Come va il governo Contebis?
Nel mio ultimo post scritto a metà settembre, poco dopo il varo del governo giallorosso (o giallorosa) paragonavo il governo stesso ad un matrimonio nato per interesse comune dei due contraenti (evitare le elezioni allontanando il rischio “Salvini”) ed obbligato tuttavia, per poter durare fino alla fine della legislatura (compresa l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica) a darsi programma ed obiettivi comuni (magari di chiaro profilo riformista), mettendo da parte ricerca di visibilità e rivendicazione di meriti di parte/partito.
Se guardiamo a queste prime settimane di vita dell’esecutivo guidato da Giuseppe Conte, caratterizzate dalla stesura della manovra 2020, non c’è da essere ottimisti.
Il M5S attraverso il suo capo politico Di Maio, in difficoltà all’interno, non perde occasione per fare la voce grossa nei confronti del PD ed anche del premier Conte, senza peraltro che sia chiaro il profilo di questa forza politica che continua a dichiararsi né di destra né di sinistra: altro che coalizione di centrosinistra! Anche le possibili alleanze tra M5S e PD a livello regionale sembrano rispondere ad una logica del “caso per caso” e del “quando conviene ad entrambi” piuttosto che ad una stabile convergenza programmatica che riproduca uno schema bipolare tra centrodestra e centrosinistra.
Il PD da parte sua sta dando prova di un senso di responsabilità perfino imbarazzante e che sconfina nella subalternità al M5S. Nè il timido e bonario Zingaretti né Franceschini (che appare sempre di più il vero leader del partito) sembrano in grado di condizionare l’alleato e l’azione di governo.
Ceduto sul taglio dei parlamentari (senza effettive garanzie dei necessari contrappesi nei regolamenti e nella legge elettorale) non si vede ancora segno di una effettiva discontinuità tra governi Conte2 e Conte1: di modifiche ai decreti sicurezza e di jus culturae non si parla, di modifiche sostanziali a reddito di cittadinanza e quota 100 nemmeno. D’altra parte non è facile un drastico cambiamento di rotta con un Presidente del Consiglio che è il medesimo di prima e che sta dando prova di una indubbia abilità e capacità di galleggiamento, senza un proprio partito alle spalle ma con un largo consenso nel paese e con simpatie politiche un po’ da ogni parte (dalla CGIL alla Confindustria, da Leu a Fratelli d’Italia) conquistate grazie ai suoi modi “felpati” di “avvocato del popolo”.
Qualche accenno agli altri partiti che sostengono il governo.
Italia Viva di Matteo Renzi ha un grande bisogno di consolidarsi e di crescere nei consensi, togliendo elettori un po’ al PD ed un po’ ai delusi di Forza Italia. Per fare questo ha bisogno a sua volta di visibilità: le richieste avanzate sulla manovra (eliminazione di quota 100 le cui risorse andrebbero destinate a lavoratori e famiglie, no a qualunque tassa aggiuntiva ecc.) rispondono a questo scopo, senza peraltro tirare troppo la corda di un governo di cui in qualche modo Renzi è stato la levatrice.
E che dire di Leu? Non si era mai vista una sinistra estrema (?) così accomodante e silenziosa. Bertinotti e Rifondazione comunista sono ormai un lontano ricordo.
Per concludere, restando sempre nel campo del centrosinistra, a parte gruppi assolutamente minoritari o indecifrabili (come i Verdi) restano +Europa della Bonino e Siamo europei di Calenda, partiti/movimenti che dovrebbero unirsi, anche se non è detto, vista la forte personalità dei due leaders.
Di fronte a questo panorama il vostro scriba (cioè il sottoscritto) non cambia (ci mancherebbe!) la sua collocazione nel centrosinistra, resta affezionato (anche se alquanto deluso) al PD, guarda con simpatia (nonostante tutto) a Matteo Renzi ed ammira (per la sua coerenza che rasenta il suicidio), Carlo Calenda.