L’iniquità della flat tax

Questo post è stato scritto da Paolo Natali il 9 aprile, 2019

Tassa piatta

Una delle principali promesse/proposte dello schieramento di centrodestra nel corso della campagna elettorale per le elezioni politiche del marzo 2018 era l’introduzione della cosiddetta flat tax, vale a dire l’aliquota piatta/unica per il pagamento delle imposte dirette. La Lega parlava del 15%, Forza Italia del 23%. Entrambe le proposte, oltre a comportare un costo enorme, in termini di riduzione delle entrate per lo Stato, erano in palese contrasto con quanto prevede la nostra Costituzione che all’art.53 così recita:

Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacita` contributiva.Il sistema tributario e` informato a criteri di progressivita`.

La progressività richiesta dalla Costituzione (chi più guadagna deve essere tassato in modo più che proporzionale rispetto al suo reddito) si traduce attualmente nel nostro sistema fiscale in cinque scaglioni di tassazione:

Scaglioni Aliquota marginale
Fino a 15 mila euro 23%
Da 15 mila a 28 mila euro 27%
Da 28 mila a 55 mila euro 38%
Da 55 mila a 75 mila euro 41%
Oltre 75 mila euro 43%

Tanto la proposta di Forza Italia quanto, ed ancor più, quella della Lega, erano palesemente incostituzionali.

Dopo le elezioni e la formazione del governo Lega/5stelle, si è tornati a parlare di flat tax. Qualche tempo fa venne avanzata l’ipotesi (un vero e proprio ossimoro) di una flat tax a due scaglioni, vale a dire il 15% per i redditi fino ad 80.000 € ed il 20% oltre tale cifra, ipotesi poi accantonata anche in considerazione del suo costo astronomico.

Con la legge finanziaria per il 2019 è stata poi introdotta una prima forma di flat tax, valida solo per i lavoratori autonomi (partite IVA), che prevede un’unica aliquota del 15% per i redditi fino a 65.000 €, mentre nell’approssimarsi delle elezioni europee la Lega spinge perchè nel Def (Documento di economia e finanza) che sta per essere pubblicato e che contiene il quadro macroeconomico e le previsioni di spesa per il 2020, venga introdotta una flat tax del 15% per i contribuenti (dipendenti e pensionati) con un reddito lordo inferiore ai 50.000 €.

Vorrei brevemente presentare le ragioniper le quali entrambe le “tasse piatte”, sia quella già in vigore per gli autonomi, sia quella prevista per i dipendenti e pensionati, sono gravemente lesive oltre che della nostra Costituzione e del principio di progressività delle imposte, anche di elementari principi di equità e di eguaglianza. Per dovere di verità va detto che l’introduzione della flat tax comporta per chi ne utlizza i benefici, la rinuncia a vedersi riconosciute una serie di spese che attualmente possono essere dedotte o detratte, ma questo non sposta di molto il giudizio negativo su questo provvedimento.

1) Flat tax del 15% per i lavoratori autonomi con reddito inferiore ai 65.000 € lordi.

Con l’applicazione delle aliquote normali, fino al 41%, tale lavoratore pagherebbe 21.320 € di imposte.

Con la flat tax al 15% egli se la caverà con 9.750 €: un bel risparmio, non c’è che dire.

Non solo. Per rientrare nel tetto dei 65.000 € lordi il contribuente avrà la possibilità di fatturare nell’anno successivo o, meglio ancora, di lavorare in nero, prassi purtroppo già oggi assai diffusa e che utilizza la complicità dei clienti i quali in generale non hanno alcun interesse a pagare l’IVA che non possono scaricare.

2) Proposta di flat tax del 15% per i lavoratori dipendenti e pensionati con reddito inferiore ai 50.000 € lordi annui.

Attualmente un contribuente con tale reddito è tenuto a pagare 15.320 € di tasse. Con la flat tax al 15% l’imposta scenderebbe a 7.500 €, più che dimezzata.

Con l’occasione vorrei fare notare ancora due aspetti:

1) L’introduzione della flat tax renderebbe più iniqua che mai l’introduzione del tetto sopra il quale varrebbero le aliquote progressive attuali. E’ chiaro che qualunque introduzione di un tetto implica delle differenze di trattamento, ma in questo caso (per un reddito di 50.001 €) le differenze sarebbero macroscopiche .

2) La flat tax rende indifferente il fatto che a concorrere al reddito famigliare (ignorato ingiustamente, a mio avviso, dal sistema fiscale italiano) siano uno o più redditi: che i 50.000 li guadagni uno solo dei membri della famiglia o che essi siano divisi tra due componenti, in 20.000 e 30.000, la tassa sarebbe comunque pari a 7.500 €.

Il sistema attuale al contrario penalizza le famiglie monoreddito. Sempre per stare al reddito complessivo di 50.000 € che oggi è tassato per 15.320 €, la somma delle imposte per i redditi di 20.000 € (4.800 €) e di 30.000 € (7.720 €) è inferiore alla precedente e pari a 12.520 €. Ad onor del vero va detto che in un nucleo famigliare con due percettori di reddito, le spese sostenute (trasporti ecc.) sono in generale maggiori, ma all’aumentare del reddito famigliare complessivo, proprio in ragione della peraltro giusta progressività del sistema attuale delle aliquote, la differenza tende a crescere, a svantaggio delle famiglie monoreddito.

Commenti dei lettori

A me pare assurdo che le attuali opposizioni, specie quelle che si definiscono di sinistra, non gridino nè facciano sentire i loro sacrosanti strepiti per una “santificazione” di un obbrobrio grande come una casa come la “flat tax”. Forse ha ragione Landini quando afferma che, se una cosa è denominata in inglese, sicuramente nasconde una inchiappettata. Spero che da quando Salvini l’ha ripetutamente tradotta in italiano “Tassa piatta” la gente cominci ad accorgersi della fregatura. Io confido che l’autogoal (prima l’italiano) di Salvini, faccia il suo corso.

#1 
Scritto da Umberto Tadolini il 9 aprile, 2019 @ 16:08

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