Le politiche per la famiglia

Questo post è stato scritto da Paolo Natali il 24 novembre, 2019

Politiche per la famiglia

Di recente ho presentato una relazione sul tema delle Politiche per la famiglia.

Ci sono due aspetti, due suggestioni significative che mi riprometto di sviluppare.

1) Cos’è la famiglia ?

2) Famiglia e natalità.

1.0) Cos’è la famiglia ?

La risposta a questa domanda, non è difficile per un credente cittadino italiano: infatti la si trova, identica, nel paragrafo 253 del Compendio della dottrina sociale della Chiesa e nell’art. 29 della Costituzione che definiscono entrambi in modo concorde, la famiglia come società naturale fondata sul matrimonio.

Dovendo ragionare di politiche famigliari, ho tuttavia provato a chiedermi cosa sia la famiglia per la politica o in altri termini quale immagine abbia la politica della famiglia.

Il risultato è sconcertante nel senso che dalle leggi, dalle delibere, dai regolamenti (che sono la voce attraverso cui la politica si esprime) la famiglia risulta un fantasma (nel senso che non esiste) o, al massimo, emerge come famiglia anagrafica, e cioè: un insieme di persone legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinità (“il parente di uno dei due coniugi è affine all’altro”), adozione, tutela o da vincoli affettivi, coabitanti ed aventi dimora abituale nello stesso comune. Una famiglia può essere costituita anche soltanto da una persona.

Insomma, la famiglia fondata sul matrimonio non esiste, è completamente dimenticata (o quasi).

Qualche esempio per provare la mia affermazione.

In materia fiscale, come è noto, il contribuente è l’individuo, senza alcuna considerazione, per determinare la tassazione, del reddito famigliare e del numero dei famigliari a carico: il quoziente familiare resta un tabù.

Un’eccezione in verità è rappresentata dall’ISEE (Indicatore della situazione economica equivalente) che serve per determinare l’accesso a bonus, servizi o prestazioni sociali agevolate e che viene calcolato tenendo conto sia dei redditi e delle rendite attribuibili ad un determinato nucleo familiare anagrafico sia del numero dei suoi componenti.

Un altro esempio, tra i tanti che si potrebbero fare, riguarda gli 80 € del cosiddetto “bonus Renzi”: due lavoratori, coniugati o conviventi poco importa, i cui redditi individuali stanno sotto la soglia fissata ricevono entrambi il bonus mensile. Una famiglia nella quale un solo coniuge o convivente lavora e supera anche di poco la soglia non prende nulla. Il medesimo criterio verrà adottato per l’attribuzione del bonus 2020 derivante dalla riduzione del cuneo fiscale.

In verità esiste qualche sporadica eccezione alla tesi che sto sostenendo (come la pensione di reversibilità) eccezione che, come si dice, conferma la regola.

Mi sono chiesto quale sia la ragione di questo radicale divorzio tra politica (di ogni colore) e famiglia fondata sul matrimonio. Tra le risposte possibili, una: penso che sia avvenuta una sorta di trascinamento per cui il fatto che, com’è giusto, non è possibile fare discriminazioni tra figli di coppie coniugate e figli nati fuori dal matrimonio1 (art.30 della Costituzione: La legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima.) produca di fatto un’indifferenza della politica rispetto ai due tipi di famiglia (costituzionale ed anagrafica).

Prima di passare ai punti di ricaduta restano ancora due brevi considerazioni.

a) Viviamo in una società nella quale domina la precarietà, ma mentre in materia di lavoro la politica cerca, anche se con risultati contraddittori, di limitare la precarietà, favorendo i contratti a tempo indeterminato, per quanto riguarda le politiche famigliari (mi si consenta il paragone) nulla viene fatto per incentivare rapporti stabili (almeno nelle premesse e nelle intenzioni) rispetto alle convivenze.

b) La ragione per cui avrebbe un senso che lo Stato favorisse in qualche misura (o, almeno non danneggiasse, come capita oggi) le famiglie fondate sul matrimonio anziché le convivenze non è di carattere morale ma consiste nell’apprezzamento della scelta e della volontà degli sposi di dare evidenza pubblica al proprio legame, di assumersi una responsabilità di carattere sociale, di affermare concretamente il valore sociale della famiglia. E’ dal momento in cui assume pubblicamente dei doveri che la famiglia può legittimamente rivendicare dei diritti.

1.1) PUNTI DI RICADUTA:

a) EDUCATIVO E CATECHETICO:

Nei percorsi di catechesi post cresima ed adolescenti (ambiti zonali) e di catechesi prematrimoniale, negl’itinerari formativi dell’associazionismo giovanile cattolico e nell’educazione familiare mettere in evidenza il valore sociale della famiglia fondata sul matrimonio, con le motivazioni ricordate sopra (assunzione di responsabilità pubblica, dare evidenza pubblica, soggetto di diritti in quanto assume dei doveri).

b) SEGNI E SUGGESTIONI OPERATIVE E POLITICHE:

Il tema sollevato non è molto popolare ma penso che debba interrogarci e che meriti una risposta dalla politica.

Col fatto (giusto) che non si possono penalizzare i figli nati fuori dal matrimonio , si parifica sostanzialmente convivenza e famiglia anagrafica a famiglia fondata sul matrimonio, ma non dovrebbe essere così, a partire dal piano culturale.

Riprendo le suggestioni:

Promuovere (o almeno non danneggiare) le famiglie fondate sul matrimonio (riconoscerne il valore sociale), soprattutto quelle numerose (Costituzione).

Fisco che considera l’individuo e non la famiglia (rilancio del quoziente famigliare).

Alcune proposte:

Favorire le coppie giovani sposate rispetto a quelle conviventi nelle assegnazioni delle case popolari (scusandomi per l’autocitazione vorrei ricordare la vicenda di un mio Ordine del giorno in Cons.comunale di Bologna sulle Politiche famigliari del dicembre 2007: si parlava di ISEE, tariffe comunali, nidi, Family card, punteggi case popolari giovani coppie coniugate ecc. Tutto approvato meno quest’ultimo ).

Un altro caso: Bando del comune di Bologna per i contributi per l’affitto.Tra le novità del bando 2019, la combinazione di tre fattori alla base della graduatoria. Le domande saranno collocate in apposita graduatoria, in ordine decrescente, sulla base di tre parametri: a) incidenza del canone di locazione sul valore ISEE (peso 60/100); b) età del richiedente (se unico componente del nucleo Isee), o di almeno uno dei coniugi, o uno dei componenti dell’Unione Civile o della convivenza di fatto (purché componente del nucleo ISEE) - ai sensi della Legge 20 Maggio 2016, n. 76 - inferiore o uguale a 35 anni (peso 30/100);
c) presenza di minori di anni 18 a carico, all’interno del nucleo ISEE richiedente (peso 10/100).

Un’ultima suggestione un po’ curiosa: i corsi (volontari) di preparazione al matrimonio per chi si sposa in Comune.

2.0) Famiglia e natalità.

I dati statistici sulla natalità configurano per il nostro paese una situazione sempre più grave.

La crisi demografica è causa e conseguenza della difficoltà del paese a costruire un futuro migliore.

Un’adeguata presenza qualitativa e quantitativa delle nuove generazioni è fondamentale: non investire su questo ci rende più poveri.

Le nascite in Italia non hanno conosciuto alcuna ripresa dopo il superamento della crisi economica, fino a toccare il minimo di 449.000 nel 2018.

Francia e Scandinavia: 2 nati per donna.Sono paesi che avevano quozienti bassi ma che poi si sono portati verso i 2. Paesi come il nostro non fanno che peggiorare.Siamo sotto 1,5 dal 1984.

Nel 2008 la Germania aveva un tasso più basso dell’Italia (1,38 contro 1,45). Noi abbiamo continuato a non fare nulla ed il tasso è calato. In Germania hanno investito tutte le risorse necessarie sui servizi all’infanzia e gli effetti si sono visti. Berlino è addirittura meglio di Parigi in questo senso. Lì hai la certezza che se hai un figlio hai tutte le informazioni necessarie e tutti gli aiuti necessari.

Anche Bolzano (2 figli per donna) è riuscita a trasmettere ai cittadini la certezza che se hai un figlio troverai tutte le informazioni ed i servizi di cui hai bisogno. Nel resto del paese non è così.

In Emilia Romagna c’era stata una crescita fino ad 1,5 ma poi anche qui si sta calando.

Resta comunque alto il desiderio di maternità.

In un mondo ideale quanti figli vorresti avere ?” Tanto in Italia che in Francia la risposta è 2 (in Italia addirittura un po’ più alta che in Francia).

E in concreto? Pensando alla realtà?” La risposta è 1,5.

Cos’è che frena?

1) difficoltà dei giovani a rendersi indipendenti e ad uscire di casa: chi ci prova rischia la povertà assoluta (non c’è un sistema accogliente per chi fa questa scelta).

2) scelta di lavorare e di fare figli per la donna non collimano e non si integrano, benchè le statistiche ci dicano che dove è alto il tasso di lavoro femminile è alto anche il quoziente di natalità (ovviamente c’è bisogno di politiche di sostegno). In Italia non è così ma a Bolzano i due fattori sono alti.

3) la scelta di avere figli deve essere economicamente sostenibile.

Sono età e ragioni economiche le due cause principali della bassa natalità.

I costi diretti di un figlio dalla nascita alla maggiore età sono assai elevati.

Abbiamo sempre meno donne in età fertile, effetto del calo delle nascite del passato.

Siamo sempre più poveri di bambini e con bambini più poveri (lo confermano statistiche recenti di Save the childrens).

C’è carenza di politiche familiari adeguate che comprendano sostegno al reddito e politiche di conciliazione famiglia/lavoro.

Ciò che non abbiamo fatto in passato ora andrebbe fatto al quadrato.

Le difficoltà sono ormai introiettate, ma l’energia positiva i giovani ce l’hanno e si tratta di ricreare un atteggiamento psicologico diverso e più ottimista con misure che provochino un’inversione di tendenza, anche sul piano culturale.

Occorre tornare ad incoraggiare e sostenere le scelte di maternità.

Ma come si fa a fare politiche familiari che hanno effetti a medio/lungo termine in un paese dove ogni anno c’è un governo nuovo?

2.1) PUNTI DI RICADUTA.

a) EDUCATIVO E CATECHETICO

Nei percorsi di catechesi post cresima ed adolescenti (ambiti zonali) e di catechesi prematrimoniale, negl’itinerari formativi dell’associazionismo giovanile cattolico e nell’educazione familiare, oltre al valore umano e cristiano della fecondità coniugale rendere espliciti i problemi e gli squilbri sociali derivanti dal calo delle nascite, senza trascurare gli effetti positivi dell’immigrazione sulla demografia.

b) SEGNI E SUGGESTIONI OPERATIVE E POLITICHE:

Dalle fonti e dal commento di cui sopra nasce un invito pressante alla politica affinchè si liberi una buona volta dalla miopia e dagl’interessi particolari guardando davvero al bene del paese con coraggio e lungimiranza, assumendo misure in materia economica, fiscale, di welfare e di servizi, in grado d’ invertire il preoccupante trend di denatalità che interessa l’Italia, attraverso una vera e propria scossa di carattere culturale.

Servono insomma misure forti che utilizzino le risorse già destinate alla famiglia, disperse in provvedimenti parziali ed estemporanei (premio nascita, bonus bebè, bonus nido ecc.) o comunque inadeguate (assegni familiari e detrazioni per figli a carico), integrandole con ulteriori e significative risorse recuperate anche da misure costose e discutibili (come Quota 100) e concentrandole su poche misure.

Di questo si è parlato più che in altri anni in sede di discussione della legge di stabilità per il 2020, anche su sollecitazione e su proposte del Forum delle famiglie.

Si sono sentiti al riguardo innumerevoli annunci e smentite, a scadenza pressoche quotidiana. La legge (d’instabilità ?) dovrà passare ancora al vaglio del Parlamento. Pare comunque che per il 2020, tenuto conto della limitatezza delle risorse disponibili, non si riuscirà ad andare oltre un nuovo bonus bebè per ogni figlio nato o adottato nel corso del prossimo anno, un raddoppio del voucher per gli asili nido (da 1500 a 3000 €) a favore delle famiglie con un ISEE inferiore ai 25000 € annui, un aumento del congedo di paternità da 5 a 7 giorni, ed un fondo per la costruzione di nuovi asili nido, rinviando all’anno successivo la misura più significativa, vale a dire un riassetto complessivo di tutti gl’interventi a favore della famiglia e della natalità, che razionalizzi i vari bonus e che preveda l’introduzione di un assegno universale mensile di 240€ per ogni figlio fino ai 18 anni (ovviamente con decalage in base al reddito) e che comprenda anche gli autonomi e gl’incapienti.

Segnalo infine, sul piano locale, i provvedimenti a favore della famiglia preannunciati dal Sindaco Merola, espicitamente collegati al lavoro femminile e ad una ripresa della natalità: sconti sulle rette dei nidi comunali fino ad un ISEE di 35.000€, sconti sulla refezione scolastica e sulla Tari, modulati in ragione del numero dei figli e, per quanto riguarda la Tari, fino ad un ISEE di 26.000€.

1A Bologna su 10 bambini 4 nascono fuori dal matrimonio e questo numero tende a crescere, insieme con il calo dei matrimoni.

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