Il Movimento 5 stelle alla prova del governo
Di fronte all’ evidenti difficoltà del M5S in questi primi mesi di governo del paese, che l’ enfatiche dichiarazioni di Di Maio (“questa è la manovra del popolo”, “abbiamo abolito la povertà”, “gl’italiani grazie a questa manovra avranno la felicità”) non riescono a nascondere, mi è venuto da pensare che l’esperienza di Parma e del sindaco Pizzarotti non ha insegnato niente.
In occasione delle elezioni amministrative del 2012 in quella città, il M5S trionfò al ballottaggio ed elesse il sindaco Pizzarotti dopo una campagna elettorale il cui principale argomento fu l’impegno a non attivare l’inceneritore di rifiuti in corso di realizzazione. Una volta eletto, Pizzarotti dovette fare i conti con la realtà e si rese conto che quell’impegno non era realizzabile, sia per ragioni contrattuali che perchè l’inceneritore era necessario alla città e privo di negative ricadute ambientali. Il M5S, come noto, espulse Pizzarotti,il quale, cinque anni dopo, nel 2017, venne rieletto a capo di una lista civica, con il M5S ridotto al 3,47%.
Alle elezioni politiche del 4 marzo di quest’anno il M5S ha ottenuto un risultato straordinario presentandosi con un programma elettorale che aveva al centro principalmente la lotta ai privilegi (pensioni d’oro, vitalizi parlamentari), il reddito di cittadinanza e il blocco delle grandi opere (TAP, TAV, Gronda genovese, Terzo valico, Tunnel del Brennero ecc.) e la riconversione o la chiusura dell’ILVA.
Formato un governo di coalizione con la Lega (l’obiettivo del 50,1% era ovviamente un sogno irrealizzabile) il M5S comincia dolorosamente a fare i conti con la realtà: l’ILVA prosegue la sua attività secondo l’iter definito dai precedenti governi, il taglio alle pensioni d’oro è ancora non ben definito nei suoi contenuti, i vitalizi parlamentari sono stati ridimensionati ma i relativi provvedimenti sono sottoposti a migliaia di ricorsi di cui non è facile prevedere l’esito, il reddito di cittadinanza sta incontrando difficoltà di attuazione sia sul piano organizzativo che finanziario in relazione al deficit prodotto (non sarebbe stato meglio incrementare il reddito d’inclusione del governo Gentiloni che ha già interessato un milione di cittadini bisognosi? Sì, ma il governo del cambiamento aborrisce ogni continuità con chi lo ha preceduto), le grandi opere si faranno: per alcune (Tap) la dolorosa decisione è già stata presa, per altre si sta utilizzando l’alibi dell’analisi costi/benfici del ministro Toninelli per ritardare scelte che sono imposte da impegni internazionali, lavori già in corso, necessità evidenti, per il Muos e gli F35 è probabile un via libera del governo che smentirebbe gl’impegni assunti dal M5S in campagna elettorale.
Se a questo aggiungiamo clamorosi passi falsi, in contrasto stridente con i valori fondativi del M5S, come il condono edilizio ad Ischia, il condono fiscale ed il decreto sicurezza (che stanno a cuore al caro alleato Salvini) ed importanti dossiers ancora privi di una soluzione (come la sorte di Alitalia) credo si possa affermare che il M5S, molto efficace nella sua versione di lotta e di propaganda, messo alla prova del governo denuncia limiti assai gravi, pericolosi per il paese: lo scarto tra promesse elettorali e risultati raggiunti (almeno fino a questo momento) può essere ascritto a disonestà intellettuale (se già si sapeva che sarebbe stato impossibile realizzare le promesse) o a pressapochismo ed incompetenza. In entrambi i casi il bilancio è negativo.
Non sono in grado di prevedere quali conseguenze avrà tutto ciò sulla vita del M5S. Mi auguro un drastico “ravvedimento operoso”, magari propiziato da un congruo ridimensionamento di consensi.
Questo, unito ad un rinnovamento e ad un rafforzamento del PD e delle forze di centrosinistra, potrebbe dare vita ad una coalizione in grado di contrastare il vero pericolo rappresentato dalla destra xenofoba e sovranista egemonizzata da Salvini.
Ma tutto ciò corrisponde forse soltanto ad un ottimismo della volontà che cerca di anestetizzare il pessimismo della ragione.