A proposito di dati oggettivi
In questi giorni si è letto di una polemica tra ISTAT e Ministero del Lavoro in merito ai dati sulla disoccupazione e sui contratti di lavoro, nel senso che, magari a distanza di poche ore vengono diffusi numeri apparentemente contraddittori, che inducono ottimismo o pessimismo e che consentono alternativamente a governo ed opposizione di “cantare vittoria”. Il risultato è che in mancanza di chiarezza e trasparenza, i cittadini non ci capiscono nulla e vedono crescere la loro sfiducia nei confronti delle istituzioni.
Qualcosa di non molto diverso capita dopo ogni tornata elettorale. E’ quasi impossibile trovare un partito che riconosca la propria sconfitta, nel senso che basta confrontare i voti ottenuti in questa circostanza, con quelli riportati in qualche consultazione elettorale diversa (comunali ed europee ad esempio), svoltasi magari a diversi anni di distanz,a per poter certificare quanto meno “la propria tenuta” (sinonimo in politichese di lieve arretramento).
Un terzo esempio di come sia frequente presentare dati oggettivi in modo tendenzioso e nel proprio interesse è quello nel quale mi sono imbattuto oggi leggendo sul Corriere della Sera e su Repubblica i dati della diffusione dei due organi di stampa.
Ecco il titolo del Corriere: “Carta e digitale, il Corriere conferma il primato con 372 mila copie”.
Ed ecco il titolo di Repubblica: “Repubblica prima tra edicola e copie digitali”.
I due titoli sono chiaramente incompatibili tra loro. Chi mente?
Leggendo con pazienza ed attenzione i due articoli (ma quanti saranno a farlo?) si scopre che Repubblica motiva il suo primato prendendo in esame solo la media mensile delle copie vendute in edicola e diffuse in digitale. Poi viene citata anche la diffusione media “considerando tutti i possibili canali”, pari a 340 mila copie senza commentarne il “ranking”.
Al contrario il Corriere, per giustificare il suo primato, riporta solo il dato di diffusione media totale (372 mila copie), che include sia la distribuzione in edicola, gli abbonamenti , le vendite dirette e le copie digitali, citando poi anche il corrispondente dato di Repubblica (340 mila copie).
Conclusione. Nessuno dei due quotidiani ha pubblicato numeri “fasulli”. Resta il fatto che chi legge un solo giornale ne ricava un’ informazione parziale e fuorviante, e chi legge i due titoli, senza ulteriore approfondimento, è portato a ritenere che non ci si può fidare della stampa, nel senso che, come nei due esempi di cui sopra, si forniscono solo i dati che fanno comodo a chi li fornisce.
E forse questa è la conclusione, triste, ma più corretta.
Ancora più triste se si pensa che stiamo parlando dei due quotidiani più autorevoli del paese!