Non chi dice: famiglia, famiglia….
Le vivaci polemiche (del tutto giustificate nel merito se non nei toni) attorno al Congresso Mondiale delle Famiglie, svoltosi nei giorni scorsi a Verona, non ha consentito, a mio giudizio, d’ individuare obiettivi davvero utili alle famiglie del nostro paese.
Due esempi.
1) Si è molto parlato della legge 22 maggio 1978, n. 194 in materia di aborto.
Si sono sentite autentiche sciocchezze come questa: “ E’ una legge che autorizza l’omicidio e che andrebbe abrogata”.
In realtà la l.194 è una buona legge, che tra l’altro ha prodotto un calo costante delle interruzioni di gravidanza. Tuttavia è una legge che dovrebbe essere applicata in tutte le sue parti, compresi i primi articoli che riguardano anche la prevenzione dell’aborto.
Il suo titolo (“Norme per la tutela sociale della maternità e sull’ interruzione volontaria della gravidanza”) tiene insieme due aspetti, il primo dei quali rischia, nella realtà, di essere del tutto trascurato.
Vi invito a leggere i primi 5 articoli ed in particolare le mie sottolineature (in grassetto).
Articolo 1
Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio. L’interruzione volontaria della gravidanza, di cui alla presente legge, non è mezzo per il controllo delle nascite. Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell’ambito delle proprie funzioni e competenze, promuovono e sviluppano i servizi socio-sanitari, nonché altre iniziative necessarie per evitare che lo aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite.
Articolo 2
I consultori familiari istituiti dalla legge 29 luglio 1975, n. 405, fermo restando quanto stabilito dalla stessa legge, assistono la donna in stato di gravidanza: a) informandola sui diritti a lei spettanti in base alla legislazione statale e regionale, e sui servizi sociali, sanitari e assistenziali concretamente offerti dalle strutture operanti nel territorio; b) informandola sulle modalità idonee a ottenere il rispetto delle norme della legislazione sul lavoro a tutela della gestante; c) attuando direttamente o proponendo all’ ente locale competente o alle strutture sociali operanti nel territorio speciali interventi, quando la gravidanza o la maternità creino problemi per risolvere i quali risultino inadeguati i normali interventi di cui alla lettera a); d) contribuendo a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all’interruzione della gravidanza. I consultori sulla base di appositi regolamenti o convenzioni possono avvalersi, per i fini previsti dalla legge, della collaborazione volontaria di idonee formazioni sociali di base e di associazioni del volontariato, che possono anche aiutare la maternità difficile dopo la nascita. La somministrazione su prescrizione medica, nelle strutture sanitarie e nei consultori, dei mezzi necessari per conseguire le finalità liberamente scelte in ordine alla procreazione responsabile è consentita anche ai minori.
Articolo 3
(omissis)
Articolo 4
Per l’interruzione volontaria della gravidanza entro i primi novanta giorni, la donna che accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito, si rivolge ad un consultorio pubblico istituito ai sensi dell’articolo 2, lettera a), della legge 29 luglio 1975 numero 405, o a una struttura sociosanitaria a ciò abilitata dalla regione, o a un medico di sua fiducia.
Articolo 5
Il consultorio e la struttura socio-sanitaria, oltre a dover garantire i necessari accertamenti medici, hanno il compito in ogni caso, e specialmente quando la richiesta di interruzione della gravidanza sia motivata dall’incidenza delle condizioni economiche, o sociali, o familiari sulla salute della gestante, di esaminare con la donna e con il padre del concepito, ove la donna lo consenta, nel rispetto della dignità e della riservatezza della donna e della persona indicata come padre del concepito, le possibili soluzioni dei problemi proposti, di aiutarla a rimuovere le cause che la porterebbero alla interruzione della gravidanza, di metterla in grado di far valere i suoi diritti di lavoratrice e di madre, di promuovere ogni opportuno intervento atto a sostenere la donna, offrendole tutti gli aiuti necessari sia durante la gravidanza sia dopo il parto. Quando la donna si rivolge al medico di sua fiducia questi compie gli accertamenti sanitari necessari, nel rispetto della dignità e della libertà della donna; valuta con la donna stessa e con il padre del concepito, ove la donna lo consenta, nel rispetto della dignità e della riservatezza della donna e della persona indicata come padre del concepito, anche sulla base dell’esito degli accertamenti di cui sopra, le circostanze che la determinano a chiedere l’interruzione della gravidanza; la informa sui diritti a lei spettanti e sugli interventi di carattere sociale cui può fare ricorso, nonché sui consultori e le strutture socio-sanitarie. Quando il medico del consultorio o della struttura socio-sanitaria, o il medico di fiducia, riscontra l’esistenza di condizioni tali da rendere urgente l’intervento, rilascia immediatamente alla donna un certificato attestante l’urgenza. Con tale certificato la donna stessa può presentarsi ad una delle sedi autorizzate a praticare la interruzione della gravidanza. Se non viene riscontrato il caso di urgenza, al termine dell’incontro il medico del consultorio o della struttura socio-sanitaria, o il medico di fiducia, di fronte alla richiesta della donna di interrompere la gravidanza sulla base delle circostanze di cui all’articolo 4, le rilascia copia di un documento, firmato anche dalla donna, attestante lo stato di gravidanza e l’avvenuta richiesta, e la invita a soprassedere per sette giorni. Trascorsi i sette giorni, la donna può presentarsi, per ottenere la interruzione della gravidanza, sulla base del documento rilasciatole ai sensi del presente comma, presso una delle sedi autorizzate.
Ecco il mio commento.
Il significato della legge mi sembra chiaro: spetta alla donna, insieme al padre del concepito (se la donna lo consente) prendere la decisione d’interrompere la gravidanza. Tuttavia spetta alle strutture a cui la donna si è rivolta (consultorio, struttura socio-sanitaria, medico di fiducia) d’ informarla tra l’altro sulle possibili soluzioni dei problemi che motivano la sua richiesta e di aiutarla a rimuovere le cause che la porterebbero alla interruzione della gravidanza.
Non si tratta, in tutta evidenza, di mettere in atto tentativi di dissuasione, magari avvalendosi di argomenti o suggestioni violente o ricattatorie, ma soltanto di offrire eventuali supporti che la donna deve essere lasciata libera di accettare o rifiutare.
Questi supporti possono consistere in aiuti di vario genere messi a disposizione da “idonee formazioni sociali di base ed associazioni del volontariato, di cui i servizi pubblici possono avvalersi, per i fini previsti dalla legge sulla base di appositi regolamenti o convenzioni”, che hanno evidentemente lo scopo di verificare l’idoneità di tali formazioni ed associazioni.
Credo che in alcune (poche) parti d’Italia questo abbia trovato attuazione. Invece di disperdersi in sterili polemiche si dovrebbe lavorare per dare piena attuazione anche a questa parte della l.194.
2) Tanti sono i provvedimenti che potrebbero aiutare davvero le famiglie ed aumentare la propensione ad avere figli: più servizi (asili nido, scuole dell’infanzia ecc.), conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, assegni familiari adeguati, bonus vari ecc.
Ma la cosa principale dovrebbe essere una revisione della normativa fiscale che oggi come oggi ignora quasi completamente la famiglia.
Ad esempio nel caso del calcolo dell’ISEE, per stabilire se si ha diritto ed a quale costo di contribuzione, alla erogazione delle diverse prestazioni sociali, si tiene conto di tutti i redditi della famiglia anagrafica (che comprende quanti convivono sotto lo stesso tetto e compaiono nel medesimo stato di famiglia) e poi si divide la somma per un fattore di equivalenza che tiene conto del numero delle persone che vivono di quei redditi (1 per 1 componente, 1,57 per 2 componenti, 2,04 per 3, 2,46 per 4, 2,85 per 5, più 0,35 per ogni ulteriore componente).
Viceversa nella dichiarazione annuale IRPEF dei redditi la famiglia è completamente ignorata e si guarda ai redditi dei singoli cittadini con eventuale detrazione per i figli a carico. Si è tanto parlato del cosiddetto quoziente famigliare, senza mai dargli applicazione. Credo che anche in questo caso dovrebbero essere applicati dei fattori di equivalenza al reddito famigliare complessivo (diminuendo in tal modo il reddito imponibile), ma soltanto per le famiglie fondate sul matrimonio dei coniugi e per le unioni di fatto, vale a dire per quelle formazioni sociali i cui componenti hanno deciso di dare evidenza pubblica, con relativa assunzione di responsabilità, alla loro unione.
Commenti dei lettori
Io non credo che la 194 sia una buona legge, tantomeno necessaria… ma spiegare qui perché è troppo lungo: disponibile a farlo se ci mettiamo a sedere mezz’oretta da qualche parte
Una Legge viene formulata ed approvata dal Potere Legislativo, cioè il Parlamento, a cui spetta apportare, in seguito, eventuali modifiche migliorative.
Ma la attuazione concreta ed il controllo responsabile di quanto la legge contempla, compresi gli strumenti ministeriali e gli organi operativi, pubblici e privati da essa previsti, resta in capo al Potere Esecutivo, cioè al Governo. Qui, da sempre, l’Italia è, purtroppo, estremamente carente.
“Le leggi son ma chi pon mano ad esse?”
D’accordo Umberto. Nel caso specifico chi dovrebbe dare concreta attuazione a quanto prevedono i primi articoli della 194 è il sistema sanitario nelle sue diverse articolazioni territoriali, da cui dipendono i consultori, le strutture sanitarie ed i medici di base. La Regione dovrebbe definire protocolli e dare disposizioni affinchè vengano osservati dalle ASL e dai Comuni. Naturalmente si dovrebbe anche istituire una sorta di albo delle associazioni e delle organizzazioni di volontariato di cui si certifichi l’idoneità di comportamento.