C’è il diritto ad avere un figlio ad ogni costo?
Questa domanda viene spontanea di fronte ad alcuni fatti recenti.
Il senatore pd Sergio Lo Giudice ed il suo compagno, dopo essersi sposati qualche anno fa ad Oslo, hanno ora un figlio, nato negli Stati Uniti attraverso la pratica dell’ “utero in affitto”.
La Corte Costituzionale ha cancellato, riconoscendole l’incostituzionalità, le norme della legge n.40/2004 che vietavano la procreazione mediante fecondazione assistita eterologa, cioè ottenuta con spermatozoi e/o ovociti non appartenenti alla coppia. Il governo sta mettendo a punto le relative linee guida ma il ministro Lorenzin ha già precisato che il costo degl’interventi di fecondazione assistita eterologa (presumibilmente pari a 1 miliardo di € all’ anno) saranno a carico del Servizio Sanitario Nazionale (se è un diritto……).
La materia è certamente assai delicata e controversa, ma a me pare che si stiano aprendo prospettive inquietanti, alcune delle quali abbiamo già cominciato ad intravvedere (basti pensare al caso dello scambio degli embrioni verificatosi di recente a Roma).
Insomma: io penso che non ci sia il diritto ad avere un figlio ad ogni costo. Credo piuttosto che ogni bambino abbia diritto ad avere due genitori, magari adottivi.
Commenti dei lettori
Caro Paolo, leggo ora questo post e, avendo anche alle spalle un’esperienza personale di fecondazione assistita, voglio dirti cosa penso delle questioni che poni.
Chi decide di tentare la fecondazione assistita lo fa per mettere al mondo un bambino. E’ normale, per una coppia che potenzialmente può avere figli, scegliere di averne. Credo tu condivida che sia una scelta molto bella. E una coppia con una sterilità curabile è una coppia che potenzialmente può avere figli. Esiste l’adozione, che è una cosa meravigliosa, ma è un’altra cosa. Chi ha la menomazione della sterilità, perché di questo si tratta, può scegliere di provare a risolverla, così come si fa per ogni altra menomazione curabile. Fino qui è molto semplice.
Il problema delle conseguenze di una scelta, del costo come giustamente lo chiami, certamente ce lo si deve porre sempre. Ovviamente nessuno può pensare che sia giusto fare una determinata scelta “ad ogni costo”. Può benissimo “venire spontaneo”, come dici tu, porsi “la domanda”, ma è evidente che nessuno può pensarlo (oggi si usa dire che è uno “straw man argument”). Il problema fondamentale che ci si deve porre è: qual è il costo e chi lo paga. Poi ci si può chiedere se sia giusto.
Un prezzo lo paga la coppia, soprattutto l’aspirante madre. La fecondazione assistita non è una passeggiata. Ma lo si accetta, così come si accettano le notti insonni, i pannolini, le ansie e il resto. Questo non credo sia oggetto di discussione.
Un prezzo lo pagano, a seconda di come la si pensa, gli embrioni prodotti in soprannumero. Non ci sono sempre (nel nostro caso non ce ne sono stati). Quando ci sono, verranno in prospettiva distrutti, così come avviene nella selezione pre-impianto fatta per evitare la trasmissione di malattie genetiche. Su questo, come si sa, si possono spendere fiumi di parole senza arrivare ad essere tutti d’accordo. Forse non ha nemmeno senso provarci. Se qualcuno pensa che sia sbagliato non consentire lo sviluppo di un “otto cellule” (questo è lo stadio a cui vengono impiantati o congelati), nonostante che anche con la fecondazione naturale si producono comunque un certo numero di embrioni che poi non ce la fanno, è liberissimo di pensarlo e magari anche di tentare di convincermi. Di cosa dovremmo tentare di convincerci l’un l’altro se non proprio delle libere scelte? Però non mi pare proprio una questione che si possa imporre a maggioranza. Ognuno continuerà a scegliere per gli embrioni suoi.
E un prezzo lo pagano i nascituri, nel senso di quelli che nascono effettivamente. In realtà di solito non pagano nessun prezzo: una volta avviata la gravidanza sono come tutti gli altri. Ma il caso di cronaca a cui fai riferimento evidenzia un esempio incontrovertibile. Però io credo che in nessun caso un bambino “scambiato” contesterà un giorno la scelta di lo ha voluto far nascere: sarà grato a chi per lui ha affrontato e vinto la difficile sfida della fecondazione in vitro (quanti tentativi servono, in molti casi, quante delusioni, quanta sofferenza), così come sarà grato a chi lo ha portato in grembo e partorito. In maniera analoga a chi ha gravi malattie genetiche perché i genitori, pur consapevoli del rischio, hanno rifiutato, per i loro convincimenti, di effettuare la fecondazione con selezione pre-impianto (scelte che io rispetto, ma che sono considerate entrambe delle mostruosità dalle diverse fazioni).
Tra l’altro uno scambio può avvenire anche dopo il parto. Difficilissimo, certo, anzi impossibile con i dovuti accorgimenti. Ma questo vale anche per le provette. La probabilità, molto piccola, resta molto piccola. Può considerarsi una ragione per parlare di prezzo troppo alto?
Quindi non mi pare proprio che si tratti di “avere un figlio ad ogni costo”.
A presto.
Caro Riccardo, grazie per avere dato riscontro al mio post e grazie ancor più per averlo fatto con un intervento tanto argomentato, frutto di una conoscenza personale e sofferta di questi temi davvero delicati e complessi. In effetti le mie parole, che ho riletto, suonano molto, troppo sommarie e meritavano le tue precisazioni. Continuo ad essere convinto, tuttavia, che si debba distinguere tra fecondazione assistita omologa ed altre pratiche rispetto alle quali confermo le mie riserve. Con molta stima ed amicizia. Paolo
Ti ringrazio molto della risposta.
In effetti ho trascurato di trattare i primi due argomenti che hai posto.
Sì, bisogna distinguere. In questa materia, e sui “temi etici” in generale, si tende spesso a semplificare troppo.
Sono contrario anch’io alla maternità surrogata. Sull’eterologa ci sarebbero molte cose da dire, ma non voglio fare un’altro commento fiume.
A presto.