La crisi e Matteo Renzi (a puntate)
(15 gennaio 2021)
Sorprende che un politico navigato ed esperto come Matteo Renzi abbia innescato un processo (la crisi di governo) sbagliando la scelta dei tempi, dei modi e la previsione degli esiti.
Infatti le motivazioni addotte per giustificare il ritiro delle ministre di Italia viva dal governo erano secondo me corrette, più quelle di merito che quelle di metodo (Conte indubbiamente ci sta prendendo gusto a fare il presidente del consiglio e sfrutta talvolta il suo successo mediatico e la situazione critica dovuta alla pandemia, adottando uno stile di governo accentratore). Quanto al merito, il Recovery Plan era e probabilmente è ancora carente non tanto per quanto riguarda l’indicazione degli obiettivi generali dei progetti che lo compongono, ma soprattutto per l’assenza di una precisazione realistica delle modalità attuative (soggetto esecutore e responsabile, procedimento e cronoprogramma ecc.) e del sistema di governance e di controllo di gestione. A ciò si aggiunga l’incomprensibile rinuncia al MES sanitario ed il ritardo e le incertezze in materia di riforme (della pubblica amministrazione, della giustizia civile ed amministrativa, del fisco ecc.) tutti aspetti che mettono a rischio la possibilità di usufruire degl’ingenti finanziamenti messi a disposizione dall’Europa.
Ma detto ciò è chiaro che Renzi, come un solitario apprendista stregone, ha sbagliato nella previsione degli sbocchi della crisi, che gli è sfuggita di mano. Infatti penso che non si realizzerà nessuno degli esiti da lui previsti e auspicati, che erano, in ordine crescente di preferibilità: un governo Conte ter (a maggioranza invariata) nato da un’ implicita autocritica di Conte stesso e da un rimpasto sostanzioso, un governo con un nuovo premier, del PD o financo del M5S (sempre a maggioranza invariata), un governo con una capace presidenza non politica e sostenuto da una maggioranza allargata anche a componenti di centrodestra non antieuropee.
Quello che invece penso nascerà sarà un Conte ter con maggioranza ottenuta sostituendo IV con i cosiddetti responsabili. Renzi ha sottovalutato l’ostilità nei suoi confronti di PD e M5S e soprattutto il desiderio dei parlamentari di prolungare la legislatura fino alla fine e fenomeni di trasformismo.
(3 febbraio 2021)
E invece bisogna dire che Renzi si è rivelato ancora una volta un “animale politico” di grande capacità. L’incarico a Draghi corrisponde alla terza possibilità tra quelle elencate sopra.
Renzi è riuscito a portare la situazione politica dove voleva lui. Le ragioni per cui l’ha fatto (desiderio di visibilità e di protagonismo, convinzione sincera della inadeguatezza di Conte e del suo governo rispetto ai problemi attuali, rottura dell’equilibrio PD/M5S …..)sono oggetto di discussione e soprattutto l’esito finale (Draghi con un ministero di alto profilo sostenuto da una maggioranza solida e qualificata), è ancora incerto.
Al momento tuttavia si può dire che Renzi ha vinto, nonostante una impopolarità smisurata nel paese che talvolta rasenta l’odio, su cui pesa anche la vicenda Arabia Saudita, un vero e grave passo falso.
Un giudizio finale si potrà dare soltanto a governo Draghi insediato. Vedremo.
(14 febbraio)
Allora il governo Draghi ha giurato ieri ed è formalmente insediato. La prossima settimana si presenterà al parlamento per ottenere la (sicura) fiducia.
E’ già possibile esprimere un giudizio sull’insieme dei ministri scelti da Draghi.
Gli 8 ministri tecnici sul totale di 23 sono effettivamente di alto profilo, come chiesto dal Presidente della Repubblica. In particolare ce ne sono 4, di completa fiducia di Draghi (Franco, Colao, Cingolani e Giovannini) che hanno in mano l’economia ed il Recovery Plan.
C’è un sottosegretario alla presidenza del consiglio (Garofoli) che è un perfetto conoscitore della macchina amministrativa.
I 15 ministri politici sono stati scelti con un attento dosaggio dei pesi parlamentari dei partiti di appartenenza. Sono nomi non particolarmente divisivi e sembrano persone capaci di collaborare, al di là delle differenze politiche. Diversi tra loro (Di Maio, Bonetti, D’Incà, Dadone, Speranza, Guerrini, Franceschini), oltre alla tecnica Lamorgese, segnano anche una continuità con il governo Contebis che può facilitare l’azione di governo. Perplessità e riserve suscitano invece la scelta di Gelmini e Brunetta, per le precedenti esperienze nei governi Berlusconi. Anche la scarsa presenza femminile (8 su 23) dovuta soprattutto ai partiti di sinistra (Leu e PD) va segnalata tra gli aspetti critici.
Infine per quanto riguarda le riforme attese e necessarie, sembrano ben presidiate quella fiscale (Franco) e quella della giustizia (Cartabia). Meno quella della pubblica amministrazione (ancora Brunetta).
Voto complessivo: 8