Il centrosinistra verso le elezioni
L’inizio di questa campagna elettorale nel pieno di un’estate torrida (una primizia di cui avremmo fatto volentieri a meno) si caratterizza per la confusione, le incongruenze e le contraddizioni nel campo del centrosinistra.
Questa situazione trova la sua causa scatenante nella legge elettorale vigente, il cosiddetto Rosatellum, contro la quale tutti oggi si scagliano usandola come capro espiatorio, fingendo di dimenticare di averla approvata praticamente all’unanimità cinque anni orsono e di avere avuto tutto il tempo per modificarla.
Come è noto la legge, sostanzialmente uguale fra Camera e Senato, assegna un terzo dei parlamentari con il sistema maggioritario uninominale (vince il candidato che ottiene più voti), mentre per gli altri due terzi vale il sistema proporzionale: l’incentivo a formare coalizioni per aggiudicarsi i seggi del maggioritario è quindi assai forte. Il fatto è che il sistema politico attuale vede un centrodestra abbastanza unito e coeso (almeno per il momento) ed un centrosinistra nel quale i partiti e movimenti che ne fanno parte (quel che resta del M5S, S.I., Verdi, Art1, P.D., Azione e +Europa, I.V. e spiccioli vari – Di Maio, Tabacci….) sono profondamente divisi nei contenuti programmatici e uniti soltanto (almeno a parole e con maggiore o minore convinzione) dalla volontà di evitare la vittoria del centrodestra, data per certa se nel campo del centrosinistra non si trova un accordo per presentare candidati comuni nei collegi del maggioritario.
Per completare il quadro va detto che il Rosatellum prevede che ogni lista/partito che si presenta debba avere un proprio programma ed indicare un capo politico mentre non prevede tale obbligo per le coalizioni che si formano per il sistema maggioritario.
Cosa accade a questo punto nel centrosinistra? Accade che il PD, partito principale e perno della eventuale coalizione, cerca di dare forma all’alleanza. Chiude le porte al M5S (colpevole di avere innescato la crisi e la caduta del governo Draghi) dopo di che cerca e trova faticosamente un accordo con Calenda, cerca (al momento inutilmente) un accordo con S.I. e Verdi, offre senza successo diritto di tribuna attraverso ospitalità nelle sue liste per il proporzionale a Renzi e Di Maio.
Questa è la situazione di stallo al momento in cui scrivo (mattina di venerdì 5 agosto).
Apro una parentesi per esprimere la mia opinione rispetto alle diverse formazioni del centrosinistra, campo al quale va, da sempre, la mia preferenza. Giudico del tutto negativamente, per ragioni diverse e che qui non è il caso di precisare, M5S, S.I. e Verdi. Pur apprezzandone alcuni esponenti ho riserve nei confronti di art.1. Ho appoggiato a suo tempo Renzi e continuo a considerarlo un politico di vaglia ma non comprendo e non apprezzo il suo atteggiamento attuale. Le mie preferenze vanno pertanto al P.D. e ad Azione.
Riprendo il filo del mio ragionamento. Il sistema elettorale, come visto, pone al centrosinistra un obiettivo primario, discutibile ma realistico: si deve evitare una vittoria schiacciante del centrodestra che si realizzerebbe con certezza se i partiti di centrosinistra si presentassero in ordine sparso al maggioritario ed è pertanto indispensabile mettere insieme una coalizione la più ampia possibile che permetta al centrosinistra di vincere nel maggior numero possibile di collegi uninominali. E’ evidente che questa coalizione si scioglierebbe il 26 settembre e non sarebbe certamente tale da esprimere e sostenere un governo, viste le profonde diversità programmatiche che caratterizzano i partiti e movimenti del centrosinistra. Tuttavia questo dovrebbe risultare trascurabile rispetto a quello che ho definito come obiettivo primario.
Ma se le cose stanno così è chiaro che non ha senso che i diversi esponenti dei partiti (S.I. Verdi ed Azione in particolare) pongano l’accento sugli aspetti del proprio programma non condivisi dagli altri o mettano veti che, date le premesse, non hanno alcun senso. Anche il porre la condizione che nel maggioritario non vengano candidati esponenti “divisivi” (leaders di partito ecc) non ha alcun senso perchè comunque, se si accetta la coalizione, capiterà in ogni caso di dover votare candidati del maggioritario designati da partiti con i quali non c’è affinità (per usare un eufemismo). Arrivo a dire che, in questa logica, anche il partito di Conte (che riscuote tutta la mia disapprovazione) andrebbe accolto nella coalizione. Anche la prevedibile critica del centrodestra (“ è un’ammucchiata”) va accettata in silenzio perchè corrisponde alla verità; è un’ammucchiata per evitare la vittoria schiacciante del centrodestra.
Se non si è disponibili a questa situazione, cioè se si accantona l’obiettivo primario, si vada per conto proprio. Lo dico innanzitutto a Calenda di cui apprezzo il coraggio ed il programma ma non i toni arroganti che troppo spesso usa e che, di fronte alle difficoltà poste da S.I. e Verdi non se la può cavare dicendo che “è un problema di Letta”, che sta dando prova di una pazienza degna di miglior causa.
Concludo ricordando un episodio relativo ad una elezione degli anni ‘90 nella quale si fronteggiavano il centrodestra guidato da Berlusconi ed il centrosinistra di Prodi e si votava con il Mattarellum, un sistema fortemente spostato sul maggioritario, con il quale si eleggeva ben il 75% dei parlamentari. Un amico di solida fede e tradizione democristiana non ebbe difficoltà a votare nel suo collegio Ugo Boghetta, battagliero esponente di Rifondazione Comunista. Chi ha orecchie per intendere……