I cattolici e la politica

Cattolici e politica

Sul Corriere di Bologna del 18 gennaio Giuseppe Paruolo ha dichiarato:

L’errore fu espellere la politica dalle parrocchie. Siamo passati da una fase in cui i preti consigliavano di votare DC, a una in cui per evitare di urtare qualcuno si è preferito confinare la politica fuori dalle parrocchie”.

Sono sostanzialmente d’accordo. Aggiungo tuttavia alcune considerazioni.

L’effetto della sterilizzazione delle comunità ecclesiali rispetto alla politica è stato quello di comunicare di fatto ai credenti l’idea qualunquistica che “la politica è una cosa sporca da cui è meglio stare lontani” e che tra fede e politica non c’è alcun rapporto, ignorando alcuni documenti fondamentali che orientano il cristiano su contenuti e stile della buona politica, come la costituzione conciliare Gaudium et spes, la lettera apostolica Octogesima Adveniens e tutta la dottrina sociale della Chiesa.

Dovrebbe ora essere compito dell’associazionismo cattolico (Acli, Mcl, Fuci, Ac, Agesci, Cl ecc.) e delle strutture ecclesiali (zone pastorali e parrocchie) d’ impegnarsi a fondo in un lavoro di carattere formativo ed informativo sul sistema politico, rivolto soprattutto (ma non solo) ai giovani, partendo dai testi fondamentali del magistero richiamati sopra, affiancando ad esso laboratori dedicati alla lettura dei quotidiani, all’analisi ed al commento dei fatti della politica partendo dalla realtà locale dei quartieri e della città. Esistono oggi a Bologna numerose occasioni (laboratori di progettazione partecipata, gruppi di cittadinanza attiva ecc.) per fare concrete esperienze di avvicinamento alla politica.

Comunque la preoccupazione di non trasferire all’interno della comunità cristiana le divisioni e le spaccature anche traumatiche tra credenti sostenitori di forze politiche diverse (con reciproche scomuniche) non può essere presa sottogamba. L’unico modo per evitarla è da un lato quello di rafforzare e rendere più matura la fede della comunità attraverso l’ ascolto della Parola (a ciò servono i piani pastorali di mons. Zuppi dopo il congresso eucaristico) dall’altro quello di evitare il confronto diretto sulle proposte politiche dei partiti (quota 100, decreto sicurezza, reddito di cittadinanza ecc.) e concentrarsi piuttosto sui grandi temi (immigrazione, lotta alla povertà, tutela dell’ambiente, sicurezza ecc.) a partire dalla dottrina sociale della chiesa. Poi ciascuno farà le sue scelte in ordine alle concrete soluzioni che i diversi partiti/movimenti propongono, tenendo presente che:

La politica può essere, a certe condizioni, un’alta forma di carità.

Il cristiano in politica deve essere lievito e distinguersi per un modo di fare politica disinteressato, di servizio.

La responsabilità delle scelte politiche è dei laici, i quali non debbono attendersi “l’imbeccata” dai pastori.

Non tutte le scelte politiche sono compatibili con la fede ma allo stesso tempo esiste per i cristiani una legittima pluralità di scelte politiche affidata alla loro coscienza adeguatamente formata.

Comuni valori e principi evangelici ispiratori non si traducono necessariamente nell’adesione alla medesima formazione politica. Il passaggio dai principi alle concrete scelte politiche implica infatti una mediazione ed un legittimo pluralismo.

Il laico credente, dopo attento discernimento, darà il proprio sostegno a quel partito/movimento che sente più affine ai propri ideali e valori mutuati dal Vangelo e si impegnerà comunque affinchè, all’interno di questo partito, le scelte politiche (leggi, norme, iniziative) siano sempre più conformi a quegli ideali.

E’ pertanto improponibile l’idea di un partito/movimento dei cristiani.

Il ruolo delle donne nella Chiesa

Donne e Chiesa

Col passare degli anni si sono accentuate due contraddizioni. Da un lato è sempre più ampio il divario tra il contributo che le donne danno alla Chiesa, a livello di catechesi, evangelizzazione, servizio, carità ecc. ed il riconoscimento istituzionale del loro ruolo. Dall’altro, a fronte di un sostanziale immobilismo nella Chiesa, si assiste ad una lenta ma costante valorizzazione del posto che la donna occupa nella società, verso una tendenziale parità di genere e di opportunità.Tale asimmetria, fra l’altro, è una delle cause della difficoltà di comunicazione e di relazione tra la Chiesa e la società attuale.

Già nel Concilio Vaticano II, accanto ad un riconoscimento del ruolo del laicato maschile (ad esempio attraverso l’istituzione del diaconato permanente conferibile anche a uomini sposati) si trovano passi che alludono ad una valorizzazione del ruolo della donna nella Chiesa e che citano tra “Le aspirazioni più diffuse dell’umanità” (possiamo definirli segni dei tempi?) la parità uomo/donna.

In realtà, negli oltre cinquant’anni che ci separano dal Concilio, si sono moltiplicati, nei documenti del Magistero, i riconoscimenti e la gratitudine per il “genio della donna” e “per il dono di un così grande bene qual è la femminilità” ma dal punto di vista della istituzione Chiesa nulla o quasi è veramente cambiato.

Penso che siano maturi i tempi per fare qualche passo avanti nella direzione di un riconoscimento formale e sostanziale del ruolo della donna nella Chiesa istituzione, con gradualità e realismo ma con obiettivi precisi.

Ma quali? Continua…

La governance del sistema di trasporto pubblico locale

In questi giorni la stampa locale ha dedicato spazio alle dimissioni di Moroder, amministratore unico di SRM di Bologna, causate, pare, da dissensi con il sindaco di Bologna.

Questo mi ha indotto ad una riflessione sulle contraddizioni della governance del sistema di trasporto pubblico a scala regionale.

Oggi la situazione è questa.

A livello delle istituzioni pubbliche le diverse competenze, di programmazione e regolazione, sono esercitate dalla Regione, dai Comuni, dalla Città metropolitana di Bologna e dalle Province. Ciascuno di questi enti ha di norma un assessore delegato al settore della mobilità e dei trasporti ed uno staff tecnico dedicato, formato da dirigenti e funzionari. Continua…

A più ampio respiro

Liberiamo l'aria

Il titolo di questo post allude alla necessità di una riflessione sulla qualità dell’aria che tenga conto non soltanto dei picchi emergenziali ma che sappia guardare, appunto con “più ampio respiro”, a periodi più lunghi ed alle linee di tendenza.

E’ appunto quello che vorrei fare a pochi giorni dal termine di questo 2018, basandomi sui dati misurati fino a ieri, 26 dicembre 2018.

Cominciamo dalle Pm10.

La centralina di P.ta S.Felice (traffico urbano) ha registrato fin qui 17 superamenti giornalieri del limite di 50 mcgr/mc, così come la centralina di Imola, anch’essa rappresentativa del traffico urbano. Se si guarda al trend dei superamenti a partire dal 2006 si può rilevare un generale miglioramento. Fino al 2013, ed anche nel 2015 (38) e nel 2017 (40) è sempre stato superato il numero di giorni di sforamento consentiti dalla normativa, che è pari a 35. Quest’anno, se anche tutti i giorni che mancano alla fine dell’anno venisse superato il limite dei 50 mcgr/mc., si rimarrebbe comunque largamente al di sotto dei 35 giorni, segnando il dato migliore in assoluto e battendo il primato del 2014, pari a 23 giorni.

Questa buona performance della qualità dell’aria bolognese viene confermata anche da un confronto con i dati delle altre province della regione. Infatti, a ieri, il numero dei superamenti giornalieri della centralina rappresentativa del traffico urbano della provincia di Bologna (17, come detto) è il migliore in assoluto, seguito da Ravenna (20), Forlì-Cesena (24), Piacenza (28), Rimini (32), con le altre province che hanno già superato il limite di 35 giorni: Ferrara (37), Parma (43), Modena (47) e Reggio Emilia (52).

Tornando a Bologna, la tendenza al miglioramento nei valori delle Pm10 si può notare anche se si valutano le medie annuali: qui il limite di 40 mcgr/mc, a P.ta S.Felice viene rispettato dal 2008, con valori in generale riduzione, fino ai 29 del 2017 (record di 25 nel 2014). Vedremo il valore del 2018 che dovrebbe confermare il trend positivo.

Per quanto riguarda le Pm2,5 il limite è quello della media annuale che è pari a 25 mcgr/mc. Vedremo quale valore comunicherà Arpae dopo la fine dell’anno. C’è da dire che le medie giornaliere misurate a P.ta S.Felice ed ai Giardini Margherita non sono molto inferiori rispetto a quelle delle Pm10, il che non è particolarmente confortante.

L’altro parametro da tenere d’occhio è l‘NO2, biossido d’azoto.

Qui i valori da considerare sono due: il valore limite orario, pari a 200 mcgr/mc (che non è mai stato raggiunto) ed il valore medio annuo di 40 mcgr/mc. che nella centralina di P.ta S.Felice è sempre stato superato e che tuttavia evidenzia anch’esso un tendenziale (anche se modesto) miglioramento anno dopo anno fino al valore di 46, raggiunto l’anno passato. Anche qui vedremo il valore del 2018, non appena Arpae lo avrà comunicato.

Tornando ai valori delle Pm10, un’altra osservazione che si può fare, confrontando i valori misurati dalle diverse centraline della provincia di Bologna, è che, a parte quella di Castelluccio (che misura sempre dati assai bassi) tutte le altre misurano valori che non presentano grandi differenze. Tanto è vero che i superamenti di P.ta S.Felice ed Imola, come detto, sono gli stessi (17), quelli di S.Lazzaro (anch’essa traffico urbano), sono 13, quelli di via Chiarini (suburbana fondo) sono 14, pari addirittura a quelli di S.Pietro Capofiume (rurale fondo). A parte Porretta, la situazione migliore pare quella dei Giardini Margherita (urbana fondo) con 10 superamenti fino a ieri.

La conclusione che mi sembra si possa trarre da questi valori è che sui livelli di polveri sottili incide certamente il traffico veicolare, come vedremo tra breve, ma determinanti risultano le condizioni meteorologiche (pressione, precipitazioni, stabilità o instabilità atmosferica).

E veniamo allora ad alcuni dati tratti dall’inventario delle emissioni a livello regionale (dati Arpae del 2013).

Per quanto riguarda le polveri sottili (Pm10), più del 50% delle emissioni sono da attribuirsi ai sistemi di riscaldamento domestico e residenziale, oltre il 30 % è da attribuirsi ai trasporti (con particolare riguardo ai diesel), mentre più del 10% è dovuto ai processi industriali.

Per quanto concerne invece gli ossidi di azoto (NOX), la responsabilità principale (quasi il 70%) è dei trasporti, per il 15% essi sono dovuti ai processi industriali, per l’8% al riscaldamento domestico e per poco meno del 5% alla produzione di energia.

La conclusione che mi sentirei di trarre è che i provvedimenti di limitazione del traffico e di contenimento degli sprechi nel riscaldamento che le amministrazioni assumono quando si verificano situazioni di emergenza sono doverosi ma hanno un’efficacia limitata. Assai di più contano le misure di carattere strutturale, che spiegano anche in parte i discreti risultati (almeno stando ai dati di cui sopra) ottenuti nel bolognese. Tra questi possiamo enumerare: l’ottimizzazione degl’impianti di riscaldamento (contabilizzazione del calore ecc), l’utilizzo di combustibili meno inquinanti, l’ammodernamento ed il miglioramento della flotta automobilistica privata e pubblica, lo spostamento della mobilità dall’auto privata al trasporto pubblico e condiviso ed alla bici, anche attraverso l’implementazione del byke sharing e del car sharing.

P.S. (1 gennaio 2019).

Vi do una buona notizia: nel corso del 2018 nella centralina di P.ta S.Felice a Bologna i superamenti giornalieri del limite dei 50 mcgr/mc di Pm10 sono stati soltanto 18 (il limite è 35). E’ di gran lunga il miglior risultato da sempre (nel 2017 i superamenti furono ben 40). Inoltre il dato di Bologna è il migliore a livello regionale. Infatti i superamenti nelle centraline rappresentative del traffico urbano sono stati 31 a Piacenza, 44 a Parma, 55 a Reggio Emilia, 50 a Modena, 40 a Ferrara, 21 a Ravenna, 26 a Forlì-Cesena, 35 a Rimini.

Qualità della vita 2018. Un po’ di analisi.

Qualità della vita

Al di là della notizia circa il posizionamento di Bologna nella classifica annuale del Sole 24 Ore pubblicata oggi (7° posto con un miglioramento di sette posizioni rispetto all’anno scorso),vorrei aggiungere altre informazioni e considerazioni che ritengo possano interessare.

La classifica non riguarda le città ma le province (107), di cui le città sono capoluogo.

Al di là del valore assoluto del punteggio conseguito, interessa soprattutto valutare i miglioramenti o i peggioramenti da un anno all’altro ed anche il posizionamento relativo di un territorio rispetto ad altri aventi caratteristiche analoghe.

La graduatoria generale è la sintesi di sei graduatorie settoriali, ciascuna delle quali utilizza sette indicatori. Questo consente anche di valutare punti di forza e di debolezza dei diversi territori.

Questa è la classifica delle prime dieci province, che vede nell’ordine: Milano, Bolzano, Aosta, Belluno, Trento, Trieste, Bologna, Pordenone, Treviso, Gorizia.

Le ultime dieci province, a partire dall’ultima, sono: Vibo Valentia, Foggia, Taranto, Reggio Calabria, Crotone, Enna, Caserta, Caltanisetta, Barletta-Andria-Trani, Brindisi.

Ciò premesso ecco alcune informazioni in merito al posizionamento di Bologna nelle classifiche settoriali.

A) Ricchezza e consumi: 5° in miglioramento. Parametri: Bologna è 5° nei depositi procapite, 3° nel Pil procapite (dopo Milano e Bolzano), 101° nel canone medio di locazione, 5° nel prezzo medio di vendita delle case, 10° nella spesa procapite in viaggi.

B) Affari e lavoro: 9° in peggioramento. Parametri: 2° nel tasso di occupazione (dopo Bolzano), 6° nelle start up innovative.

C) Ambiente e servizi: 4° in miglioramento. Parametri: 10° nell’Ecosistema urbano (Legambiente), 2° nell’home banking (dopo Milano), 104° nel rischio idrogeologico (% di superficie di territorio esposta a pericolosità franosa o idraulica), 3° nell’indice di smart city riferita al capoluogo (dopo Milano e Firenze).

D) Demografia e società: 15° in peggioramento. Parametri: 1° nel saldo migratorio interno (differenza fra iscritti da altro comune e cancellati per altro comune).

E) Giustizia e sicurezza: 74° in miglioramento. Parametri: 105° (prima di Milano e Rimini) in scippi e borseggi.

F) Cultura e tempo libero: 28° in peggioramento. Parametri: 6° nella spesa al botteghino per spettacoli, 9° nell’indice di sportività (diffusione di attività sportive).

Per l’accesso delle donne ai ministeri nella Chiesa

Donne e chiesa

Col passare degli anni si sono accentuate due contraddizioni. Da un lato è sempre più ampio il divario tra il contributo che le donne danno alla Chiesa, a livello di catechesi, evangelizzazione, servizio, carità ecc. ed il riconoscimento istituzionale del loro ruolo. Dall’altro, a fronte di un sostanziale immobilismo nella Chiesa, si assiste ad una lenta ma costante valorizzazione del posto che la donna occupa nella società, verso una tendenziale parità di genere e di opportunità.Tale asimmetria, fra l’altro, è una delle cause della difficoltà di comunicazione e di relazione tra la Chiesa e la società attuale.

Già nel Concilio Vaticano II, accanto ad un riconoscimento del ruolo del laicato maschile (ad esempio attraverso l’istituzione del diaconato permanente conferibile anche a uomini sposati) si trovano passi che alludono ad una valorizzazione del ruolo della donna nella Chiesa e che citano tra “Le aspirazioni più diffuse dell’umanità” (possiamo definirli segni dei tempi?) la parità uomo/donna.

In realtà, negli oltre cinquant’anni che ci separano dal Concilio, si sono moltiplicati, nei documenti del Magistero, i riconoscimenti e la gratitudine per il “genio della donna” e “per il dono di un così grande bene qual è la femminilità” ma dal punto di vista della istituzione Chiesa nulla o quasi è veramente cambiato.

Penso che siano maturi i tempi per fare qualche passo avanti Continua…

Inceneritori sì o no?

Di Maio e Salvini

La schermaglia tra Salvini ed il duo Di Maio/Fico in tema di rifiuti è del tutto strumentale e conferma l’assoluta inadeguatezza del governo gialloverde.

Infatti non c’è contraddizione tra una politica che metta al centro la riduzione dei rifiuti, la raccolta differenziata e l’impiantistica per il recupero, il riciclo ed il riuso dei materiali di scarto e la realizzazione dei termovalorizzatori comunque indispensabili per il trattamento dell’indifferenziato, dei sovvalli degl’impianti di recupero, dei rifiuti sanitari ecc.

Inoltre va tenuta presente la distinzione tra rifiuti urbani e speciali assimilabili e rifiuti speciali non assimilabili, pericolosi e non: per ciascuna di queste categorie esiste una filiera di trattamento virtuosa, sostenibile e legittima per quanto riguarda l’ambito territoriale di smaltimento.

Il Movimento 5 stelle alla prova del governo

Luigi Di Maio

Di fronte all’ evidenti difficoltà del M5S in questi primi mesi di governo del paese, che l’ enfatiche dichiarazioni di Di Maio (“questa è la manovra del popolo”, “abbiamo abolito la povertà”, “gl’italiani grazie a questa manovra avranno la felicità”) non riescono a nascondere, mi è venuto da pensare che l’esperienza di Parma e del sindaco Pizzarotti non ha insegnato niente.

In occasione delle elezioni amministrative del 2012 in quella città, il M5S trionfò al ballottaggio ed elesse il sindaco Pizzarotti dopo una campagna elettorale il cui principale argomento fu l’impegno a non attivare l’inceneritore di rifiuti in corso di realizzazione. Una volta eletto, Pizzarotti dovette fare i conti con la realtà e si rese conto che quell’impegno non era realizzabile, sia per ragioni contrattuali che perchè l’inceneritore era necessario alla città e privo di negative ricadute ambientali. Il M5S, come noto, espulse Pizzarotti,il quale, cinque anni dopo, nel 2017, venne rieletto a capo di una lista civica, con il M5S ridotto al 3,47%.

Alle elezioni politiche del 4 marzo di quest’anno il M5S ha ottenuto un risultato straordinario presentandosi con un programma elettorale che aveva al centro principalmente la lotta ai privilegi (pensioni d’oro, vitalizi parlamentari), il reddito di cittadinanza e il blocco delle grandi opere (TAP, TAV, Gronda genovese, Terzo valico, Tunnel del Brennero ecc.) e la riconversione o la chiusura dell’ILVA.

Formato un governo di coalizione con la Lega (l’obiettivo del 50,1% era ovviamente un sogno irrealizzabile) il M5S comincia dolorosamente a fare i conti con la realtà: l’ILVA prosegue la sua attività secondo l’iter definito dai precedenti governi, il taglio alle pensioni d’oro è ancora non ben definito nei suoi contenuti, i vitalizi parlamentari sono stati ridimensionati ma i relativi provvedimenti sono sottoposti a migliaia di ricorsi di cui non è facile prevedere l’esito, il reddito di cittadinanza sta incontrando difficoltà di attuazione sia sul piano organizzativo che finanziario in relazione al deficit prodotto (non sarebbe stato meglio incrementare il reddito d’inclusione del governo Gentiloni che ha già interessato un milione di cittadini bisognosi? Sì, ma il governo del cambiamento aborrisce ogni continuità con chi lo ha preceduto), le grandi opere si faranno: per alcune (Tap) la dolorosa decisione è già stata presa, per altre si sta utilizzando l’alibi dell’analisi costi/benfici del ministro Toninelli per ritardare scelte che sono imposte da impegni internazionali, lavori già in corso, necessità evidenti, per il Muos e gli F35 è probabile un via libera del governo che smentirebbe gl’impegni assunti dal M5S in campagna elettorale.

Se a questo aggiungiamo clamorosi passi falsi, in contrasto stridente con i valori fondativi del M5S, come il condono edilizio ad Ischia, il condono fiscale ed il decreto sicurezza (che stanno a cuore al caro alleato Salvini) ed importanti dossiers ancora privi di una soluzione (come la sorte di Alitalia) credo si possa affermare che il M5S, molto efficace nella sua versione di lotta e di propaganda, messo alla prova del governo denuncia limiti assai gravi, pericolosi per il paese: lo scarto tra promesse elettorali e risultati raggiunti (almeno fino a questo momento) può essere ascritto a disonestà intellettuale (se già si sapeva che sarebbe stato impossibile realizzare le promesse) o a pressapochismo ed incompetenza. In entrambi i casi il bilancio è negativo.

Non sono in grado di prevedere quali conseguenze avrà tutto ciò sulla vita del M5S. Mi auguro un drastico “ravvedimento operoso”, magari propiziato da un congruo ridimensionamento di consensi.

Questo, unito ad un rinnovamento e ad un rafforzamento del PD e delle forze di centrosinistra, potrebbe dare vita ad una coalizione in grado di contrastare il vero pericolo rappresentato dalla destra xenofoba e sovranista egemonizzata da Salvini.

Ma tutto ciò corrisponde forse soltanto ad un ottimismo della volontà che cerca di anestetizzare il pessimismo della ragione.

Che tristezza!

Francesco Critelli

Provo tanta amarezza per le vicende che riguardano la vita del PD, sia a livello nazionale che locale.

Ci sono aspetti specifici dei due livelli, ma c’è anche un aspetto comune, vale a dire un’ inguaribile vocazione alla divisione, alla polemica interna, al litigio, all’ autoreferenzialità.

Mi riferisco in primo luogo alla situazione del PD bolognese, dove (leggo dai giornali perchè, da semplice iscritto, ormai da molto tempo non ho più legami diretti con esponenti del partito e la vita del circolo S.Donato centro è da tempo inesistente) il segretario provinciale Critelli ha rassegnato le dimissioni a seguito di un documento, firmato (pare) dalla maggioranza dei 400 componenti dell’Assemblea provinciale, con il quale egli viene sfiduciato a causa del suo duplice ruolo di segretario e di parlamentare (vietato dallo statuto), della delicata situazione economica anche a causa dello scarso successo della Festa dell’Unità, ed infine dello stato di abbandono nel quale versano i circoli messi anche in difficoltà, in diversi casi, da sfratti ed aumenti di affitto chiesti da Fondazione 2000, proprietaria dei beni ex-DS.

In effetti, da quando Critelli è stato eletto segretario, il PD bolognese ha conosciuto un degrado ed un indebolimento considerevole. L’ultimo segretario degno di questo nome è stato Donini della cui segreteria ho fatto parte anch’io, sia pure come espressione della minoranza. Critelli lo conosco bene essendo stato suo collega in Consiglio comunale dal 2004 al 2010. Fa parte di quella generazione di esponenti della sinistra giovanile che senza dare prova, a mio giudizio, di grandi capacità politiche ma potendo contare sulle conoscenze giuste, ha scalato il partito. All’ultimo congresso ho votato per Rizzo Nervo.

Debbo dire tuttavia che sono rimasto deluso (e non credo di essere il solo) dal fatto che il congresso provinciale, stando ai fatti, è stato utilizzato da entrambi i candidati come trampolino per farsi eleggere in parlamento.

Questo mi pare il peccato originale di quasi tutti gli esponenti di primo piano del partito locale, a cominciare da De Maria e Benamati, che vivono il partito come un comitato elettorale, utile a favorire la loro elezione nelle istituzioni (comunali, regionali, nazionali).

A questo punto i circoli da lungo tempo non fanno attività sul territorio e la colpa non può essere data solo all’ex-segretario nazionale Renzi. Chi ha mai impedito di convocare riunioni o di assumere iniziative politiche? Anche dopo le elezioni del marzo scorso, il PD sul territorio non fa in alcun modo opposizione, con tavolini, volantinaggi, iniziative ecc.

Il fatto è, purtroppo, che anche le rivalità tra i diversi esponenti locali del PD non sono motivate da divergenze politiche visibili, o da diversità di correnti e di riferimenti in leaders nazionali, ma, più tristemente, da ostilità, antipatie e gelosie personali.

Ciascuno coltiva soprattutto ambizioni personali ed agisce in funzione di queste.

Per fortuna a livello locale le istituzioni (Quartieri, Comune e Regione) tengono ancora, da un punto di vista dell’efficacia dell’ azione politico-amministrativa, ma ciò avviene non grazie al lavoro politico del PD ma nonostante le faide e le polemiche interne.

Ma questo fino a quanto potrà durare e reggere?

Sono a rischio le prossime europee, regionali e locali.

Il partito non è più un luogo di discussione, di elaborazione e di confronto politico, di ascolto del territorio, da cui fare emergere indirizzi ed un controllo verso i rappresentanti PD nelle istituzioni, ma uno strumento da utilizzare per le proprie ambizioni personali.

Nel frattempo a livello nazionale si stanno evidenziando due linee per il futuro: quella che ritiene necessario uno spostamento a sinistra (in discontinuità con la linea Renzi e degli ultimi governi) in modo da ricostruire un “campo largo di sinistra” (cit.Bersani) con un’attenzione a future alleanze con il M5S, e quella di chi ritiene di dover guardare piuttosto al centro ed ai moderati che non condividono la deriva populista/sovranista verso cui Salvini sta orientando il centrodestra. Ciò prefigura una spaccatura del PD, che potrebbe anche non essere un male se poi i due tronconi si alleassero (come con l’ Ulivo), ma non è affatto detto che le rivalità e le antipatie personali lo consentano. E allora……?

La strategia di chi ritiene possibile un’alleanza con il M5S presuppone tuttavia una rottura dell’alleanza Salvini/Di Maio (possibile) ed anche una spaccatura del M5S (altamente improbabile).

Meglio pubblico o privato?

Il viadotto sul Polcevera

Il tema del ruolo e dei rapporti tra pubblico e privato nell’economia e nella gestione dei servizi è tornato di grande attualità dopo la tragedia di Genova. Vorrei provare a mettere in fila alcune considerazioni che risentono anche del ruolo di dirigente pubblico che ho ricoperto nella mia vita lavorativa.

Se guardiamo alle vicende storiche non soltanto del nostro paese, non v’è dubbio che il ruolo del pubblico nell’economia, dagli anni ‘90 è andato via via scemando o comunque modificandosi profondamente, lasciando spazio al privato, ed alla liberalizzazione del mercato.

Tutti ricordano in questi giorni l’IRI, attraverso cui lo Stato possedeva e produceva tra l’altro panettoni (Motta, Alemagna…) automobili (Alfa Romeo) e molto altro, oltre a costruire e gestire strade, autostrade, ferrovie e compagnie aeree. E come non ricordare le aziende pubbliche municipali o consortili che gestivano acquedotti, fognature, rifiuti, trasporti locali …

A poco a poco, nel corso degli anni, il pubblico ha fatto passi indietro Continua…