Tassa piatta
Una delle principali promesse/proposte dello schieramento di centrodestra nel corso della campagna elettorale per le elezioni politiche del marzo 2018 era l’introduzione della cosiddetta flat tax, vale a dire l’aliquota piatta/unica per il pagamento delle imposte dirette. La Lega parlava del 15%, Forza Italia del 23%. Entrambe le proposte, oltre a comportare un costo enorme, in termini di riduzione delle entrate per lo Stato, erano in palese contrasto con quanto prevede la nostra Costituzione che all’art.53 così recita:
Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacita` contributiva.Il sistema tributario e` informato a criteri di progressivita`.
La progressività richiesta dalla Costituzione (chi più guadagna deve essere tassato in modo più che proporzionale rispetto al suo reddito) si traduce attualmente nel nostro sistema fiscale in cinque scaglioni di tassazione:
Scaglioni |
Aliquota marginale |
Fino a 15 mila euro |
23% |
Da 15 mila a 28 mila euro |
27% |
Da 28 mila a 55 mila euro |
38% |
Da 55 mila a 75 mila euro |
41% |
Oltre 75 mila euro |
43% |
Tanto la proposta di Forza Italia quanto, ed ancor più, quella della Lega, erano palesemente incostituzionali.
Dopo le elezioni e la formazione del governo Lega/5stelle, si è tornati a parlare di flat tax. Qualche tempo fa venne avanzata l’ipotesi (un vero e proprio ossimoro) di una flat tax a due scaglioni, vale a dire il 15% per i redditi fino ad 80.000 € ed il 20% oltre tale cifra, ipotesi poi accantonata anche in considerazione del suo costo astronomico.
Con la legge finanziaria per il 2019 è stata poi introdotta una prima forma di flat tax, valida solo per i lavoratori autonomi (partite IVA), che prevede un’unica aliquota del 15% per i redditi fino a 65.000 €, mentre nell’approssimarsi delle elezioni europee la Lega spinge perchè nel Def (Documento di economia e finanza) che sta per essere pubblicato e che contiene il quadro macroeconomico e le previsioni di spesa per il 2020, venga introdotta una flat tax del 15% per i contribuenti (dipendenti e pensionati) con un reddito lordo inferiore ai 50.000 €.
Vorrei brevemente presentare le ragioni Continua…
Congresso Mondiale delle Famiglie
Le vivaci polemiche (del tutto giustificate nel merito se non nei toni) attorno al Congresso Mondiale delle Famiglie, svoltosi nei giorni scorsi a Verona, non ha consentito, a mio giudizio, d’ individuare obiettivi davvero utili alle famiglie del nostro paese.
Due esempi.
1) Si è molto parlato della legge 22 maggio 1978, n. 194 in materia di aborto.
Si sono sentite autentiche sciocchezze come questa: “ E’ una legge che autorizza l’omicidio e che andrebbe abrogata”.
In realtà la l.194 è una buona legge, che tra l’altro ha prodotto un calo costante delle interruzioni di gravidanza. Tuttavia è una legge che dovrebbe essere applicata in tutte le sue parti, compresi i primi articoli che riguardano anche la prevenzione dell’aborto.
Il suo titolo (“Norme per la tutela sociale della maternità e sull’ interruzione volontaria della gravidanza”) tiene insieme due aspetti, il primo dei quali rischia, nella realtà, di essere del tutto trascurato.
Vi invito a leggere i primi 5 articoli ed in particolare le mie sottolineature (in grassetto). Continua…
Nicola Zingaretti
La mia opinione sul futuro del PD è che dopo l’elezione di Zingaretti a segretario, si sia aperta una finestra di opportunità per riconquistare il consenso degli elettori e per rioccupare un ruolo politico di rilievo in un ripristinato schema bipolare centrosinistra/centrodestra.
Penso anche che tale finestra non resterà aperta a lungo (qualche mese, fino all’autunno) e che se il nuovo segretario non saprà giocare bene le sue carte, il PD rischia di rifluire in un ruolo minoritario ed irrilevante.
Dopo le elezioni del 4 marzo 2018, nelle quali, con il 18,76% ha subito una pesante sconfitta, il PD, stando ai sondaggi, ha sostanzialmente conservato nell’anno trascorso, il medesimo consenso, lievemente aumentato negli ultimi tempi anche grazie al traino delle elezioni primarie e speculare al costante calo del M5S, crollato dal 32,68% alle elezioni al 20/21% degli ultimi sondaggi.
Anche i risultati ottenuti dal PD nelle più recenti elezioni regionali (Abruzzo, Sardegna e Basilicata) sono modesti e si prestano ad un moderato ottimismo soltanto in quanto anch’essi speculari al calo di consensi (rispetto alle elezioni politiche) del M5S. Va comunque sottolineato che i voti persi dai “grillini” sono andati solo in minima parte al PD (dove sono i milioni di elettori di sinistra che sarebbero fuggiti dal PD, pronti a rientrare in un PD “derensizzato”?) ed in prevalenza alla Lega o nell’astensione.
Triste dirlo ma a favore del PD nei prossimi mesi potrebbero giocare soprattutto le difficoltà economiche del paese, aggravate dall’aumento del debito pubblico e dalla recessione, che potrebbero aprire gli occhi degl’italiani sull’inadeguatezza del governo gialloverde.
Per parte sua il PD dovrebbe concentrarsi su alcune cose: conservare una sostanziale unità interna, costruire alleanze alla sinistra ed al centro, ponendosi come fulcro di uno schieramento formato da partiti, movimenti ed energie della società civile, puntare su due o tre punti programmatici coerenti con il proprio bagaglio valoriale ma ben identificabili, due o tre idee forti che si imprimano nella memoria e che possano rivelarsi vincenti perchè capaci d’interpretare il sentimento di larga parte dell’elettorato.
Sarà all’altezza Zingaretti del suo ruolo e del compito che lo attende? Da iscritto del Pd io me lo auguro vivamente anche se per la verità il suo profilo non mi sembra quello di un trascinatore capace di scaldare i cuori ma di un bravo e capace amministratore.
P.S. L’imbarazzante uscita di Zanda (tesoriere del PD di fresca nomina) sul finanziamento pubblico dei partiti e sull’aumento dell’indennità parlamentare conferma quanto sia difficile per gli esponenti del PD sintonizzarsi con gl’italiani.
Umberto Eco
Nel nostro paese ed in altri paesi europei riscuotono consensi crescenti leaders, partiti e movimenti di destra, più o meno estrema. A 100 anni dalla fondazione dei famigerati “Fasci di combattimento” può capitare di chiedersi se siamo di fronte ad un risorgere del fascismo.
Ho trovato interessante e stimolante questo testo apparso su qcodemag.it a firma di Andrea Colasuonno che, utilizzando una conferenza tenuta da Umberto Eco alla Columbia University nel 1995, fornisce criteri che ciascuno può utilizzare per trarne le sue conclusioni.
Buona lettura.
Viviamo tempi in cui si danno per morte le ideologie, non si è più né di destra né di sinistra, partiti fascisti partecipano a elezioni democratiche, rossobruni fanno gli opinionisti, impazzano schiere di ”non sono razzista ma”, vengono accolte come legittime differenze come quelle fra post-fascismo e fascismo del terzo millennio.
In tempi del genere è obiettivamente diventato sempre più difficile capire cosa sia fascista e cosa no. La cosa però non è una questione di lana caprina perché il fascismo è pericoloso, oltre ad essere in Italia vietato per legge.
Per fortuna la casa editrice La Nave di Teseo ha da poco pubblicato con il titolo Il fascismo eterno un intervento di Umberto Eco sull’argomento. È un discorso tenuto da Eco nell’aprile 1995 alla Columbia University in cui l’intellettuale, preoccupato che il fascismo potesse tornare sotto mentite spoglie a sconvolgere un’altra volta le nostre società, si fa carico di rendere evidenti delle caratteristiche costanti del fascismo, così da poterlo riconoscere.
Riproponiamo allora di seguito le 14 caratteristiche individuate da Eco, supportandole con esempi per renderne più chiara la fisionomia.
Continua…
La Camera dei Comuni
Sarà che sono cresciuto nel mito dell’eccellenza della democrazia britannica e dell’esemplare funzionamento delle istituzioni d’oltre Manica. Fatto sta che lo spettacolo dell’aula del Parlamento di Londra che da qualche tempo ci restituisce la televisione è francamente sconfortante: il succedersi di votazioni inconcludenti su ipotesi di accordo sulla Brexit, mozioni ed emendamenti, dà l’idea di un governo e di partiti che navigano senza sapere bene in che direzione condurre quel grande paese. In questo quadro drammatico ci sono alcuni aspetti curiosi (l’aula parlamentare organizzata fisicamente secondo uno schema bipolare, dove maggioranza e minoranza si fronteggiano ed i deputati non hanno nemmeno un ripiano dove poter scrivere), per me misteriosi (che significato hanno quei parlamentari che di tanto in tanto si alzano mentre parlano Theresa May o Jeremy Corbin per poi sedersi di nuovo?) o pittoreschi (come la voce e le cravatte di John Bercow, lo speaker-presidente della Camera dei Comuni).
Cattolici e politica
Sul Corriere di Bologna del 18 gennaio Giuseppe Paruolo ha dichiarato:
“L’errore fu espellere la politica dalle parrocchie. Siamo passati da una fase in cui i preti consigliavano di votare DC, a una in cui per evitare di urtare qualcuno si è preferito confinare la politica fuori dalle parrocchie”.
Sono sostanzialmente d’accordo. Aggiungo tuttavia alcune considerazioni.
L’effetto della sterilizzazione delle comunità ecclesiali rispetto alla politica è stato quello di comunicare di fatto ai credenti l’idea qualunquistica che “la politica è una cosa sporca da cui è meglio stare lontani” e che tra fede e politica non c’è alcun rapporto, ignorando alcuni documenti fondamentali che orientano il cristiano su contenuti e stile della buona politica, come la costituzione conciliare Gaudium et spes, la lettera apostolica Octogesima Adveniens e tutta la dottrina sociale della Chiesa.
Dovrebbe ora essere compito dell’associazionismo cattolico (Acli, Mcl, Fuci, Ac, Agesci, Cl ecc.) e delle strutture ecclesiali (zone pastorali e parrocchie) d’ impegnarsi a fondo in un lavoro di carattere formativo ed informativo sul sistema politico, rivolto soprattutto (ma non solo) ai giovani, partendo dai testi fondamentali del magistero richiamati sopra, affiancando ad esso laboratori dedicati alla lettura dei quotidiani, all’analisi ed al commento dei fatti della politica partendo dalla realtà locale dei quartieri e della città. Esistono oggi a Bologna numerose occasioni (laboratori di progettazione partecipata, gruppi di cittadinanza attiva ecc.) per fare concrete esperienze di avvicinamento alla politica.
Comunque la preoccupazione di non trasferire all’interno della comunità cristiana le divisioni e le spaccature anche traumatiche tra credenti sostenitori di forze politiche diverse (con reciproche scomuniche) non può essere presa sottogamba. L’unico modo per evitarla è da un lato quello di rafforzare e rendere più matura la fede della comunità attraverso l’ ascolto della Parola (a ciò servono i piani pastorali di mons. Zuppi dopo il congresso eucaristico) dall’altro quello di evitare il confronto diretto sulle proposte politiche dei partiti (quota 100, decreto sicurezza, reddito di cittadinanza ecc.) e concentrarsi piuttosto sui grandi temi (immigrazione, lotta alla povertà, tutela dell’ambiente, sicurezza ecc.) a partire dalla dottrina sociale della chiesa. Poi ciascuno farà le sue scelte in ordine alle concrete soluzioni che i diversi partiti/movimenti propongono, tenendo presente che:
La politica può essere, a certe condizioni, un’alta forma di carità.
Il cristiano in politica deve essere lievito e distinguersi per un modo di fare politica disinteressato, di servizio.
La responsabilità delle scelte politiche è dei laici, i quali non debbono attendersi “l’imbeccata” dai pastori.
Non tutte le scelte politiche sono compatibili con la fede ma allo stesso tempo esiste per i cristiani una legittima pluralità di scelte politiche affidata alla loro coscienza adeguatamente formata.
Comuni valori e principi evangelici ispiratori non si traducono necessariamente nell’adesione alla medesima formazione politica. Il passaggio dai principi alle concrete scelte politiche implica infatti una mediazione ed un legittimo pluralismo.
Il laico credente, dopo attento discernimento, darà il proprio sostegno a quel partito/movimento che sente più affine ai propri ideali e valori mutuati dal Vangelo e si impegnerà comunque affinchè, all’interno di questo partito, le scelte politiche (leggi, norme, iniziative) siano sempre più conformi a quegli ideali.
E’ pertanto improponibile l’idea di un partito/movimento dei cristiani.
Donne e Chiesa
Col passare degli anni si sono accentuate due contraddizioni. Da un lato è sempre più ampio il divario tra il contributo che le donne danno alla Chiesa, a livello di catechesi, evangelizzazione, servizio, carità ecc. ed il riconoscimento istituzionale del loro ruolo. Dall’altro, a fronte di un sostanziale immobilismo nella Chiesa, si assiste ad una lenta ma costante valorizzazione del posto che la donna occupa nella società, verso una tendenziale parità di genere e di opportunità.Tale asimmetria, fra l’altro, è una delle cause della difficoltà di comunicazione e di relazione tra la Chiesa e la società attuale.
Già nel Concilio Vaticano II, accanto ad un riconoscimento del ruolo del laicato maschile (ad esempio attraverso l’istituzione del diaconato permanente conferibile anche a uomini sposati) si trovano passi che alludono ad una valorizzazione del ruolo della donna nella Chiesa e che citano tra “Le aspirazioni più diffuse dell’umanità” (possiamo definirli segni dei tempi?) la parità uomo/donna.
In realtà, negli oltre cinquant’anni che ci separano dal Concilio, si sono moltiplicati, nei documenti del Magistero, i riconoscimenti e la gratitudine per il “genio della donna” e “per il dono di un così grande bene qual è la femminilità” ma dal punto di vista della istituzione Chiesa nulla o quasi è veramente cambiato.
Penso che siano maturi i tempi per fare qualche passo avanti nella direzione di un riconoscimento formale e sostanziale del ruolo della donna nella Chiesa istituzione, con gradualità e realismo ma con obiettivi precisi.
Ma quali? Continua…
In questi giorni la stampa locale ha dedicato spazio alle dimissioni di Moroder, amministratore unico di SRM di Bologna, causate, pare, da dissensi con il sindaco di Bologna.
Questo mi ha indotto ad una riflessione sulle contraddizioni della governance del sistema di trasporto pubblico a scala regionale.
Oggi la situazione è questa.
A livello delle istituzioni pubbliche le diverse competenze, di programmazione e regolazione, sono esercitate dalla Regione, dai Comuni, dalla Città metropolitana di Bologna e dalle Province. Ciascuno di questi enti ha di norma un assessore delegato al settore della mobilità e dei trasporti ed uno staff tecnico dedicato, formato da dirigenti e funzionari. Continua…
Liberiamo l'aria
Il titolo di questo post allude alla necessità di una riflessione sulla qualità dell’aria che tenga conto non soltanto dei picchi emergenziali ma che sappia guardare, appunto con “più ampio respiro”, a periodi più lunghi ed alle linee di tendenza.
E’ appunto quello che vorrei fare a pochi giorni dal termine di questo 2018, basandomi sui dati misurati fino a ieri, 26 dicembre 2018.
Cominciamo dalle Pm10.
La centralina di P.ta S.Felice (traffico urbano) ha registrato fin qui 17 superamenti giornalieri del limite di 50 mcgr/mc, così come la centralina di Imola, anch’essa rappresentativa del traffico urbano. Se si guarda al trend dei superamenti a partire dal 2006 si può rilevare un generale miglioramento. Fino al 2013, ed anche nel 2015 (38) e nel 2017 (40) è sempre stato superato il numero di giorni di sforamento consentiti dalla normativa, che è pari a 35. Quest’anno, se anche tutti i giorni che mancano alla fine dell’anno venisse superato il limite dei 50 mcgr/mc., si rimarrebbe comunque largamente al di sotto dei 35 giorni, segnando il dato migliore in assoluto e battendo il primato del 2014, pari a 23 giorni.
Questa buona performance della qualità dell’aria bolognese viene confermata anche da un confronto con i dati delle altre province della regione. Infatti, a ieri, il numero dei superamenti giornalieri della centralina rappresentativa del traffico urbano della provincia di Bologna (17, come detto) è il migliore in assoluto, seguito da Ravenna (20), Forlì-Cesena (24), Piacenza (28), Rimini (32), con le altre province che hanno già superato il limite di 35 giorni: Ferrara (37), Parma (43), Modena (47) e Reggio Emilia (52).
Tornando a Bologna, la tendenza al miglioramento nei valori delle Pm10 si può notare anche se si valutano le medie annuali: qui il limite di 40 mcgr/mc, a P.ta S.Felice viene rispettato dal 2008, con valori in generale riduzione, fino ai 29 del 2017 (record di 25 nel 2014). Vedremo il valore del 2018 che dovrebbe confermare il trend positivo.
Per quanto riguarda le Pm2,5 il limite è quello della media annuale che è pari a 25 mcgr/mc. Vedremo quale valore comunicherà Arpae dopo la fine dell’anno. C’è da dire che le medie giornaliere misurate a P.ta S.Felice ed ai Giardini Margherita non sono molto inferiori rispetto a quelle delle Pm10, il che non è particolarmente confortante.
L’altro parametro da tenere d’occhio è l‘NO2, biossido d’azoto.
Qui i valori da considerare sono due: il valore limite orario, pari a 200 mcgr/mc (che non è mai stato raggiunto) ed il valore medio annuo di 40 mcgr/mc. che nella centralina di P.ta S.Felice è sempre stato superato e che tuttavia evidenzia anch’esso un tendenziale (anche se modesto) miglioramento anno dopo anno fino al valore di 46, raggiunto l’anno passato. Anche qui vedremo il valore del 2018, non appena Arpae lo avrà comunicato.
Tornando ai valori delle Pm10, un’altra osservazione che si può fare, confrontando i valori misurati dalle diverse centraline della provincia di Bologna, è che, a parte quella di Castelluccio (che misura sempre dati assai bassi) tutte le altre misurano valori che non presentano grandi differenze. Tanto è vero che i superamenti di P.ta S.Felice ed Imola, come detto, sono gli stessi (17), quelli di S.Lazzaro (anch’essa traffico urbano), sono 13, quelli di via Chiarini (suburbana fondo) sono 14, pari addirittura a quelli di S.Pietro Capofiume (rurale fondo). A parte Porretta, la situazione migliore pare quella dei Giardini Margherita (urbana fondo) con 10 superamenti fino a ieri.
La conclusione che mi sembra si possa trarre da questi valori è che sui livelli di polveri sottili incide certamente il traffico veicolare, come vedremo tra breve, ma determinanti risultano le condizioni meteorologiche (pressione, precipitazioni, stabilità o instabilità atmosferica).
E veniamo allora ad alcuni dati tratti dall’inventario delle emissioni a livello regionale (dati Arpae del 2013).
Per quanto riguarda le polveri sottili (Pm10), più del 50% delle emissioni sono da attribuirsi ai sistemi di riscaldamento domestico e residenziale, oltre il 30 % è da attribuirsi ai trasporti (con particolare riguardo ai diesel), mentre più del 10% è dovuto ai processi industriali.
Per quanto concerne invece gli ossidi di azoto (NOX), la responsabilità principale (quasi il 70%) è dei trasporti, per il 15% essi sono dovuti ai processi industriali, per l’8% al riscaldamento domestico e per poco meno del 5% alla produzione di energia.
La conclusione che mi sentirei di trarre è che i provvedimenti di limitazione del traffico e di contenimento degli sprechi nel riscaldamento che le amministrazioni assumono quando si verificano situazioni di emergenza sono doverosi ma hanno un’efficacia limitata. Assai di più contano le misure di carattere strutturale, che spiegano anche in parte i discreti risultati (almeno stando ai dati di cui sopra) ottenuti nel bolognese. Tra questi possiamo enumerare: l’ottimizzazione degl’impianti di riscaldamento (contabilizzazione del calore ecc), l’utilizzo di combustibili meno inquinanti, l’ammodernamento ed il miglioramento della flotta automobilistica privata e pubblica, lo spostamento della mobilità dall’auto privata al trasporto pubblico e condiviso ed alla bici, anche attraverso l’implementazione del byke sharing e del car sharing.
P.S. (1 gennaio 2019).
Vi do una buona notizia: nel corso del 2018 nella centralina di P.ta S.Felice a Bologna i superamenti giornalieri del limite dei 50 mcgr/mc di Pm10 sono stati soltanto 18 (il limite è 35). E’ di gran lunga il miglior risultato da sempre (nel 2017 i superamenti furono ben 40). Inoltre il dato di Bologna è il migliore a livello regionale. Infatti i superamenti nelle centraline rappresentative del traffico urbano sono stati 31 a Piacenza, 44 a Parma, 55 a Reggio Emilia, 50 a Modena, 40 a Ferrara, 21 a Ravenna, 26 a Forlì-Cesena, 35 a Rimini.
Qualità della vita
Al di là della notizia circa il posizionamento di Bologna nella classifica annuale del Sole 24 Ore pubblicata oggi (7° posto con un miglioramento di sette posizioni rispetto all’anno scorso),vorrei aggiungere altre informazioni e considerazioni che ritengo possano interessare.
La classifica non riguarda le città ma le province (107), di cui le città sono capoluogo.
Al di là del valore assoluto del punteggio conseguito, interessa soprattutto valutare i miglioramenti o i peggioramenti da un anno all’altro ed anche il posizionamento relativo di un territorio rispetto ad altri aventi caratteristiche analoghe.
La graduatoria generale è la sintesi di sei graduatorie settoriali, ciascuna delle quali utilizza sette indicatori. Questo consente anche di valutare punti di forza e di debolezza dei diversi territori.
Questa è la classifica delle prime dieci province, che vede nell’ordine: Milano, Bolzano, Aosta, Belluno, Trento, Trieste, Bologna, Pordenone, Treviso, Gorizia.
Le ultime dieci province, a partire dall’ultima, sono: Vibo Valentia, Foggia, Taranto, Reggio Calabria, Crotone, Enna, Caserta, Caltanisetta, Barletta-Andria-Trani, Brindisi.
Ciò premesso ecco alcune informazioni in merito al posizionamento di Bologna nelle classifiche settoriali.
A) Ricchezza e consumi: 5° in miglioramento. Parametri: Bologna è 5° nei depositi procapite, 3° nel Pil procapite (dopo Milano e Bolzano), 101° nel canone medio di locazione, 5° nel prezzo medio di vendita delle case, 10° nella spesa procapite in viaggi.
B) Affari e lavoro: 9° in peggioramento. Parametri: 2° nel tasso di occupazione (dopo Bolzano), 6° nelle start up innovative.
C) Ambiente e servizi: 4° in miglioramento. Parametri: 10° nell’Ecosistema urbano (Legambiente), 2° nell’home banking (dopo Milano), 104° nel rischio idrogeologico (% di superficie di territorio esposta a pericolosità franosa o idraulica), 3° nell’indice di smart city riferita al capoluogo (dopo Milano e Firenze).
D) Demografia e società: 15° in peggioramento. Parametri: 1° nel saldo migratorio interno (differenza fra iscritti da altro comune e cancellati per altro comune).
E) Giustizia e sicurezza: 74° in miglioramento. Parametri: 105° (prima di Milano e Rimini) in scippi e borseggi.
F) Cultura e tempo libero: 28° in peggioramento. Parametri: 6° nella spesa al botteghino per spettacoli, 9° nell’indice di sportività (diffusione di attività sportive).