Umiltà, umiltà !
E così il M5S attraverso il voto di poco meno di 50.000 dei suoi aderenti, ha cambiato due dei suoi tratti identitari più caratteristici. Il tutto è avvenuto un po’ alla chetichella, senza l’enfasi dei proclami del passato (“oggi abbiamo abolito la povertà”, “onestà, onestà” che magari oggi potrebbe suonare meglio “umiltà, umiltà”….), facendo passare come normale cambiamento e fisiologica evoluzione quella che in realtà è la correzione di due tra i tanti errori e ingenuità che sono all’origine del Movimento.
Intendiamoci: il limite dei due mandati nelle cariche istituzionali è assolutamente condivisibile , se presentato come indicazione di opportunità (è bene che non ci sia chi vive di politica) e non come vincolo rigido ed inderogabile, salvo poi aggirarlo con il comico “mandato zero” e solo per i consiglieri comunali (in attesa di una prossima deroga per tutte le cariche istituzionali). Il problema è quando il limite dei due mandati viene motivato (come hanno fatto i “grillini”) con “noi non siamo politici di professione” e “noi non siamo come la Casta” (non è casuale che il libro di Stella e Rizzo ed il Vaffaday di Grillo siano più o meno contemporanei) e sottende uno svilimento del mandato parlamentare e della democrazia rappresentativa, vedi la battaglia per la riduzione del numero dei parlamentari, visti soltanto come un costo da ridurre e come dei semplici portavoce (“uno vale uno”, poco importa la loro competenza ed esperienza). E che dire del mito della democrazia diretta esercitata attraverso una piattaforma a gestione privata, poco trasparente e che esclude di fatto i cittadini non avvezzi all’informatica. Anche l’obiettivo della eliminazione dalla Costituzione del “senza vincolo di mandato” fa parte di questa identità che comincia a cambiare (ma è bene che avvenga senza dare tanto nell’occhio, secondo i leaders del Movimento, e soprattutto senza ammettere di avere sbagliato). Tra parentesi sono tantissimi i parlamentari del M5S che in questa legislatura hanno cambiato gruppo.
Il secondo quesito prevedeva la possibilità per il M5S, in occasione di elezioni amministrative, di fare alleanze non solo con liste civiche ma anche con i partiti “tradizionali”.
Anche in questo caso cambia uno dei tratti identitari del Movimento, quello cioè che considerava tutti i partiti “tradizionali” come viziati dalla corruzione e dal poltronismo, soggetti insomma con cui non si poteva fare alleanze per non contaminarsi. Solo il M5S era puro e perfetto, espressione della migliore società civile. Dopo ripetute e cocenti sconfitte in elezioni comunali e regionali si è preso atto della realtà, come in tanti altri casi, e se ne sono tratte le conseguenze, ma ancora solo per le elezioni amministrative. A livello nazionale, peraltro, negli ultimi anni il M5S è passato con grande disinvoltura (non sarà che le poltrone ed il potere piacciono anche ai “puri” grillini?) da un’alleanza con la Lega ad una con il PD, Leu ed IV.
Ciò sembrerebbe confermare, come affermano i suoi leaders, che il M5S “non è né di destra né di sinistra”. Sono convinto che anche questo tratto identitario (peraltro piuttosto ambiguo e surreale) è destinato prima o poi ad essere cancellato. Sarebbe bello che questo avvenisse, una volta tanto, nell’ambito di un trasparente congresso per mozioni (magari chiamandolo Stati Generali, tanto per essere-apparire diversi) che sancisse la salutare divisione del movimento.
Commenti dei lettori
Chi di vaffa ferisce, di vaffa perisce
Proprio così!