Il portico di via de’Chiari
Il riconoscimento Unesco ai portici di Bologna, insieme all’iniziativa di Repubblica Bologna che invita i lettori a segnalare quale sia il loro “portico del cuore”, mi ha riportato con la mente (e con il cuore) al portico di via de’ Chiari, una strada del centro storico che unisce via Castiglione e via Cartoleria, dove ho abitato al n.19 ed ho vissuto gli anni della mia giovinezza dal 1943 al 1968. Il portico di via de’ Chiari è suggestivo, ha un’altimetria e planimetria variabile, una caratteristica certo non esclusiva (basta andare in via Castiglione, a pochi metri di distanza per osservare il medesimo aspetto) ma non frequente. I ricordi, come potete immaginare, sono tantissimi.
Questo portico ha coperto e protetto i nostri giochi: i circuiti tracciati col gesso, che simulavano gare ciclistiche, con i tappi corona (i “coperchini” da fare avanzare con il “cricco” del dito medio e del pollice) che contenevano le immagini dei campioni di allora, le battaglie con le cerbottane (i tubi dei lampadari) che sparavano frecce di carta.
Questo portico è stato spettatore di classiche evasioni con lenzuola dall’adiacente carcere di S.Giovanni in Monte.
Questo portico ha ospitato botteghe “d’epoca”: la latteria che vendeva latte sfuso, il negozio dove d’estate andavi a comprare le stecche di ghiaccio per tenere al fresco i cibi. Nel triangolo via de’ Chiari, via Castiglione, via Cartoleria con prolungamenti in via de’ Poeti, piazza S.Giovanni in Monte e piazza S.Domenico si è giocata larga parte della mia vita di bambino e ragazzo, in una compagnia che comprendeva Lucio Dalla ed i fratelli Stefano e Giorgio Bonaga.
Ieri sono stato a rivedere via de’ Chiari. Tutto è cambiato. Quella che era una strada popolare non ha più negozi ed ospita una decina di numeri civici con appartamenti che immagino ristrutturati e di buon livello. Ma soprattutto dove incombevano le alte mura del vecchio carcere oggi dominano gli edifici universitari, dove c’era la postazione delle guardie carcerarie oggi c’è il collegio Erasmus, al posto del “casermone” (enorme fabbricato che ospitava famiglie povere) oggi c’è il Dipartimento di lingue dell’Università e l’ingresso dell’aula absidale di S.Lucia.
Quello che è rimasto invariato è l’immagine della Madonna, in un affresco vicino al n.23, che osserva e veglia su tutto.
Commenti dei lettori
Un bel ricordo di un luogo molto amato, un pezzetto di una storia personale che dipinge una Bologna di molti anni fa molto piena di vita e relazioni fresche e sincere.
Grazie per il tuo commento, caro Gianfranco.
Ecco a cosa servivano i portici!
Che meravigliosa invenzione…
Purtroppo Bologna, come tante altre città europee, ha cacciato dal centro bambini, poveri, botteghe e artigiani..e ha svenduto la sua anima..
Grazie carissima amica!