Quale Città metropolitana vogliamo?
La proposta avanzata nei giorni scorsi dal sindaco di Bologna di una Città Metropolitana come ente di secondo (o di terzo) grado, una sorta di Federazione di Unioni di Comuni, ha suscitato una certa sorpresa, almeno in chi, come me, era rimasto alle ultime riflessioni ufficiali sull’argomento: mi riferisco in particolare al documento “Proposte per la Città Metropolitana” a cura di Luciano Vandelli e Walter Vitali del 15 aprile 2011.
Le prime reazioni alla proposta sono state sostanzialmente favorevoli (Regione, diversi Comuni della Provincia tra cui Imola, Segretario PD). Le maggiori perplessità sono state manifestate dagli amministratori provinciali.
E’ dal 1994 che si parla di Città Metropolitana, senza essere ancora riusciti a realizzarla. Gli ostacoli e le difficoltà sono state innumerevoli e di vario genere, in tutti questi anni. Certamente hanno pesato le incertezze ed i continui cambiamenti del quadro politico e normativo. Ma non si possono ignorare anche le resistenze locali che hanno fin qui impedito il varo di una Città Metropolitana forte ed autorevole: ogni istituzione tende ad autoconservarsi e non può vedere di buon occhio la nascita di un nuovo soggetto dotato di poteri ulteriori rispetto a quelli della Provincia attuale (sul cui superamento tutti concordano, amministratori provinciali compresi). Proprio la Regione ed i Comuni (Imola in particolare, ma anche Bologna che avrebbe dovuto mutare sostanzialmente la propria identità anche per lasciare spazio ai Quartieri/Municipi) che queste competenze aggiuntive avrebbero potuto (sia pure volontariamente) delegare alla C.M. sono portati inevitabilmente a difendere la propria autonomia ed il proprio ruolo.
E allora forse la nuova proposta nasce dalla realistica constatazione che le resistenze sono troppo forti e che l’unico modo per fare nascere la Città Metropolitana è quello di farne un ente di basso profilo.
Per esprimere un giudizio definitivo sarà bene attendere di poter leggere in un documento ufficiale i contorni esatti della C.M. che viene prospettata. Vorrei però fin d’ora esplicitare alcune domande che spero possano trovare risposta soddisfacente.
Non mi risulta ancora chiaro se la C.M. sarà dotata di un Consiglio (formato dai sindaci dei comuni?) e di una Giunta (costituita, a quanto si è letto, da assessori non nominati dal Sindaco della C.M ma designati dalle Unioni di comuni)
Con la riforma prospettata si avrebbe quindi di fatto un solo livello istituzionale eletto direttamente, quello comunale. Questo rappresenta un’ indubbia semplificazione ed un contributo alla riduzione dei costi della politica. Risulta peraltro difficile comprendere come un amministratore eletto (Sindaco o consigliere comunale) possa efficacemente svolgere oltre a questo ruolo, anche quello probabilmente ricoperto a livello di Unione di Comuni e/o di Città metropolitana.
Sarebbe anche necessario conoscere quali competenze avrebbe la nuova C.M. rispetto a quelle della Provincia attuale per poter valutare se il modello istituzionale proposto sia adeguato a meno.
Inoltre, quali sviluppi si prefigurano, in tale quadro, per il decentramento bolognese ?
Quale legittimazione avrebbe il Sindaco di Bologna (eletto solo dai cittadini bolognesi) per svolgere un ruolo di governo rispetto a tutta la comunità provinciale? Non si ridurrebbe ad essere un “primus inter pares”?
Autonomia e policentrismo sono termini suggestivi, ma come si conciliano con l’ esigenza, sottolineata da tutti, nella competizione globale, di una capacità di governo autorevole e di una forte coesione istituzionale e socioeconomica della comunità metropolitana?
Commenti dei lettori
Io sono favorevole alla vera Città Metropolitana. Tutto il resto mi sa tanto di trucchi da illusionista.
Nel frattempo che si decide quale città metropolitana vogliamo, come è possibile che la Presidente della Provincia, dato che i cittadini hanno “virtuosamente ridotto” i consumi dell’acqua, invochi un aumento delle tariffe per pareggiare le conseguenti perdite di entrate e, tra l’altro, visti i tempi che corrono non trova di meglio che finanziare una nuova sede della Provincia, che dovrà scomparire, che costerà non meno di 31 mioni di euro?
Il tema dell’aumento delle tariffe idriche collegato ai minori consumi è difficile da accettare e da spiegare, ma sigiustifica con i contenuti della convenzione a suo tempo concordata con Hera. D’altro canto l’aumento delle tariffe grava sostanzialmente sulle fasce di eccedenza e la necessità di risparmio nei consumi idrici è connessa non solo al bisogno di spendere meno da parte dei cittadini ma anche a strategie di tutela ambientale (lotta alla subsidenza). Si consideri inoltre che i costi di fornitura ai rubinetti dell’acqua sono in larga misura fissi e non proporzionali alla quantità distribuita. Per quanto riguarda la nuova sede della Provincia sono state date spiegazioni di carattere economico ma indubbiamente in un momento come questo si tratta di una scelta politicamente inopportuna.