Il 4 marzo si vota
Ad una settimana dal voto ho provato a riassumere le mie riflessioni al termine di una campagna elettorale breve ma combattuta, come sempre e forse più del solito, perché la posta in gioco è davvero alta.
Innanzitutto penso che dovremmo tutti recarci alle urne, non soltanto per esercitare un diritto/dovere civile, ma anche per esprimere con la nostra scelta il rifiuto di tutte le argomentazioni qualunquiste e disfattiste (“tanto non conta nulla”, “è tutto uno schifo”, “sono tutti uguali”, “pensano soltanto alla poltrona ed al loro interesse”, “con questa pessima legge elettorale non si risolverà nulla”…..) che non si sentono soltanto al bar o al mercato, ma che si leggono anche negli articoli di alcuni dotti commentatori politici.
Personalmente voterò per il Partito Democratico, al proporzionale e per i candidati al collegio uninominale della Camera e del Senato che vengono proposti dalla coalizione di centrosinistra, formata oltre che dal PD, da Insieme, da + Europa e da Civica popolare.
Ecco le ragioni che sono alla base della mia scelta.
In questi cinque anni, dal 2013 al 2018, i governi a guida PD, presieduti da Letta, Renzi e Gentiloni, hanno governato bene, facendo uscire il paese dalla crisi (il PIL, l’occupazione e la produzione industriale sono cresciuti e l’argomento che “si poteva fare meglio” non è tale da spostare il mio giudizio). Sono state approvate importanti riforme, alcune delle quali attese da molti anni: legge sul Dopo di noi, legge sulle Unioni civili,legge sul biotestamento, riforme della scuola, della giustizia e della pubblica amministrazione, rinnovo dei contratti pubblici, semplificazioni in materia fiscale e riduzione delle tasse (sul lavoro, sulla casa, 80 €), lotta all’evasione fiscale, reddito d’ inclusione, abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, riduzione canone Rai ecc. Sono solo alcune delle 100 cose fatte, contenute nel manifesto che elenca anche, per ciascuna di esse, altrettante proposte programmatiche per i prossimi anni. So bene che il giudizio sui risultati di questi cinque anni può essere articolato (sui bonus, sulle riforme ecc.) ma a mio giudizio il segno + prevale nettamente sul segno -. Ed anche il programma presentato, pur scontando un inevitabile ottimismo, è certamente più condivisibile, preciso, concreto e realizzabile dei “libri dei sogni” del Centrodestra e del M5S.
D’altro canto la classe politica che il PD ed i suoi alleati sono in grado di mettere in campo è, secondo me, indiscutibilmente più capace, competente ed apprezzata, anche a livello europeo ed internazionale, di qualsiasi altra: i Gentiloni, Minniti, Padoan, Franceschini, Martina, Orlando sono solo alcuni esponenti di una squadra che merita una riconferma nelle urne. Non ho dimenticato Matteo Renzi, che di questa squadra è stato per mille giorni, il capitano e che ha saputo poi assumere, dopo l’insuccesso del referendum costituzionale (del quale si è assunto la piena responsabilità) il ruolo di leader politico (legittimato dalle primarie), dando sostegno leale e collaborativo al governo Gentiloni, valorizzando il lavoro di squadra e ridimensionando il proprio profilo da “uomo solo al comando”. Faccio notare tra parentesi, che il PD è il solo partito a non avere il nome del proprio leader sulla scheda elettorale, a differenza dei vari Grasso, Di Maio, Salvini, Berlusconi, Meloni, Bonino, Lorenzin ecc.
Alle ragioni positive che m’inducono a votare per il PD e per il centrosinistra, si affiancano le riserve più o meno gravi nei confronti degli schieramenti avversari.
Il Centrodestra si presenta profondamente diviso al proprio interno, tra un Berlusconi (incandidabile ed ineleggibile) che cerca di recuperare un profilo da leader europeo moderato riproponendo in realtà il proprio irrealizzato repertorio di vent’anni fa, ed un Salvini xenofobo e sostenitore di un programma (flat tax al 15% ed abolizione della legge Fornero) iniquo ed economicamente insostenibile.
Il M5S si presenta privo di solidi e condivisi riferimenti ideali e valoriali, che non siano la conclamata “onestà” (peraltro smentita nei fatti, da alcuni dei suoi esponenti). Rivendicare di non essere né di destra né di sinistra può dare qualche vantaggio in termini elettorali ma espone questo movimento (che ormai è un partito) a sbandamenti ondivaghi sui temi programmatici (Europa, immigrazione ecc.). Inoltre la formazione delle liste elettorali ha evidenziato la “permeabilità” e scarsa trasparenza del movimento, nel quale possono venire candidate ed elette persone dal curriculum oscuro e dalla competenza discutibile.
Infine la lista LeU (Liberi ed uguali) si conferma non come un partito ma come un puro e semplice “cartello elettorale”, al quale Grasso e Boldrini hanno offerto un’occasionale “ombrello” unitario. Il programma è ricco di istanze valoriali e di propositi qualitativi ma scarso di obiettivi concreti e misurabili. Esso presenta tuttavia evidenti affinità con quello del PD (vedi ad esempio sullo jus soli). Che lo scopo fondamentale di LeU, almeno di alcuni dei suoi esponenti principali, sia soprattutto quello di danneggiare il PD a guida renziana, sperando così, dopo le elezioni, in un cambio di maggioranza all’interno di questo partito, è qualcosa di più di un sospetto.
Commenti dei lettori
Caro Paolo, ti ringrazio per questo tuo sintetico ed apprezzabile articolo sulle tue motivazioni per il voto del 4 marzo, di cui condivido oltre il 90%.
La differenza fra i concetti di “Partito” e “Movimento” o “Cartello elettorale” secondo me dipende solo dal tempo che ci si è trovati a disposizione nel formulare le liste elettorali.
Quanto al tuo ultimo “comma” (prendo a prestito un termine da Costituzione della Repubblica Italiana) lo condivido nel senso che se si è arrivati a questo punto, è proprio l’improvvida guida renziana che ha costretto molti di noi a questa dolorosa decisione, presa “obtorto collo”. Se devo “turarmi il naso” per votare, posso farlo sia nel senso di Renzi, sia nel senso di D’Alema. Ma l’espressione è decisamente vomitevole. Votare è mio DOVERE. Andrò comunque a votare. Un caldo abbraccio, caro Paolo.
Ti ringrazio di cuore per le tue parole, caro Umberto. Se anche all’interno del PD ci fosse stato un accordo “oltre il 90%” non ci sarebbe stata la scissione, a causa del “meno del 10%” rappresentato dall’”improvvida guida renziana”. Ti abbraccio forte anch’io carissimo amico.