Non bisogna avere paura di confrontarsi sulla famiglia
Si parla nuovamente di “famiglia” a Bologna , a proposito della Consulta comunale delle associazioni familiari da ricostituire, e della richiesta di entrare a farne parte avanzata da due associazioni (Agedo e Famiglie Arcobaleno) che fanno riferimento al mondo gay.
Un primo aspetto delle polemiche di questi giorni riguarda le modalità con cui accogliere o meno queste richieste di adesione ed in particolare a chi competa esprimersi al riguardo. Su questo pesa, a mio giudizio, un’ oggettiva incertezza normativa. Lo Statuto della Consulta (cliccare su http://www.comune.bologna.it/sociale-salute/content/view/53/98/ ) all’art.8 prevede infatti che sulla richiesta si esprima motivatamente l’Assemblea generale della Consulta, formata dai rappresentanti di tutte le associazioni che ne fanno parte. Tuttavia il 5/12/2009 è entrato in vigore il Regolamento delle Consulte (cliccare su http://www.iperbole.bologna.it/media/files/odg236_09.pdf ) che prevede (art. 1) che all’ inizio di ogni mandato amministrativo venga pubblicato un bando per chiedere alle associazioni la conferma o la richiesta di adesione alla Consulta, e che il Presidente della Commissione consiliare competente (Caviano nella fattispecie) convochi e presieda una prima seduta della Consulta già in essere (come quella delle associazioni famigliari) per l’elezione del nuovo Presidente. L’art.5 del Regolamento poi stabilisce che le richieste di adesione ad una Consulta possano essere respinte dalla Consulta stessa “solo nel caso in cui i fini statutari dell’associazione richiedente non siano coerenti con l’ambito tematico su cui la Consulta è costituita.”
Insomma a mio parere il combinato disposto di queste norme non offre indiscutibile certezza sulla sequenza delle procedure da svolgere e su chi sia competente, in sede di riavvio della Consulta, a pronunciarsi sulle richieste di adesione, se l’Assemblea della Consulta preesistente o altra figura istituzionale.
E’ chiaro tuttavia che queste incertezze interpretative acquistano peso nel momento in cui esiste un acceso contrasto sull’accettabilità delle domande di nuova adesione da parte di Agedo e Famiglie Arcobaleno: infatti le associazioni che facevano parte della Consulta preesistente, nella stragrande maggioranza di ispirazione cattolica, hanno chiaramente espresso il loro dissenso.
La mia opinione, al netto degli aspetti formali (che si risolvono facilmente se c’è accordo nella sostanza) è la seguente.
Può piacere o non piacere ma è un fatto che le trasformazioni socioculturali e di costume hanno dato luogo, col passare degli anni, ad una pluralità di “famiglie”. Personalmente resto affezionato alla “famiglia” di cui all’art.29 della Costituzione, quella cioè fondata sul matrimonio di una coppia eterosessuale. Tuttavia non posso e non voglio ignorare che esistono oggi altre unioni che possono pure fregiarsi del nome di “famiglia”, che viene loro attribuito, ad esempio, dalle leggi e dai regolamenti anagrafici, unioni basate su ragioni di affetto, convenienza, interesse. E’ a questa pluralità di “famiglie” che si rivolgono, ad esempio, tutti i bandi o i regolamenti comunali per l’erogazione di servizi e provvidenze.Tra queste “famiglie” sono comprese evidentemente anche quelle in cui sono presenti figli omosessuali o quelle formate da coppie omosessuali.
Queste “famiglie”, essendo diverse, non hanno tutte i medesimi diritti. Riconoscerli e dosarli, in relazione non solo ai rispettivi bisogni ma anche, ritengo, ad un apprezzamento degl’impegni e delle responsabilità che ciascuna di esse assume pubblicamente, è compito delle istituzioni ai diversi livelli, secondo le rispettive competenze.
Detto ciò io non credo che il fare parte di una Consulta delle associazioni familiari implichi automaticamente un riconoscimento di diritti od una legittimazione ulteriore rispetto a quella già derivante (come detto) dalle norme esistenti. Non è nemmeno in causa, evidentemente, il riconoscimento del matrimonio tra coppie gay. Per decidere in merito alla richiesta di adesione si tratta unicamente di verificare, con un esame oggettivo e non viziato da pregiudizi ideologici dello statuto dell’associazione richiedente, se ci sia pertinenza e coerenza con l’ambito di competenza della Consulta.
Dal momento poi che non è compito principale di questo organismo quello di sviluppare un confronto di carattere teorico e ideale tra i diversi modelli di famiglia che la società ci propone, ma (come recita lo Statuto della Consulta) di svolgere “funzioni d’impulso e sostegno alla realizzazione, da parte del Comune di Bologna, di politiche familiari rispettose del principio di sussidiarietà e dei diritti della famiglia, con attività consultive, propositive e di attivo concorso all’esercizio delle funzioni comunali per quanto riguarda le politiche sociali rivolte alle famiglie”, sono personalmente favorevole (se gli statuti di Agedo e Famiglie Arcobaleno superano l’esame di cui sopra) all’accettazione di queste associazioni nella Consulta.
La presenza di associazioni che rappresentano “famiglie” diverse fra loro può solo arricchire il capitale sociale della Consulta, attraverso un confronto nel quale ciascuno esprime con libertà le proprie convinzioni argomentandole e motivandole nello spazio pubblico.
Commenti dei lettori
GRAZIE PAOLO! UN MODO LAICO E COMPETENTE DI AFFRONTARE IL TEMA. AMELIA
Caro Paolo,
posso essere d’accordo su tutto quello che hai scritto, ma credo che non sia giusto avventurarsi su percorsi semantici azzardati. E invece ho l’impressione che da più parti si cavalchi la tigre del termine “famiglia” per far rientrare situazioni che nulla hanno a che fare con questo istituto.
Occorre dare certezza (o mantenere certezza al significato di un vocabolo o di una parola). Cosa è una “famiglia”, che significato ha il termine “famiglia”?
Se su questa domanda incominciamo a dare significati “allargati”, talvolta francamente “nebulosi” possiamo trovare la chiave giustificativa a molte (rispettabili, ma a mio parere opinabili) scelte differenziate su quali diritti e quali doveri il soggetto famiglia abbia diritto.
Con questo non voglio negare assolutamente diritti (e richiedere la condivisione di doveri) a altre forme di convivenza, laddove normati dall’attuale legislazione, nè mi troverei scandalizzato se percorsi legislativi modificassero gli attuali assetti.
Ma chiamiamo famiglia ciò che è famiglia.
Caro Paolo, riconosco la qualità del tuo intervento che posso dire di condividere nelle sue conclusioni, per la laicità con cui affronti la questione e il rilievo che attribuisci alla “partecipazione” intesa come spazio pubblico.
Solo due notazioni a margine:
1) anch’io ho avuto l’impressione, in un primo momento, di un rifiuto nell’accettazione delle due associazioni da parte del Consulta nella sua “vecchia” strutturazione. Ho dovuto invece considerare, nella prima riunione della consulta che le posizioni che esprimevano un rifiuto radicale non rappresentavano la maggioranza. Neppure tra le associazioni che costituivano la “vecchia” consulta. E penso che questo vada considerato come un elemento di grande rilievo, culturale e politico.
2)la questione procedurale: io penso che possa essere proposta un’interpretazione ed un giudizio che fa passare in secondo piano “l’incertezza normativa”. La questione dello statuto della consulta: il nodo sta qui. Dobbiamo parlare di regolamento (con l’ultimo che revoca il precedente) perchè non è sensato che la consulta abbia un proprio statuto. La consulta è un “organo comunale”, in rapporto diretto con il Consiglio che definisce gli indirizzi. Il suo riferimento è lo statuto del comune e non può esserci altro statuto a meno che non si pensi alla consulta come ad una cosa diversa e “altra” rispetto all’amministrazione. E’ su questo che ci vuole chiarezza, soprattutto tra le associazioni che aderiscono alla consulta. E su questo mi pare ci sia stata una discussione sufficientemente chiara ed un punto di vista largamente condiviso: le associazioni sono “soggetti” che, nella loro atonomia, adericono alla Consulta Comunale, regolamentata da atti del Consiglio Comunale, con funzioni di impunlso e sostegno alla definizione ed alla realizzazione delle politiche comunali che pongono al centro la persona ed i suoi diritti (con particolare attenzione alle situazione di difficoltà e di marginalità).
Ciao
Fulvio
Totalmente d’accordo, caro Fulvio. Spero che tu venga eletto presidente della Consulta.
In bocca al lupo.
Paolo
Grazie caro Pietro. Io credo che oggi il significato prevalente che viene dato al termine “famiglia” sia quello della “famiglia anagrafica”, che peraltro è quello comunemente utilizzato a livello del nostro Comune (ma non solo) per l’erogazione delle diverse provvidenze e prestazioni (accesso a nidi e materne, refezione scolastica, casa popolare ecc.). Dopo di che sono convinto anch’io che c’è famiglia e famiglia e che ci sono diversità che non possono essere ignorate e che toccherebbe alle politiche famigliari apprezzare. Ho sostenuto apertamente in passato (e ne sono convinto anche oggi) che le giovani coppie sposate dovrebbero avere vantaggi e trattamenti privilegiati ad esempio per la casa pubblica, per i prestiti sull’onore, per i finanziamenti agevolati per l’affitto e l’acquisto di un’abitazione. In tutti i casi insomma nei quali non sono coinvolti i figli, tra i quali non ritengo sia possinile operare delle distinzioni e delle preferenze. La motivazione di questo trattamento privilegiato sta nelle responsabilità pubbliche che chi si sposa assume e che meritano un apprezzamento da parte delle istituzioni. Purtroppo le mie istanze non hanno mai trovato fino ad ora consensi politici sufficiente per farle tradurre in atti amministrativi concreti.
Questa è la mia opinione, spero di averla chiarita adeguatamente.
Paolo
Caro Paolo grazie per il tuo articolo / commento che condivido. Sarebbe bello poter sempre discutere tranquillamente di questi e di altri temi sotto una “luce” laica che rifletta le singole luci di parte e/o di fede.
Francesco
Ti ringrazio vivamente, caro Francesco