Il governo di servizio che serve all’Italia.
Ieri Enrico Letta, nel breve discorso pronunciato dopo avere ricevuto da Napolitano l’incarico di formare un nuovo governo, ha definito l’esecutivo al quale si accinge a dare forma, un “governo di servizio”. Nei giorni scorsi giornalisti e commentatori politici si erano sbizzarriti nelle definizioni, parlando di governo delle larghe intese, governissimo, governo del presidente, governo di scopo ecc. ecc. Mi pare che Letta abbia usato la formulazione più giusta, ancorchè non originale: il governo infatti è costituito da ministri, cioè, letteralmente, da “servitori” ed il primo tra essi ha da essere appunto il “primo ministro”.
Io penso che il capo dello Stato, prima con la sua generosa accettazione di un nuovo mandato (segno anch’essa di spirito di servizio), e poi con l’incarico a Letta, abbia compiuto le scelte migliori per il paese, che non può permettersi di prolungare ulteriormente una vacanza governativa che dura già da mesi.
Credo impossibile negare che l’Italia ha bisogno di un governo politico che affronti in tempi brevi i più urgenti problemi economici, sociali ed istituzionali che affliggono il paese. Non è affatto detto che Letta riesca a formare un governo, che questo ottenga una larga fiducia dal Parlamento e che esso riesca a fare approvare i provvedimenti necessari al paese.
Il primo ostacolo è la composizione del governo, che dovrebbe vedere al proprio interno figure competenti, che diano il segno della novità, che siano rappresentative delle forze politiche di riferimento (PD, Pdl, Scelta civica) ma capaci, attraverso il confronto, di trovare sintesi ed accordi pur partendo da posizioni differenti. Non faccio esempi ma credo che abbiamo tutti presente esponenti politici (dei diversi schieramenti) che hanno questa capacità ed altri che non possiedono questa attitudine.
C’è poi il problema del programma di governo. E’ del tutto evidente che se i ministri PD e lo stesso presidente del Consiglio incaricato pensassero che esso coincide con gli 8 punti del “governo di cambiamento” di bersaniana memoria o se i ministri Pdl ritenessero che si debba partire dagli 8 punti declinati da Berlusconi in campagna elettorale,a cominciare dall’abolizione dell’IMU e dalla restituzione dell’imposta versata nel 2012, il tentativo di Letta sarebbe fallito in partenza. Nell’ottica del compromesso politico che non può non essere a fondamento del “governo di servizio”, ritengo che il riferimento programmatico da cui partire possa essere rappresentato dal risultato del lavoro dei due gruppi di “saggi” o “facilitatori” insediati da Napolitano (se volete consultare i due documenti cliccate su 2013-04-12_agenda_possibile 2013-04-12_relazione_finale ). E’ di lì che potrebbero essere estratti quei punti programmatici prioritari ed urgenti (sul lavoro, sull’economia, sulla legge elettorale, sulle riforme istituzionali, sui costi della politica) da portare all’approvazione del Parlamento, mettendo alla prova il senso di responsabilità di tutte le forze politiche in esso rappresentate, Movimento 5 Stelle compreso.
Francamente e in tutta sincerità non so quante probabilità abbia, il governo Letta, di nascere e di durare, sia pure quell’anno o poco più necessario a far approvare i provvedimenti più urgenti che servono alle imprese ed alle famiglie italiane. Quello che è certo è che non esistono altre possibilità. Il fallimento di questo tentativo porterebbe inevitabilmente a nuove elezioni che, a legge elettorale invariata, condannerebbero ancora il paese alla ingovernabilità ed allo stallo.
In questo caso penso che Matteo Renzi, previo una legittimazione popolare attraverso nuove elezioni primarie, sarebbe il candidato giusto del PD (per me lo era già nel febbraio scorso) per il governo del paese. Ma anche se Letta ce la facesse e riuscisse nel suo tentativo, auspico che Renzi, nel congresso che il PD si accinge a celebrare, venga eletto segretario, realizzi il rinnovamento di cui il partito ha assoluto bisogno e si prepari ad assumere la responsabilità del governo, alla prima occasione che le circostanze politiche dovessero presentare.