Perché la Carta di Bologna non resti carta da parati.
Nei giorni scorsi a Bologna, nel quadro delle iniziative collegate al G7 dei ministri dell’ambiente, è stata firmata la Carta di Bologna, un documento che contiene importanti obiettivi ed impegnativi risultati che le Città metropolitane del nostro paese si prefiggono a breve e medio termine in materia ambientale, relativamente ad otto settori: riciclo dei rifiuti, difesa del suolo e del territorio, prevenzione disastri, transizione energetica, qualità dell’aria, risparmio dell’acqua, verde urbano e mobilità sostenibile.
Non si può che rallegrarsi per questa iniziativa, ma occorre evitare che la Carta di Bologna rimanga un manifesto di buone intenzioni, privo di efficacia e destinato ad essere presto dimenticato.
A questo scopo è necessario, a mio avviso, individuare immediatamente un organismo qualificato ed indipendente al quale affidare il monitoraggio degli obiettivi della Carta stessa.
Questo organismo potrebbe essere individuato in ISPRA (Istituto superiore per la ricerca e la protezione e la ricerca ambientale) e nel SNPA (Sistema nazionale di protezione dell’ambiente, formato dalle agenzie regionali/provinciali per l’ambiente). Esso dovrebbe, per ciascuno degli obiettivi della Carta, individuare lo “stato zero” per ciascuna delle Città metropolitane, cioè il valore del parametro di riferimento al momento attuale (2017). Successivamente, anno per anno, si dovrebbe misurare e certificare l’andamento dei diversi indicatori, consentendo di verificare se si sta andando verso il conseguimento degli obiettivi fissati e quanto sia ancora lontano il traguardo da raggiungere.
Questi report periodici dovrebbero essere integrati con le strategie e con gli strumenti che le Città metropolitane decidono di adottare per il raggiungimento degli obiettivi della Carta di Bologna. E’ evidente, infatti, che l’aver firmato la Carta implica l’adozione di politiche territoriali ed ambientali conseguenti e richiede scelte di carattere politico-amministrativo consapevoli e coerenti.
A questo proposito vale la pena di sottolineare che le istituzioni firmatarie della Carta sono appunto le Città metropolitane, anche se i Sindaci delle stesse coincidono di fatto con i Sindaci dei comuni capoluogo. Ciò può creare qualche problema, tenuto conto della “debolezza politica” delle Città metropolitane, istituzioni di secondo grado le cui competenze sono diverse da regione a regione e non più coincidenti con quelle delle ex-Province: la Città metropolitana di Bologna, ad esempio, non ha più alcuna competenza in materia di ambiente, essendo state queste, unitamente al personale, trasferite ad ARPAE.
Vorrei infine segnalare che il comune di Bologna è dotato da molti anni di uno strumento chiamato Bilancio ambientale, che viene approvato ogni anno, dal Consiglio comunale, sia nella forma di bilancio preventivo che consuntivo. Esso permette di monitorare l’andamento di alcuni parametri ambientali (qualità dell’aria, rifiuti, clima acustico, acqua potabile, energia, verde ecc.).
Si tratta di uno strumento interessante, che ben conosco avendo dato ad esso qualche contributo di carattere metodologico quando ero consigliere comunale, anche sulla base dell’esperienza fatta precedentemente in Provincia di Bologna dove era stato implementato un sistema di contabilità ambientale (progetto Life Clear).
Il Comune di Bologna potrebbe in ogni caso integrare il proprio Bilancio ambientale con alcuni indicatori contenuti nella Carta e, proprio a partire dalla sua esperienza, svolgere una funzione di stimolo e d’indirizzo nell’applicazione della Carta stessa.
Commenti dei lettori
A firmare si fa presto. Ma con queste facce…!
Dai Gian Paolo, un po’ di fiducia, ma non incondizionata. Un abbraccio.