Che tristezza!
Provo tanta amarezza per le vicende che riguardano la vita del PD, sia a livello nazionale che locale.
Ci sono aspetti specifici dei due livelli, ma c’è anche un aspetto comune, vale a dire un’ inguaribile vocazione alla divisione, alla polemica interna, al litigio, all’ autoreferenzialità.
Mi riferisco in primo luogo alla situazione del PD bolognese, dove (leggo dai giornali perchè, da semplice iscritto, ormai da molto tempo non ho più legami diretti con esponenti del partito e la vita del circolo S.Donato centro è da tempo inesistente) il segretario provinciale Critelli ha rassegnato le dimissioni a seguito di un documento, firmato (pare) dalla maggioranza dei 400 componenti dell’Assemblea provinciale, con il quale egli viene sfiduciato a causa del suo duplice ruolo di segretario e di parlamentare (vietato dallo statuto), della delicata situazione economica anche a causa dello scarso successo della Festa dell’Unità, ed infine dello stato di abbandono nel quale versano i circoli messi anche in difficoltà, in diversi casi, da sfratti ed aumenti di affitto chiesti da Fondazione 2000, proprietaria dei beni ex-DS.
In effetti, da quando Critelli è stato eletto segretario, il PD bolognese ha conosciuto un degrado ed un indebolimento considerevole. L’ultimo segretario degno di questo nome è stato Donini della cui segreteria ho fatto parte anch’io, sia pure come espressione della minoranza. Critelli lo conosco bene essendo stato suo collega in Consiglio comunale dal 2004 al 2010. Fa parte di quella generazione di esponenti della sinistra giovanile che senza dare prova, a mio giudizio, di grandi capacità politiche ma potendo contare sulle conoscenze giuste, ha scalato il partito. All’ultimo congresso ho votato per Rizzo Nervo.
Debbo dire tuttavia che sono rimasto deluso (e non credo di essere il solo) dal fatto che il congresso provinciale, stando ai fatti, è stato utilizzato da entrambi i candidati come trampolino per farsi eleggere in parlamento.
Questo mi pare il peccato originale di quasi tutti gli esponenti di primo piano del partito locale, a cominciare da De Maria e Benamati, che vivono il partito come un comitato elettorale, utile a favorire la loro elezione nelle istituzioni (comunali, regionali, nazionali).
A questo punto i circoli da lungo tempo non fanno attività sul territorio e la colpa non può essere data solo all’ex-segretario nazionale Renzi. Chi ha mai impedito di convocare riunioni o di assumere iniziative politiche? Anche dopo le elezioni del marzo scorso, il PD sul territorio non fa in alcun modo opposizione, con tavolini, volantinaggi, iniziative ecc.
Il fatto è, purtroppo, che anche le rivalità tra i diversi esponenti locali del PD non sono motivate da divergenze politiche visibili, o da diversità di correnti e di riferimenti in leaders nazionali, ma, più tristemente, da ostilità, antipatie e gelosie personali.
Ciascuno coltiva soprattutto ambizioni personali ed agisce in funzione di queste.
Per fortuna a livello locale le istituzioni (Quartieri, Comune e Regione) tengono ancora, da un punto di vista dell’efficacia dell’ azione politico-amministrativa, ma ciò avviene non grazie al lavoro politico del PD ma nonostante le faide e le polemiche interne.
Ma questo fino a quanto potrà durare e reggere?
Sono a rischio le prossime europee, regionali e locali.
Il partito non è più un luogo di discussione, di elaborazione e di confronto politico, di ascolto del territorio, da cui fare emergere indirizzi ed un controllo verso i rappresentanti PD nelle istituzioni, ma uno strumento da utilizzare per le proprie ambizioni personali.
Nel frattempo a livello nazionale si stanno evidenziando due linee per il futuro: quella che ritiene necessario uno spostamento a sinistra (in discontinuità con la linea Renzi e degli ultimi governi) in modo da ricostruire un “campo largo di sinistra” (cit.Bersani) con un’attenzione a future alleanze con il M5S, e quella di chi ritiene di dover guardare piuttosto al centro ed ai moderati che non condividono la deriva populista/sovranista verso cui Salvini sta orientando il centrodestra. Ciò prefigura una spaccatura del PD, che potrebbe anche non essere un male se poi i due tronconi si alleassero (come con l’ Ulivo), ma non è affatto detto che le rivalità e le antipatie personali lo consentano. E allora……?
La strategia di chi ritiene possibile un’alleanza con il M5S presuppone tuttavia una rottura dell’alleanza Salvini/Di Maio (possibile) ed anche una spaccatura del M5S (altamente improbabile).