitari non soltanto a livello territoriale ma anche rispetto ai presidi sanitari come gli ospedali.

E’ auspicabile che la presa di coscienza provocata dalla morte del piccolo Devid dia luogo nei prossimi mesi a provvedimenti migliorativi della riforma del welfare cittadino, attesi da lungo tempo. Solo così questa vicenda drammatica non sarà stata inutile.Tutta la città, nelle sue diverse componenti politiche, istituzionali e sociali, è chiamata ad assumersi questa responsabilità.

Ricordo che un episodio di alcuni anni fa, analogo nei suoi esiti dolorosi, (la morte, dopo una lunga agonia, di un bambino, a seguito di una caduta da un gioco nel giardino John Lennon), richiamò l’attenzione sulla necessità di un più rigoroso controllo e manutenzione delle attrezzature dei nostri parchi.

Commenti dei lettori

Caro Paolo, a modesta e più ridotta conferma di quello che scrivi, ti allego qui un mio breve intervento fatto ad un recente incontro tra il Comitato Consultivo Misto dell’AUSL e l’Assessore Provinciale Barigazzi……——————-

“Ringrazio l’Assessore per la sua introduzione.
A Bologna, negli ultimi anni si sono messe in opera alcune riforme che hanno cambiato profondamente il modello di welfare state conosciuto ed apprezzato in tutto il Paese. Mi riferisco in particolare al decentramento ai Quartieri delle competenze direzionali e gestionali prima in capo all’Assessorato Comunale, ed alla conseguente nascita degli Sportelli Sociali (che stentano a decollare) - alla trasformazione e razionalizzazione delle ex Opere Pie con relativa nascita delle ASP (già in via di nuove ulteriori modifiche ).
E’ stata l’epoca della Giunta Cofferati, con il regista di tutto nel dott. Tomba (dove è ora?).
Ora, le sorti del Capoluogo non possono non interessare la provincia tutta; c’è stato nella Conferenza un monitoraggio sulla situazione bolognese? sopratutto ora che Bologna ha il Commissario, e l’ambito ‘politico’ della Conferenza provinciale potrebbe essere una risorsa preziosa se le forze politiche ne sentono le potenzialità e le possibilità!! Quale coinvolgimento dei tre candidati alle primarie del PD ?
Noi siamo cittadini volontari ai quali sta a cuore la partecipazione, unico antidoto alla disaffezione civica; a patto che si vedano i risultati!!. E il punto chiave di tutto è il coordinamento tra settore SOCIALE e quello SANITARIO. A che punto siamo? Cosa risponde il Presidente della Conferenza Provinciale? Grazie.”
Enrico Morganti —————————

Conclusioni: caro Paolo, siamo in linea,ma: CHI DA’ UNA RISPOSTA ALLE TUE PROPOSTE?

#1 
Scritto da enrico morganti il 25 gennaio, 2011 @ 18:37

Sono lieto, caro Enrico, di trovare le tue osservazioni e le tue domande a Barigazzi, in piena sintonia con quanto ho scritto, perchè provengono da una persona da anni impegnata attivamente nel mondo del volontariato e dell’associazionismo.

#2 
Scritto da Paolo Natali il 26 gennaio, 2011 @ 10:13

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