Il bilancio 2015 del comune di Bologna
Nei giorni scorsi il consiglio comunale di Bologna ha approvato il bilancio di previsione 2015.
Si tratta dell’atto politicamente più importante ed impegnativo dell’anno, per l’amministrazione e per i cittadini bolognesi. La stampa, tutta presa dalle polemiche connesse alle vicende del Cassero e delle iniziative (a dir poco) di dubbio gusto da esso ospitate, vi ha dedicato un’ attenzione a mio avviso inferiore al necessario.
Indubbiamente l’amministrazione comunale ha avuto forti difficoltà a chiudere un bilancio di previsione pesantemente condizionato dai tagli e da altri provvedimenti del governo. Operate diverse riduzioni di spesa, si è scelto di mantenere invariate le tariffe dei servizi educativi e socioassistenziali e di aumentare diverse voci di entrata tra cui, in particolare, alcune tasse: IMU sulle abitazioni affittate a canone concordato o date in uso ai parenti prossimi (6 milioni di euro), TARI (3 milioni), addizionale IRPEF (6,5 milioni).
Alcune osservazioni.Innanzitutto trova conferma quanto era stato previsto alcuni mesi orsono di fronte alla legge di stabilità del governo: una diminuzione della pressione fiscale a livello centrale (gli 80 euro e la diminuzione dell’Irap per le imprese) avrebbero potuto avere come conseguenza un aumento della pressione a livello locale, in termini di tasse e/o tariffe.
Il comune di Bologna, come detto, ha scelto di tenere bloccate le tariffe dei servizi e di aumentare alcuni tributi: scelta legittima ma, a mio giudizio, opinabile nella sua drasticità, nel senso che probabilmente da un lato si sarebbe potuto intervenire solo parzialmente sull’IMU e dall’altro si sarebbe potuto intervenire su alcune tariffe.
Sul versante tributario: equiparare l’aliquota IMU sulle abitazioni affittate a canone concordato con quelle affittate a canone libero o lasciate sfitte mi appare infatti irragionaveole e controproducente.
Sul versante tariffario: continuo a non capire il rifiuto di introdurre una tariffa, con tutte le modulazioni del caso in base al reddito, per la frequenza della scuola dell’infanzia. A questo riguardo vorrei ricordare alcuni dati, desunti dal consuntivo di contabilità economica 2013, l’ultimo disponibile.
Per le sue scuole dell’ infanzia il comune di Bologna ha speso circa 30 milioni di euro (per 5195 bambini), senza incassare un euro. Per i nidi il costo è stato di circa 18 milioni (per 3263 bambini), ma in questo caso il comune ha incassato proventi da tariffa per circa 5,6 milioni, pari a circa 1700 euro (medi) pro capite. La sproporzione mi pare evidente.
Sarebbe interessante sapere cosa accade in altri comuni. A Torino, per esempio, si applicano le tariffe che potete vedere cliccando su sim_tariffe
Quello che mi preme sottolineare è il fatto che su queste scelte della nostra amministrazione (che possono anche essere condivisibili, oltre che legittime) la discussione ed il confronto siano stati assai limitati.