Spigolature politiche
Qualche considerazione politica attorno a 4 temi:
Movimento 5 stelle, elezioni in Emilia Romagna, Partito democratico, Sardine.
1) Cominciamo dal Movimento 5 stelle
La crisi del M5S è del tutto evidente e viene ammessa perfino dal suo capo politico che, se avesse un minimo di coerenza, avrebbe già dovuto dimettersi da tempo (oltre all’inadeguatezza politica è palese il fatto che Di Maio non riesce a svolgere insieme il ruolo di capo politico e quello di ministro, dello Sviluppo Economico e del Lavoro nel governo gialloverde e addirittura degli Esteri nel governo attuale). Stanno venendo al pettine tutti i nodi di un non-partito, privo di una struttura organizzativa trasparente, sia al centro che a livello locale, fautore di una democrazia diretta (governata da una società privata) che mostra ogni giorno di più il suo velleitarismo, cresciuto a dismisura sulla base di un profilo di protesta, di rabbia, d’indignazione e di opposizione, costretto, una volta chiamato a responsabilità di governo, a fare i conti con la realtà, con tutte le incertezze, contraddizioni e divisioni del caso. Infine, ma si potrebbe proseguire a lungo, l’insistente dichiararsi “nè di destra né di sinistra” si è rivelato, una volta a confronto con decisioni di governo da assumere, un’ autentica mistificazione: la duplice esperienza di governo, prima con la destra ed ora con la sinistra, fa emergere nel movimento, una linea di destra ed una di sinistra, con esponenti che propendono per l’una ed esponenti che propendono per l’altra. Tutto ciò non potrà non avere conseguenze laceranti fino ad una probabile (e per certo versi auspicabile) scissione, a favore della chiarezza e di un nuovo bipolarismo.
2) Le elezioni regionali in Emilia Romagna si avvicinano.
L’esito delle imminenti elezioni regionali in Emilia Romagna (si vota il prossimo 26 gennaio) avrà certamente grosse ripercussioni sul quadro politico nazionale e sull’assetto delle forze politiche.
Il M5S, al momento in cui scrivo queste note, ha scelto, sulla base del pronunciamento sulla piattaforma Rousseau di una minoranza d’ iscritti, di presentare una propria lista, mentre non è ancora chiaro se verrà anche presentato un proprio candidato/a governatore oppure se si appoggerà Stefano Bonaccini, governatore in carica e candidato del centrosinistra: anche su questo il M5S è diviso.
Personalmente sono fiducioso nella vittoria di Bonaccini, non soltanto perchè la Regione Emilia Romagna è stata bene amministrata, ma anche perchè il sistema elettorale gioca, a mio avviso, a suo favore. I diversi candidati a governatore saranno sostenuti da una o più liste: così accadrà per Bonaccini e per la Borgonzoni, candidata della Lega, di FdI e di FI. Tuttavia la vittoria andrà al candidato che avrà ottenuto il maggior numero di voti che non sono rappresentati dalla somma dei voti riportati dalle liste in quanto è possibile il voto disgiunto, cioè votare per una lista e per un candidato sostenuto da una diversa coalizione. In questo dovrebbe pesare la maggiore notorietà e stima personale (per competenza ed affidabilità) di cui gode Bonaccini rispetto alla Borgonzoni, come tutti i sondaggi dimostrano. Credo che la coalizione di centrosinistra sarà più coesa nel sostenere Bonaccini mentre ho la sensazione che nel centrodestra si potranno manifestare defezioni da parte degli elettori di FdI e di FI, oltre che, probabilmente, del M5S, portati a dare un voto “utile”. Le liste a sostegno del governatore eletto avranno comunque 27 seggi su 50.
Ciò detto, ritengo che la contesa elettorale sarà durissima: non basterà invocare soltanto il “buon governo”, magari in modo un po’ spocchioso e da “primi della classe” indiscussi. Le ultime elezioni amministrative a Ferrara, Forlì ed Imola, con la sconfitta del centrosinistra, sono lì a dimostrarci che occorre anche umiltà e riconoscere esplicitamente ciò che va migliorato, assumendo impegni programmatici al riguardo. E comunque in molte persone si può manifestare, dopo decenni di ininterrotto governo di centrosinistra, un desiderio anche irrazionale, ma legittimo, di cambiamento, al grido di “fuori i soliti” soprattutto se la classe di governo non dà la sensazione di essere capace di un profondo rinnovamento.
3)E veniamo al PD
A livello nazionale il partito sta cercando, con il consueto senso di responsabilità e con una comprovata cultura di governo, di portare avanti questa difficile esperienza di governo con il M5S, volta a ridare al paese un ruolo nel contesto europeo, a gestire una situazione economica e sociale difficile e ad evitare, almeno nell’immediato, elezioni che darebbero con ogni probabilità la vittoria ad una destra egemonizzata da Salvini, con tutte le prospettive e conseguenze negative del caso. Tutto ciò è reso difficile dalla inaffidabilità del M5S che non sembra disponibile ad una vera alleanza politica, né al centro né in periferia e che cerca soltanto di “portare a casa” qualche provvedimento di carattere identitario come la riduzione del numero dei parlamentari. Un’altra difficoltà per il PD è rappresentata dalle recenti scissioni di Italia Viva (Renzi, per il quale avevo stima ed apprezzamento, penso abbia fatto male i suoi conti e rischia soltanto d’ indebolire il campo del centrosinistra) e Calenda (a cui riconosco competenza, coraggio ed onestà ma anche un’impazienza che temo ne segnerà purtroppo la fine politica). Se il governo non riuscirà in tempi brevi a segnare un’ effettiva discontinuità rispetto al Conte1, attraverso politiche economiche, fiscali, migratorie, sulla sicurezza di segno progressista, penso verrà meno la ragione fondante di questa esperienza e sarà meglio affrontare con coraggio e determinazione la sfida elettorale.
Ma il Pd ha anche ormai, secondo me, un problema di classe dirigente, che è forse più evidente a livello locale che nazionale, soprattutto dove governa da lungo tempo, come a Bologna ed in Emilia Romagna. Mi riferisco non tanto agli amministratori ma ai politici in senso stretto. Sarà che sono reduce da un’assemblea degl’iscritti a livello di quartiere, convocata nell’imminenza delle elezioni regionali, dove sia l’introduzione che gl’interventi, nella maggior parte dei casi, cercavano di dare un quadro idilliaco della situazione regionale (un trionfalismo imbarazzante e del tutto fuori luogo visto che i presenti voteranno tutti per Bonaccini) ma soprattutto si preoccupavano di indicare i medesimi due nominativi per il voto di preferenza (frutto palesemente di una iniziativa “spintanea”).
Al di fuori delle scadenze elettorali l’iniziativa politica (incontri, dibattiti, assemblee, banchetti….) è da tempo assai carente. Il ceto politico (anche e forse soprattutto quello giovanile) pare innanzitutto attento al proprio destino personale, non curandosi talvolta di dare continuità al ruolo amministrativo ricoperto (la vicenda del comune di Imola è esemplare da questo punto di vista).
Il maggiore impegno sembra posto nella organizzazione della tombola e dei pranzi/cene di autofinanziamento. Anche al tesseramento non sembra venga dedicata particolare attenzione.
E così, un bel giorno
4) A Bologna spuntano tante sardine
E’ stata una bella sorpresa per i dirigenti e per gli elettori di centrosinistra assistere al successo di questa iniziativa civica autoconvocata che da Bologna sta diffondendosi in tutto il paese, un’iniziativa davvero popolare per esprimere la volontà di opporsi in modo pacifico ma determinato al populismo ed al sovranismo di Salvini e della destra e per ringraziare, incoraggiare e sostenere i Politici con la P maiuscola che antepongono il servizio al proprio interesse personale. Quello che mi colpisce di più è che:
I promotori sono giovani ma lo spirito del manifesto è intergenerazionale.
Sono giovani che hanno scelto di impegnarsi nel proprio paese.
Non indulgono all’antipolitica, che va tanto di moda, ma promuovono la buona Politica.
Danno un efficace e bell’ esempio di partecipazione, mettendoci un impegno personale e mostrando che la cosa pubblica (la res publica) a loro interessa (ricordate l’ I care di don Milani): è probabile che questi giovani la partecipazione l’abbiano appresa attraverso quelle tante esperienze e buone pratiche che a Bologna si possono fare (quartieri, cittadinanza attiva, comitati, bilancio partecipativo ecc.).
Di fronte al movimento delle sardine lo stato d’animo dei dirigenti di centrosinistra è oscillato tra la soddisfazione (“in Emila Romagna si vince”), l’imbarazzo (“noi non saremmo stati capaci di portare tanta gente in piazza”), il rispetto (“non ci vogliamo mettere sopra il cappello”), l’emulazione (“il 7 dicembre tutti in piazza con le bandiere”), il dubbio (“come tutti i movimenti non avrà continuità”).
Tutti sentimenti comprensibili e legittimi.
L’unico sentimento che non sarebbe ammissibile è la deresponsabilizzazione.
Credo che dalle sardine dobbiamo tutti imparare lo stile gioioso, ironico e pacato, e raccogliere l’invito alla partecipazione attiva, a non chiuderci in casa, a non vivere della rendita di un “buon governo”, a praticare e difendere la buona Politica.