Il ruolo delle donne nella Chiesa
Col passare degli anni si sono accentuate due contraddizioni. Da un lato è sempre più ampio il divario tra il contributo che le donne danno alla Chiesa, a livello di catechesi, evangelizzazione, servizio, carità ecc. ed il riconoscimento istituzionale del loro ruolo. Dall’altro, a fronte di un sostanziale immobilismo nella Chiesa, si assiste ad una lenta ma costante valorizzazione del posto che la donna occupa nella società, verso una tendenziale parità di genere e di opportunità.Tale asimmetria, fra l’altro, è una delle cause della difficoltà di comunicazione e di relazione tra la Chiesa e la società attuale.
Già nel Concilio Vaticano II, accanto ad un riconoscimento del ruolo del laicato maschile (ad esempio attraverso l’istituzione del diaconato permanente conferibile anche a uomini sposati) si trovano passi che alludono ad una valorizzazione del ruolo della donna nella Chiesa e che citano tra “Le aspirazioni più diffuse dell’umanità” (possiamo definirli segni dei tempi?) la parità uomo/donna.
In realtà, negli oltre cinquant’anni che ci separano dal Concilio, si sono moltiplicati, nei documenti del Magistero, i riconoscimenti e la gratitudine per il “genio della donna” e “per il dono di un così grande bene qual è la femminilità” ma dal punto di vista della istituzione Chiesa nulla o quasi è veramente cambiato.
Penso che siano maturi i tempi per fare qualche passo avanti nella direzione di un riconoscimento formale e sostanziale del ruolo della donna nella Chiesa istituzione, con gradualità e realismo ma con obiettivi precisi.
Ma quali?
Sul sacerdozio alle donne si è ripetutamente confermata, anche da parte di papa Francesco, una netta chiusura.
Qualche spiraglio sembra essersi aperto sul tema del diaconato. Papa Francesco nel suo discorso all’Unione internazionale superiore delle generali del 12/5/16 manifestò l’intenzione di istituire una Commissione per lo studio del problema. La Commissione è stata effettivamente istituita il 2 agosto del 2016 e si tratta di attendere la fine e le conclusioni dei suoi lavori. Sempre su questo tema si è tenuto alcuni mesi orsono nell’ambito della Facoltà teologica dell’Emilia-Romagna un seminario. Tra le diverse relazioni, particolarmente documentata ed interessante quella della teologa Serena Noceti.
Tenuto conto di ciò si propone di concentrare l’attenzione sul Lettorato e sull’ Accolitato.
Si tratta di due figure che erano un tempo classificate tra gli “ordini minori”, riservati a coloro che stavano percorrendo il cammino per divenire diaconi ed infine presbiteri.
San Paolo VI emanò il 15/8/72 una Lettera apostolica (“Ministeria quaedam”) con la quale si istituivano il Lettorato e l’Accolitato come ministeri rispettivamente della Parola e dell’Altare, a cui potevano avere accesso maschi anche sposati.
Ecco uno stralcio di tale documento nel quale si precisano i compiti del Lettore e dell’ Accolito e le condizioni previste per l’accesso a tali ministeri.
V.Il Lettore è istituito per l’ufficio, a lui proprio, di leggere la parola di Dio nell’assemblea liturgica. Pertanto, nella Messa e nelle altre azioni sacre spetta a lui proclamare le letture della Sacra Scrittura (ma non il Vangelo); in mancanza del salmista recitare il salmo interlezionale; quando non sono disponibili né il Diacono né il cantore, enunciare le intenzioni della preghiera universale dei fedeli; dirigere il canto e guidare la partecipazione del popolo fedele; istruire i fedeli a ricevere degnamente i Sacramenti. Egli potrà anche - se sarà necessario - curare la preparazione degli altri fedeli, quali, per incarico temporaneo, devono leggere la Sacra Scrittura nelle azioni liturgiche. Affinché poi adempia con maggiore dignità e perfezione questi uffici, procuri di meditare assiduamente la Sacra Scrittura.
Il Lettore, sentendo la responsabilità dell’ufficio ricevuto, si adoperi in ogni modo e si valga dei mezzi opportuni per acquistare ogni giorno più pienamente il soave e vivo amore (Cf Cost. sulla Sacra LiturgiaSacrosanctum Concilium, n. 24: AAS 56 (1964), p. 107: CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla divina RivelazioneDei Verbum, n. 25: AAS 58 (1966), pp. 829) e la conoscenza della Sacra Scrittura, onde divenire un più perfetto discepolo del Signore.
VI.L’Accolito è istituito per aiutare il Diacono e per fare da ministro al Sacerdote. È dunque suo compito curare il servizio dell’altare, aiutare il Diacono e il Sacerdote nelle azioni liturgiche, specialmente nella celebrazione della Santa Messa; inoltre, distribuire, come ministro straordinario, la Santa Comunione tutte le volte che i ministri, di cui al can. 845 del CIC, non vi sono o non possono farlo per malattia, per l’età avanzata o perché impediti da altro ministero pastorale, oppure tutte le volte che il numero dei fedeli, i quali si accostano alla Sacra Mensa, è tanto elevato che la celebrazione della Santa Messa si protrarrebbe troppo a lungo. Nelle medesime circostanze straordinarie potrà essere incaricato di esporre pubblicamente all’adorazione dei fedeli il Sacramento della Santissima Eucaristia e poi di riporlo; ma non di benedire il popolo. Potrà anche - in quanto sia necessario - curare l’istruzione degli altri fedeli, i quali, per incarico temporaneo, aiutano il Diacono e il sacerdote nelle azioni liturgiche portando il messale, la croce, i ceri ecc., o compiendo altri simili uffici. Egli eserciterà tanto più degnamente questi compiti, se parteciperà alla Santissima Eucaristia con una pietà sempre più ardente, si nutrirà di essa e ne acquisterà una sempre più profonda conoscenza.
L’Accolito, destinato in modo speciale al servizio dell’altare, apprenda tutte quelle nozioni che riguardano il culto pubblico divino e si sforzi di comprenderne l’intimo e spirituale significato: in tal modo potrà offrirsi, ogni giorno, completamente a Dio ed essere, nel tempio, di esempio a tutti per il suo comportamento serio e rispettoso, e avere inoltre un sincero amore per il corpo mistico di Cristo, o popolo di Dio, e specialmente per i deboli e i malati.
VII.L’istituzione del Lettore e dell’Accolito, secondo la veneranda tradizione della Chiesa, è riservata agli uomini.
VIII.Perché uno possa essere ammesso ai ministeri, si richiedono:
a) la domanda, liberamente compilata e sottoscritta dall’aspirante, da presentare all’Ordinario (il Vescovo, e negli istituti clericali di perfezione, il Superiore Maggiore), cui spetta l’accettazione;
b) l’età conveniente e le speciali qualità, che devono essere determinate dalla Conferenza Episcopale;
c) la ferma volontà di servire fedelmente Dio e il popolo cristiano.
I requisiti richiesti per essere ammessi ai ministeri non sembrano tali da escludere le donne. Ciò che a tutt’oggi riserva ai soli uomini il Lettorato e l’Accolitato è (come recita il punto VII) “la veneranda tradizione della Chiesa”. Ora pare che in questo caso si tratti proprio della tradizione con la “t” minuscola, che potrebbe e dovrebbe senza particolari difficoltà essere superata. Che valore ha una tradizione che blocca qualsiasi innovazione, anche modesta, e che di fatto impedisce di dare risposta ad una delle aspirazioni positive dell’umanità?
Se guardiamo poi alle funzioni del Lettorato e dell’Accolitato, così come riportate ai punti V e VI e descritte con minuzia di particolari in un documento del 20/4/2003 della Diocesi di Bologna (“Compiti dell’accolito e del lettore nelle assemblee liturgiche”), esse risultano prevalentemente legate alle assemblee liturgiche, anche se, per coerenza, si possono estendere in generale agli ambiti dell’annuncio della Parola (catechesi, evangelizzazione, guida di gruppi del Vangelo ecc.) e della Carità (Caritas parrocchiale, centri di ascolto ecc.).
Tuttavia proprio il ruolo dei ministri nelle assemblee liturgiche acquisterebbe, nel caso delle donne, un significato di particolare rilievo, nel senso che la presenza femminile sull’altare, a fianco dei presbiteri ordinati e degli altri ministri di sesso maschile, offrirebbe finalmente un’immagine corrispondente alla varietà del popolo di Dio. Inoltre l’ammissione delle donne al lettorato ed all’accolitato potrebbe dare al “genio femminile” l’occasione di potersi esprimere e manifestare in alcuni ambiti nei quali si assumono decisioni di carattere pastorale.
Se nemmeno questa proposta venisse accolta, almeno a livello di ipotesi da approfondire seriamente, vorrebbe dire che nella Chiesa cattolica c’è nei confronti delle donne un ostracismo che affonda le sue radici in una distorta concezione della sessualità.
“Siccome poi ai nostri giorni le donne prendono parte sempre più attiva in tutta la vita sociale, è di grande importanza una loro più larga partecipazione anche nei vari campi dell’apostolato della Chiesa” (Decreto sull’apostolato dei laici n.9)
“Le donne rivendicano, dove ancora non l’hanno raggiunta, la parità di diritto e di fatto con gli uomini” (Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo n.9)