Che Dio ce lo mandi buono

Questo post è stato scritto da Paolo Natali il 12 febbraio, 2013

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Emilio Giannelli sul Corriere della Sera del 12-2-2013

Permettetemi di unire anche la mia opinione alle tante di queste ore.

La scelta di papa Ratzinger mi sembra degna di grande rispetto e di apprezzamento per la sua umiltà e per il senso di responsabilità di cui è segno.

Essa, come molti hanno detto, toglie opportunamente al papato quell’aura di sacralità che lo elevava sul (allontanandolo dal) popolo di Dio e lo restituisce ad una dimensione di servizio e di ministerialità certamente eccezionale ma qualitativamente non diversa dai tanti servizi e ministeri svolti nella Chiesa.

Il papa poi è, nella sostanza, il vescovo di Roma e si stenta a comprendere come mai presbiteri e vescovi al compiere dei 75 anni siano tenuti a lasciare il proprio ministero ed i cardinali ultraottantenni non possano partecipare al conclave per l’elezione del papa mentre questi dovrebbe restare al suo posto fino alla morte, indipendentemente dalle proprie forze fisiche e spirituali e dalle condizioni di salute.

Lex segretario di papa Wojtyla, monsignor Dziwisz, ha affermato: “Dalla croce non si scende”, in qualche modo criticando la scelta di Benedetto XVI, messa a confronto con quella di Giovanni Paolo II che scelse di rimanere al suo posto nonostante la grave malattia che lo colpì nell’ultima parte del suo pontificato. Mi sono parse parole che sottovalutano la sofferenza di papa Ratzinger nell’assumere una decisione di tale portata e conseguenze.

E adesso, sì: “Che Dio ce lo mandi buono” dove “buono” ha innanzitutto il significato semplice e letterale del termine, perchè la bontà parla sempre al cuore degli uomini e delle donne (Giovanni XXIII insegna), ma “buono” a Bologna vuol dire anche capace. Capace di riformare la Chiesa istituzione liberandola da tutte le contraddizioni e le incoerenze che allontanano tanti dalla fede, ridando vigore e speranza, a cinquant’anni dal Concilio Vaticano II, al popolo di Dio ed a tutta l’umanità.

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