La pandemia da coronavirus: un segno dei tempi
Il 7 dicembre 1965 venne approvato l’ultimo documento del Concilio Ecumenico Vaticano II, la Costituzione dogmatica “Gaudium et spes”, sulla Chiesa nel mondo contemporaneo.
Vorrei riportare testualmente la conclusione del paragrafo n.3 e l’inizio del paragrafo n.4, dove compare l’espressione “segni dei tempi” che ritengo sia stata una delle principali illuminazioni del Concilio.
…….Nessuna ambizione terrena spinge la Chiesa; essa mira a questo solo: continuare, sotto la guida dello Spirito consolatore, l’opera stessa di Cristo, il quale è venuto nel mondo a rendere testimonianza alla verità, a salvare e non a condannare, a servire e non ad essere servito .
LA CONDIZIONE DELL’UOMO NEL MONDO CONTEMPORANEO
4. Speranze e angosce.
Per svolgere questo compito, è dovere permanente della Chiesa di scrutare i segni dei tempi e di interpretarli alla luce del Vangelo, così che, in modo adatto a ciascuna generazione, possa rispondere ai perenni interrogativi degli uomini sul senso della vita presente e futura e sulle loro relazioni reciproche. Bisogna infatti conoscere e comprendere il mondo in cui viviamo, le sue attese, le sue aspirazioni e il suo carattere spesso drammatico……….
Mi permetto di suggerire la lettura dei paragrafi 4-9 che mi paiono ancora di estrema attualità, benchè scritti oltre mezzo secolo fa.
Io sono convinto che questa pandemia non è un castigo mandato da Dio per punire gli uomini, affinchè si pentano dei loro peccati e si convertano. Ma sono altrettanto convinto che essa è un segno dei tempi, forse il più forte e drammatico dei tempi moderni e che richiede un attento e profondo discernimento per trarne insegnamenti sulle sue cause profonde e, conseguentemente, sul senso della nostra vita e sull’indirizzo da dare ad essa.
Per chi ha fede la creazione è un dono di Dio, un dono che non fa dell’uomo il padrone ma soltanto l’ amministratore del creato e della natura, un affidatario che, grazie alle sue capacità e conoscenze, dovrebbe essere in grado di vivere grazie ai frutti del capitale naturale a sua disposizione, senza intaccarne l’entità.
Questo è l’autentico significato di “sviluppo sostenibile”, termine ormai inflazionato dall’uso ma che secondo la definizione originaria (Brundtland 1987) è “quello che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni”.
Di eventi critici e drammatici l’umanità ne ha conosciuti tanti. Per limitarci all’ultimo secolo mi vengono in mente le due guerre mondiali, l’11 settembre 2001, le crisi economiche del 1929 e del 2008. Questi tuttavia sono eventi nei quali è chiara la responsabilità diretta degli uomini che li hanno provocati così come le indicazioni da trarne per evitare il ripetersi di episodi analoghi.
Se penso invece alle catastrofi naturali (terremoti devastanti, inondazioni distruttive, incendi delle foreste…..), anche quando sono inevitabili e non causati dall’uomo (come nel caso dei terremoti) è comunque sempre possibile e doverosa un’opera di prevenzione per limitarne, se non impedirne in assoluto, i danni.
Ma poi ci sono le epidemie e le pandemie. Qui siamo di fronte ad eventi che si sono ripetuti nel corso della storia umana fin dai tempi antichi (per citarne solo alcune: pestilenze varie, tifo, colera, influenze spagnola ed asiatica, Hiv, influenza suina, fino all’attuale pandemia da coronavirus).
Non sono una scienziato ma credo di poter affermare che l’origine di queste pandemie, almeno delle più recenti, non è del tutto chiara ed inoltre il tempo di ricorrenza di questi eventi si sta a poco a poco abbreviando. Esse poi, a differenza delle altre catastrofi naturali, sono malattie che colpiscono direttamente l’uomo e non sono localizzate ma riguardano, sia pure con effetti diversi, tutto il pianeta.
Ricordano per certi versi altri fenomeni come il riscaldamento globale ed i cambiamenti climatici. Quello che li accomuna mi pare l’essere tutti in qualche misura sintomo di un grave malessere e disordine della natura, e di uno squilibrio nei modi e nei tempi della fruizione del creato da parte dell’uomo-amministratore (altro che sviluppo sostenibile!), che sembra preso da una sorta di delirio di onnipotenza. Ma mentre per il riscaldamento globale e per i cambiamenti climatici siamo di fronte a fenomeni i cui effetti, ancorchè già evidenti (se vogliamo leggerli), non hanno ancora assunto dimensioni catastrofiche (tant’è che c’è ancora chi ritiene che si tratti di una normale e fisiologica fase della vita del pianeta), nelle pandemie (segnatamente in quella attuale) le conseguenze sono immediate e drammatiche in termini di perdita di tante vite umane, anche se oggi abbiamo più mezzi per difenderci rispetto al passato.
E’ come se, di fronte alla insipienza dell’uomo nell’amministrare il patrimonio naturale che gli è stato affidato, proprio la natura stessa s’incaricasse di fare risuonare un campanello di allarme, ripetendolo con sempre maggiore frequenza, nella speranza che l’uomo comprenda ed introduca nei suoi comportamenti sostanziali discontinuità rispetto al passato. Come se l’ecosistema ci dicesse: “Attenzione! Stai andando a sbattere. Datti un po’ una calmata!”
Infatti si sente dire: “Dopo questa pandemia niente sarà come prima, dovremo cambiare strada”. Temo purtroppo che si tratti di propositi un po’ rituali, forse destinati a non trovare seguito effettivo.
Cambiare radicalmente strada dipenderà infatti, in parte dalla coerenza dei comportamenti che ciascuno di noi saprà assumere, in parte dalla lungimiranza delle scelte dei decisori politici ai diversi livelli (mondiale, europeo, nazionale, locale). In entrambi i casi non sono ottimista, perchè i radicali cambiamenti richiesti necessiterebbero, come detto all’inizio, di un sapiente discernimento e di coraggiose e talora scomode decisioni che non mi sembrano, purtroppo, alla nostra portata.
Si dovrebbe fare una sorta di Giubileo, come accadeva presso gli Ebrei antichi: era una festività che ricorreva ogni cinquantesimo anno, santificata con il riposo della terra (per cui erano vietati semina e raccolto), con la restituzione della terra al primitivo proprietario, quando un ricco se ne fosse impossessato, e con la liberazione degli schiavi. Era insomma una sorta di “resettaggio”, un “punto e a capo” che poneva rimedio all’ipersfruttamento della terra ed alle ingiustizie sociali.
Questa pandemia rappresenta davvero per la storia umana un passaggio, una Pasqua, e come la Pasqua c’insegna, da un male estremo può derivare un bene, da una disavventura può anche derivare un’opportunità se sapremo fare tesoro di quanto c’insegnano le diverse situazioni e condizioni che siamo stati costretti a vivere ed a sperimentare in questa inedita circostanza.
Vorrei fare a questo proposito alcuni esempi.
1) Il blocco delle attività imposto dalla necessità di limitare i contagi ha avuto immediati effetti positivi in termini di risanamento ambientale e di miglioramento della biodiversità. Anche gli animali si sono presi un po’ di spazio nelle nostre città. Il legame tra inquinamento ambientale e diffusione del virus va ulteriormente indagato ma è scontato che l’inquinamento atmosferico indebolisce il nostro sistema respiratorio e ci espone maggiormente agli effetti del virus. E’ chiaro che il blocco dovrà essere gradualmente rimosso ma dando alla green economy l’assoluta priorità.
2) E’ da una vita che sento parlare dell’esigenza di modificare gli orari della città (lavoro, scuola, commercio ecc.) in modo da permettere uno scaglionamento delle diverse attività ed evitare concentrazioni ed assembramenti. Sarà davvero la volta buona?
3) Per evitare il congestionamento del traffico privato e del servizio di trasporto pubblico leggo di proposte per incentivare mobilità ciclabile, car e byke sharing, car pooling ecc. Staremo a vedere se ai propositi seguiranno i fatti.
4) Stiamo ancora una volta verificando come la burocrazia sia uno dei principali mali del nostro paese: il finanziamento delle aziende, i contributi alle famiglie in difficoltà ritardano a causa dei numerosi adempimenti richiesti. Si riuscirà finalmente una buona volta a semplificare procedure ed adempimenti amministrativi?
5) La gestione dell’emergenza ha messo in evidenza conflitti di competenze fra Stato e Regioni, fonte di confusione, di ritardi e di incertezza per i cittadini. Al di là d’ improbabili riforme costituzionali che facciano chiarezza, credo che sarà bene accantonare il processo di autonomia differenziata che era stato avviato, che non farebbe che aggiungere ulteriori elementi di confusione.
6) Abbiamo potuto apprezzare, in questa drammatica circostanza, il bene inestimabile rappresentato dal nostro sistema sanitario pubblico e universale. Diventa ora obbligatorio provvedere al suo rafforzamento e miglioramento organizzativo, soprattutto per quanto attiene la prevenzione territoriale.
7) Le RSA (residenze sanitarie assistenziali) sono state luogo di particolare diffusione del contagio e di elevato tasso di mortalità (poco meno di metà dei decessi a livello europeo si sono verificati in queste strutture). Al di là degli errori che possono essere stati compiuti dai responsabili sanitari, mi pare che le drammatiche storie che abbiamo sentito in questi giorni confermino che, a meno di situazioni di effettiva impossibilità, è di gran lunga preferibile che le persone anziane restino presso il loro domicilio, con i necessari supporti ed aiuti.
Quanto accaduto negl’istituti penitenziali conferma la necessità, anche in tempi normali, di ricorrere, ogni volta che sia possibile e consentito, alle misure alternative al carcere.
9) Le cronache dedicate in misura pressochè totale alla pandemia hanno ricondotto il problema dell’immigrazione al suo peso reale. Piuttosto è emersa la necessità, che spero possa trovare attuazione, di una regolarizzazione a sanatoria di tutti gl’immigrati che vengono impiegati in agricoltura (vittime del caporalato) e di quelli/e che assistono a domicilio i nostri anziani (cfr.n.7).
10) Le scuole chiuse hanno portato in primo piano il tema dell’ e-learning, che meriterebbe una riflessione approfondita (impreparazione del sistema scolastico, differenze tra scuola e scuola e tra studente e studente con conseguente accentuazione delle differenze di opportunità ecc.). La prima lezione da trarne dovrebbe essere almeno quella di fornire strumenti adeguati a tutti coloro che ne sono privi.
11) Di questi tempi si è fatto ampio uso di teleconferenze e telechiamate per consentire l’effettuazione di riunioni, lavoro a distanza, incontri amicali ecc. Lo smartworking dovrebbe comunque in futuro essere utilizzato in misura più ampia che in passato anche come strumento per decongestionare i sistemi di mobilità (n.3). Ma pure quando si potrà di nuovo ritrovarsi fisicamente insieme, l’utilizzo di questi strumenti potrebbe essere mantenuto per consentire la presenza anche a chi fosse fisicamente impedito, ad esempio (ma non solo) per le assenze scolastiche.
12) C’è stata una riscoperta della dimensione “condominiale” e dei balconi come occasioni di socializzazione e di relazione. Anche questo dovrebbe essere acquisito in permanenza.
13) Il forzato digiuno dall’Eucarestia e dalla partecipazione fisica alla Messa nell’ambito della propria comunità parrocchiale è stato certamente doloroso, così come la mancata celebrazione delle esequie e l’impossibilità di dare l’estremo saluto ai propri cari vittime dell’epidemia. Non si è tuttavia interrotta la comunione spirituale ed il legame con il Signore, che resta essenzialmente un fatto interiore. Inoltre la partecipazione per via telematica alle celebrazioni del nostro Vescovo o del Papa ha consentito un recupero della dimensione ecclesiale diocesana ed universale che nella “vita normale” rischiavano l’irrilevanza.
14) Essere costretti a rimanere in casa per un lungo periodo di tempo con i luoghi di lavoro e le scuole chiuse ha rivoluzionato le nostre giornate. Le case, di norma vuote per larga parte del giorno, hanno assunto un ruolo centrale e multifunzionale nella vita famigliare, sono divenute contemporaneamente ufficio, scuola, chiesa, ristorante, palestra, cinema….. Questo ha certamente messo alla prova i rapporti famigliari, con esiti potenzialmente diversi, dipendenti, almeno in parte, dalle opportunità a disposizione di ciascuno (dimensioni della casa e numero degli ambienti, disponibilità di strumenti informatici a disposizione per scuola e lavoro a distanza ecc.). Non mi nascondo che la prolungata convivenza forzata possa essere stata motivo di tensione e di scontro ma amo immaginare che, al contrario, sia stato di grande soddisfazione poter passare insieme più tempo del solito, sia tra sposi che tra genitori e figli, poter mangiare più spesso insieme, fare insieme qualcosa di piacevole, condividere in modo più equilibrato i carichi famigliari tra i diversi componenti e che di questa felice esperienza possa rimanere qualcosa in futuro.
15) La gravissima crisi economica conseguente all’epidemia da coronavirus sta già avendo ed avrà ancora per lungo tempo in futuro conseguenze devastanti sulla vita di tante persone che faticheranno ad avere le risorse necessarie per una vita dignitosa. Questo è quindi il momento in cui il sistema pubblico deve intervenire massicciamente per venire incontro a queste necessità. Ma anche i singoli cittadini che fortunatamente non sono toccati, se non in modo sopportabile, dalla crisi economica, dovrebbero intervenire sia con gesti di solidarietà diretta nei confronti di chi versa in situazioni di bisogno, sia se, come temo, sarà necessario, assecondando misure fiscali rese necessarie dal debito pubblico italiano, destinato in questa occasione a dilatarsi, al di là degli auspicabili interventi di sostegno a livello europeo. Sono consapevole della impopolarità di un discorso come questo ma su questo aspetto si gioca la risposta al dilemma: “Dopo questa pandemia saremo migliori o peggiori di prima?” Il capitale sociale del nostro paese sarà aumentato per una iniezione di solidarietà o sarà diminuito per un rigurgito di egoismo?
Conclusione. Delle tre misure fondamentali che stanno caratterizzando questo periodo di contenimento del contagio, una (lavarsi spesso le mani) sarà bene acquisirla in via permanente in quanto saggia norma d’igiene, un’altra (usare la mascherina) dovrebbe cadere almeno nel momento in cui si potrà finalmente considerare vinta la pandemia, grazie a farmaci efficaci e/o alla disponibilità del vaccino, la terza mi pare quella più insidiosa e carica di valenza simbolica. Quando prima o poi (speriamo presto) verrà meno l’obbligo di “distanziamento sociale” (che sarebbe meglio circoscrivere come “distanziamento fisico”), mi auguro che si riesca subito a cancellare dalla nostra mente e dal nostro cuore quel sentimento di diffidenza, di sospetto e di timore che al distanziamento si accompagnava e si possa ritornare a “darsi una mano” ed a “farsi prossimo agli altri”, atteggiamenti che non esprimono soltanto vicinanza fisica ma anche solidarietà, condivisione e dono di sé. Siamo esseri di relazione, non dobbiamo dimenticarlo.
Tralascio per brevità i successivi approfondimenti del concetto di “sviluppo sostenibile” come le tre condizioni di Daly (1991) e le tre dimensioni della sostenibilità (ambientale, economica e sociale).
Commenti dei lettori
Grazie Paolo della articolata e pacata riflessione. Personalmente la condivido totalmente. Aggiungo al tuo punto 13 che questa è anche un’occasione per tornare all’essenziale della nostra fede, prendendo atto che i riti, se svuotati del loro significato, servono a ben poco.
Inoltre anche io sono curioso di vedere cosa rimarrà “dopo” di tutti questi “segni positivi”. La memoria sembra sempre labile!!
Grazie padre Bruno. Speriamo che prevalga la volontà di bene.
Caro Paolo,concordiamo in massima parte con le tue riflessioni, in particolare sull’argomento lavoro/trasporti pensiamo che forse si riuscirà ad attuare qualcosa di positivo
se si darà priorità al lavoro anzichè al profitto.
Perplessità sul miglioramento della burocrazia quando si pensa di dare un sostegno alle imprese e non di saldare i debiti che lo stato ha con molte di esse, continuando i politici a litigare e fare distinguo invece di collaborare per il bene del paese.
Anche i conflitti di competenze non sono facili da dirimere se anche il nostro Bonaccini insiste per fare riaperture diverse da quanto proposto dal governo, e i Vescovi si sentono defraudati di potere decisionale mentre il Papa stamattina ha parlato di “prudenza e obbedienza” e in realtà parte del popolo di Dio ha i sentimenti che tu descrivi sulle modalità usate fin qui in questo periodo.
La sanità e la scuola sono state maltrattate da tutti gli ultimi governi e con tutto il resto trarrebbero grandi benefici da una seria riforma fiscale( credo pure che molti ritardi e controlli siano dovuti anche ai tanti furbi che chiedono contributi senza averne diritto).
Ci auguriamo infine che qualche buon comportamento e attenzione verso gli altri possano proseguire, ma quando ci sarà il “liberi tutti”riusciremo a non farci condizionare dal martellamento pubblicitario smaniosi di recuperare il tempo perduto?
Un abbraccio Neria e Tonino
Condivido pienamente. Grazie
Vi ringrazio tanto, cari amici, per le vostre osservazioni che condivido e che integrano perfettamente ciò che ho scritto.
Grazie a te, don Stefano.
caro Paolo anche noi condividiamo la tua pacata riflessione ed ogni punto nel quale l’hai articolata.Esprime un idem sentire nel quale ci riconosciamo.
Siamo sempre stati sensibili al tema ambientale, per gli stravolgimenti che assistiamo in natura sempre più spesso e con lo zampino dell’uomo ormai evidente. Fino a “ieri” ci siamo sempre rimpallati il problema ecologico come se a cominciare dovessero essere prima gli altri, “oggi” invece siamo sulla stessa barca e sarebbe bello trovare il modo e le parole e i gesti per spingere su questo argomento.
Spiace sempre non ritrovarsi negli acuti coi quali si esprimono soggetti politici nei quali non trovano espressione l’interesse al bene comune, la fretta di essere protagonisti e l’assenza di una riflessione capace di mettere in discussione le criticità del nostro sistema economico/produttivo
grazie Paolo Patrizia e Gabriele
Grazie cari amici. Mi convinco ogni giorno di più che di fronte a questi eventi sarebbe necessaria una classe politica a tutti i livelli capace di pensare in grande e di mobilitare l’impegno dei cittadini attorno ad un progetto di radicale cambiamento. Speranza, temo, vana.
Carissimo Paolo, grazie per questo tuo lodevole lavoro intellettuale di cui si sentiva la mancanza. Hai messo in fila tanti aspetti diversi di questa nostra epoca, che sono sotto gli occhi di tutti, e che tu hai diligentemente e sapientemente evidenziati. Con un supporto culturale di prim’ordine, da par tuo. Anche con il coinvolgimento di tanti amici che stanno arricchendo la tua fatica, questa pandemia potrà esser vinta, prendendo atto della estrema complessità del problema. Complessità che non significa impossibilità di risoluzione, ma capacità di metterne in fila i vari aspetti. Il lavoro non manca. Ancora grazie!
Grazie a te carissimo Umberto, per il tuo apprezzamento e per la tua amicizia!
Paolo