Il mio voto ai Referendum
Ai referendum del 12 e 13 giugno voterò senza incertezze,e per ragioni che non c’è bisogno di spiegare, 2 SI (sul nucleare e sul legittimo impedimento) mentre sono orientato a votare 2 NO per i quesiti “cosiddetti” sull’acqua pubblica.
I motivi di questa scelta (ed altre notizie che è interessante rileggere ad un anno di distanza) erano già contenuti nel post http://www.paolonatali.it/2010/05/02/i-3-referendum-sull-acqua-pubblica/
pubblicato su questo blog.
Cerco tuttavia di approfondire ulteriormente l’argomento e di contestualizzare la mia scelta.
I due referendum sull’acqua sono stati promossi dall’IDV e dai comitati costituitisi a tale scopo, espressione della sinistra ambientalista. Il PD assunse a quel tempo un atteggiamento sostanzialmente passivo e neutrale. Da un lato infatti il partito ed il suo leader Bersani si sono sempre dichiarati a favore delle liberalizzazioni;apparve inoltre evidente il carattere strumentalmente emotivo e fuorviante degli “slogan guida” della campagna referendaria: infatti non è mai stata in discussione la natura dell’acqua come bene pubblico indisponibile alla captazione da parte dei privati, né il potere pubblico di regolazione (pianificazione, programmazione degl’interventi infrastrutturali necessari, determinazione delle tariffe), ma unicamente la gestione del servizio idrico, da affidare tramite gara (bandita dal regolatore pubblico) a società pubbliche, private o miste.
D’altro canto il decreto Ronchi, per la cui abrogazione parziale sono stati promossi i referendum, contiene forzature criticabili (l’obbligo di dismissione in tempi brevi, fino al 30%, delle partecipazioni pubbliche in società miste, per poter prorogare gli affidamenti in essere) ed anche la formula per la determinazione delle tariffe prevede una percentuale di remunerazione del capitale investito per la realizzazione dei piani d’ambito (7%) eccessivamente generosa.
La via maestra sarebbe quella di una modifica in sede parlamentare della normativa esistente, tale da ricondurla entro margini di maggiore equità ed equilibrio, senza tuttavia mettere in discussione gli obiettivi fondamentali di liberalizzazione (non, si badi bene,di privatizzazione) sotto il controllo di autorità pubbliche, del servizio idrico, imposti peraltro dalle norme europee. Ma oggi il Parlamento ha ben altro a cui pensare….
Si giunge così alla data di svolgimento dei referendum, in una situazione politica in piena evoluzione, dopo la vittoria del centrosinistra alle recenti elezioni amministrative. Il governo tenta in modo maldestro e senza riuscirvi, di togliere di mezzo il quesito sul nucleare, che esercita un potente “effetto traino” per i SI, soprattutto dopo la catastrofe di Fukushima, e di provocare così il fallimento dei referendum. Se si raggiungerà il quorum del 50+1, la sconfitta del governo sarà evidente e se questo obiettivo sarà conseguito non v’è dubbio che i SI prevarranno nettamente per tutti e 4 i quesiti.
Inoltre nessuna forza politica, nemmeno nel centrodestra, si azzarda (memore delle brutte figure del passato) ad invitare a disertare le urne, mentre nessuno, nemmeno nel centrosinistra, si sente sicuro del raggiungimento del quorum e, per tale motivo tutti (compresi Di Pietro e Bersani, lodevolmente uniti in questa circostanza) sminuiscono il carattere “politico” dei referendum e ne sottolineano gli aspetti di merito.
Questo dovrebbe permettere, finalmente, un approccio meno ideologico e più ragionato ai quesiti stessi, favorendo una maggiore libertà di giudizio (ferma la necessità di andare tutti a votare). E’ proprio di questa libertà che intendo avvalermi, trovandomi, anche nel PD, in buona (anche se in verità ristretta) compagnia (Renzi, Bassanini, Tonini, Chiamparino….).
Riprendendo allora il discorso sui 2 quesiti che riguardano il servizio idrico e ribadite le critiche ad una normativa certamente da migliorare, mi sembrano prevalenti le ragioni a favore di 2 NO.
Chi sostiene il principio dell’”acqua pubblica” e ritiene che l’acqua sia un bene privo di rilevanza economica ed esente dalle logiche di mercato, sottovaluta a mio parere il fatto che per portare l’acqua ai nostri rubinetti nella quantità desiderata e della qualità necessaria, e per recapitarla dopo l’uso nei corpi idrici ricettori e infine nel mare, con la qualità idonea alla loro tutela, sono necessarie grandi infrastrutture di cui va garantita la manutenzione e rilevanti risorse umane ed economiche per la gestione del servizio.
A questi amici vorrei rivolgere alcune domande, per favorire un chiarimento circa la direzione in cui ritengono si debba andare.
“Siete sicuri che il monopolio di una società pubblica rappresenti davvero la soluzione gestionale preferibile dal punto di vista dell’efficienza, efficacia ed economicità?”
“In una situazione critica della finanza pubblica (statale e locale), dove si trovano i miliardi di euro necessari per finanziare l’ammodernamento degl’impianti idrici (acquedotti, fognature, depuratori) e gl’interventi manutentivi per la riduzione delle perdite?”
“Sono le tariffe o le tasse a dover permettere di coprire i costi del servizio?”
“Ritenete che la stessa logica dell’”acqua pubblica” debba essere applicata anche ai servizi di raccolta e smaltimento rifiuti ed ai servizi di trasporto pubblico?”
Io sono un convinto sostenitore della necessità che i poteri pubblici abbiano la gestione diretta di una serie di servizi davvero strategici per la collettività. Mi riferisco non solo alla difesa o alla giustizia, ma anche all’istruzione ed alla sanità, dove l’assoluta priorità e qualità da garantire al servizio pubblico può comunque accompagnarsi ad uno spazio lasciato all’iniziativa privata, convenzionata o libera, ma comunque soggetta a controllo pubblico.
Ma altri servizi, come quelli ambientali, energetici o di trasporto, vanno liberalizzati, cioè aperti alla concorrenza di società a capitale privato, pubblico o misto.
Questo scenario non toglie affatto poteri e prerogative alle istituzioni pubbliche elettive, statali o locali, ma richiede anzi ad esse l’esercizio rigoroso del proprio ruolo che non è innanzitutto un ruolo di gestione (se non in casi limitati ed eccezionali) ma di governo, cioè d’ indirizzo, di regolazione e di controllo. Su questo ce n’è da fare per la buona politica, eccome…..
Commenti dei lettori
Grazie per questa riflessione come sempre attenta e chiarificatrice…!
Loredana
Grazie a te, cara Loredana. L’importante è andare a votare con consapevolezza personale. Solo a questo io credo.
Ciao. Paolo
Carissimo Natali, anche io mi unisco al ringraziamento per la sua (da noi richiesta !) analisi che ci offre, e per i conseguenti spunti di riflessione. Un’arrivederci a presto, e nel frattempo attendiamo il suo prossimo scritto. sempre grato, giampaolo