Che amarezza….
La lettura dell’articolo di Silvia Bignami su Repubblica Bologna di ieri, dedicato alle polemiche in merito alla formazione della direzione provinciale del PD mi ha causato amarezza e delusione.
L’articolo infatti fotografa nei dettagli la geografia delle correnti che, sulla base dei risultati congressuali, degli accordi successivi e di un manuale Cencelli sempre di attualità, si suddividono i posti da occupare in assemblea, direzione e segreteria della federazione bolognese del partito.
Bignami riporta i nominativi dei leaders di riferimento nazionale e locale delle diverse correnti, dimenticandone alcuni (immagino per ragioni di spazio). Sarebbe arduo provare ad elencare, sia pure per sommi capi, i valori, gl’ideali e le peculiarità politico-programmatiche specifiche di ogni corrente. L’articolo parla soltanto di “progressisti” e “moderati”, categorie di comodo e del tutto generiche.
Il fatto è che le correnti servono soprattutto ad organizzare il consenso, attorno ai leaders ed agli aderenti, in occasione delle elezioni e delle nomine alle cariche istituzionali e delle aziende partecipate. Il rischio è quello di trasformare (direi trasfigurare) il PD in un comitato elettorale.
Tra un’elezione (nazionale o locale) e l’altra, si affievolisce l’attività politica , così come il tramite tra iscritti (e simpatizzanti) ed eletti, che il partito dovrebbe curare in modo da dare continuità a quell’azione di partecipazione, proposta, indirizzo e controllo che è il sale della democrazia.
Lo dico, ripeto, con amarezza e delusione, da iscritto al PD (e non ad una corrente) dalla fondazione, chiedendomi se basti la semplice fedeltà a motivare la tessera.
Il calo degl’ iscritti non è dovuto al fato o ad una generica disaffezione dalla politica.