Crisi di governo. Seconda puntata
Ad una settimana esatta dal mio precedente post, aggiorno la situazione della crisi rifacendomi a quanto avevo scritto venerdì scorso (16 agosto) e verificando l’esattezza (o meno) delle mie previsioni.
1) Il premier Conte ha in effetti attaccato duramente e motivatamente Matteo Salvini nel suo intervento in Senato, addossandogli la responsabilità della crisi che si è aperta attraverso le dimissioni dello stesso Conte, presentate al Capo dello Stato la sera stessa del 20 agosto.
2) Salvini, pur dichiarandosi favorevole e pronto al voto, ha cercato di recuperare un rapporto con il M5S, arrivando fino ad offrire a Di Maio (in occasione delle consultazioni di Mattarella il 22 agosto) il ruolo di Presidente del Consiglio, dimostrandosi così incerto e tutt’altro che sicuro della scelta fatta di sfiduciare il governo Conte. In ogni caso la prospettiva di una riedizione del governo gialloverde si conferma del tutto priva di fondamento.
3) PD e M5S hanno cinque giorni di tempo (salvo breve proroga concessa da Mattarella) per provare a costruire una proposta di governo politico che duri per il resto della legislatura. Mi ero dichiarato favorevole a questa soluzione pur considerandola non facile da realizzare. Confermo questo giudizio alla luce delle dichiarazioni rese dalle delegazioni dei due partiti dopo l’incontro con il Presidente della Repubblica.
Zingaretti ha enunciato 5 punti programmatici (approvati all’unanimità dalla direzione del PD) sui quali verificare l’intesa con il M5S: su questi, in verità, l’accordo non dovrebbe essere difficile. Viene anche richiesta, comprensibilmente, una discontinuità con il governo gialloverde, soprattutto, immagino, in termini di protagonisti, a cominciare dal premier. A tali punti Zingaretti ne ha poi aggiunti altri 3 (abolizione dei decreti sicurezza, ridiscussione della riduzione dei parlamentari ed accordo preventivo sulla manovra economica) i primi due dei quali appaiono più difficili da digerire da parte dei grillini.
Di Maio, da parte sua, dopo l’incontro con Mattarella ha letto un decalogo assai particolareggiato di obiettivi irrinunciabili (?) per il movimento tra i quali alcuni (acqua pubblica, no alle trivelle ed agl’inceneritori) mi sembrano “identitari” e “di bandiera” ma di fatto accantonabili con una certa facilità. Viene tenuto fermo l’obiettivo della riduzione dei parlamentari, che rappresenta forse lo scoglio principale nella trattativa.
Per concludere. Se c’è una forte volontà politica di trovare un accordo tutto è superabile e l’accordo si trova con le necessarie mediazioni e rinunce reciproche. Molto dipende anche, a questo punto, dai nomi che dovranno occupare i ministeri dell’eventuale governo giallorosso.
Il mio “auspicio dubbioso” circa una soluzione positiva della crisi rimane immutato.
4) L’alternativa, in caso di mancato accordo, resta un governo tecnico-elettorale per accompagnare il paese al voto a fine ottobre/primi di novembre.