Per un welfare di comunità a Bologna
Il welfare di comunità implica lo sviluppo ed il potenziamento di alcuni servizi di prossimità, che hanno come protagonisti il Comune, i Quartieri, ASL, ASP e Terzo settore.
Può essere utile a tale scopo recuperare lo spirito e le esperienze della Bologna degli anni ‘ 70 (La febbre del fare).
Ero allora Presidente della Commissione servizi sociali del quartiere S.Donato. Sindaco Renato Zangheri. Assessori Eustachio Loperfido alla sanità ed Ermanno Tondi all’assistenza.
Innovazione nei servizi: nascono i poliambulatori. Si inaugurano i primi asili nido. Nascono i Consorzi socio-sanitari, strumento organizzativo ed istituzionale della integrazione tra i servizi sociali e sanitari. Nascono le Equipes medico-psico-pedagogiche per la chiusura delle scuole speciali e l’ inclusione dei bambini svantaggiati. Vengono assunti dei sociologi. E’ grande la partecipazione dei cittadini attraverso i Quartieri e le assemblee dove si sottolinea l’importanza della prevenzione. Le graduatorie per l’ammissione ai nidi sono gestite dai Quartieri.
Oggi più che inaugurare nuovi servizi vanno ripensati e potenziati alcuni servizi già esistenti quali:
1) Le case della salute. Non un nuovo nome dei poliambulatori di quartiere ma punti di snodo della sanità territoriale, riferimento per i medici di base, per gl’infermieri di territorio e per i cittadini, punto di integrazione tra i servizi socio-assistenziali ed i servizi sanitari del territorio.
2) Le case di quartiere. Rappresentano l’opportuna trasformazione e rilancio dei Centri sociali (meglio conosciuti come Centri anziani). Dovranno essere il luogo di coordinamento delle associazioni del territorio in rapporto con i servizi sociali e di progettazione, di organizzazione e sviluppo dei progetti di cittadinanza attiva e delle relazioni interpersonali con particolare riferimento alle persone fragili.
3) Le Biblioteche di quartiere. Luoghi di promozione culturale ed educativa e della partecipazione dei cittadini.
4) Mense popolari e della Caritas.
Anche dal punto di vista della partecipazione a Bologna ci sono esperienze significative ed utili strumenti che vanno rilanciati od estesi dall’ambito delle infrastrutture a quello del welfare come ad esempio:
Piani di zona, Bilancio partecipativo, Patti di cittadinanza, Laboratori di quartiere, Agenda delle priorità di quartiere. Importante è l’attività della Fondazione per l’Innovazione urbana.
Altri temi importanti sono:
Il rapporto pubblico/privato. La sussidiarietà. Il pubblico non deve necessariamente gestire tutto ma regolare, accreditare e controllare.
La quantità di servizi offerti ed i meccanismi di accesso (ISEE ecc.).
Il Reddito di cittadinanza, o, meglio, il Reddito di inclusione gestito dai servizi sociali territoriali.
L’ immigrazione: indispensabile una nuova legge che superi la Bossi-Fini e che permetta una gestione fisiologica del fenomeno (quote ecc.)
Le politiche abitative, co-housing, RSA vs Assistenza domiciliare. Le solitudini.
In termini di partecipazione vorrei sottolineare l’ importanza del Bilancio partecipativo. Si potrebbe utilizzare questa esperienza per estenderla all’ambito del Bilancio preventivo e consultivo.
Il Bilancio economico consuntivo è assai interessante e contiene numerosi dati ed informazioni: obiettivi operativi, indicatori, piano delle performances e degli obiettivi in dettaglio, costi per missioni (mancano tuttavia i costi per unità di prodotto).
Se si esamina il Bilancio consuntivo del 2019 si vede che gli obiettivi sono stati realizzati al 91,80%! Il che fa pensare ad obiettivi proposti dai dirigenti, non particolarmente sfidanti.
Perchè allora non pensare ad un sistema di obiettivi/indicatori più semplice sul quale coinvolgere i cittadini e le associazioni, magari organizzate in Consulte permanenti, nella fissazione degli obiettivi, in fase di bilancio preventivo, e nel monitoraggio e nella verifica dei relativi indicatori in fase di bilancio consuntivo?
E i cattolici? E’ bene che si coinvolgano , come singoli e attraverso le associazioni, nella vita dei servizi locali , utilizzando tutte le occasioni di partecipazione e di presenza che vengono offerte, come ad esempio le Case di quartiere. E’ necessaria un’opera di sensibilizzazione e di informazione a tale riguardo, inserendo magari il tema cultura/amministrazione/politica entro gli ambiti delle assemblee ecclesiali di zona (non solo catechesi, carità, giovani, liturgia).
NOTA.
Vorrei segnalare il Documento “Bologna riparte”, raccordato con Agenda 2030 ed i relativi obiettivi, che contiene una approfondita Analisi dei rischi e delle opportunità post pandemia. C’è poi un capitolo, con relativo allegato, dedicato a “Nuove linee di sviluppo di un welfare di prossimità, plurale ed integrato. Sanità e welfare per una salute di comunità. Ipotesi di lavoro e proposte.”
Di grande interesse è anche il contributo di Flavia Franzoni (“Il welfare anche in un’ottica locale”) all’interno del documento “La Bologna che vorremmo” dell’Istituto De Gasperi.