Dillo al Sindaco ed alla Giunta

Matteo Lepore

Il sindaco Matteo Lepore, fin dall’inizio del suo mandato, ha preso una buona abitudine: ogni mese, per una settimana, si trasferisce con la Giunta in uno dei 6 quartieri, visita luoghi e realtà del territorio, partecipa ad alcuni eventi significativi, incontra cittadini ed associazioni a cui offre la disponibilità ad incontri su prenotazione con sindaco ed assessori. Di recente ne ho fatto esperienza diretta e giudico positivamente questa efficace modalità di relazione che avvicina istituzioni ed amministratori ai cittadini.

Cosa ne sarà del Terzo Polo?

Carlo Calenda e Matteo Renzi

A fronte di una deriva del PD verso posizioni di sinistra radicale, in particolare riguardo al tema dei diritti individuali, e di un suo avvicinamento al populismo dei 5Stelle, confermato dalla conquista della segreteria da parte di Elly Schlein, guardavo da qualche tempo con interesse ed attenzione al cosiddetto Terzo Polo: in particolare apprezzavo in larga misura le posizioni politiche di Calenda e l’intuito di Matteo Renzi, anche se non mi sfuggivano le difficoltà di una collaborazione tra due personalità forti e spiccatamente egocentriche. Tuttavia la prospettiva di una unificazione tra Azione ed Italia Viva in un unico partito moderato e riformista, ispirato alle culture liberaldemocratica e popolare, collocato nel campo del centrosinistra mi sembrava interessante, anche nella prospettiva delle elezioni europee del prossimo anno.

Grande è stata la delusione per le vicende di questi giorni, con lo scambio di accuse e d’insulti tra i dirigenti delle due formazioni politiche, a partire dagli stessi Renzi e Calenda. Ricevendo entrambe le loro newsletters ho avuto modo di leggere le rispettive “ragioni” e motivazioni della rottura.

Non ho alcuna intenzione di prendere parte per l’uno o per l’altro o di distribuire torti e ragioni.

Quello che è certo è che ciò che è accaduto segna a mio giudizio il declino politico sia di Calenda che di Renzi: fare buona politica non significa soltanto elaborare riflessioni e progetti efficaci di governo e di trasformazione positiva della società, ma anche avere la “sapienza” personale per realizzare le mediazioni ed i compromessi necessari per raccogliere attorno ad essi il necessario consenso e le opportune alleanze.

Non so se il progetto di unificazione di Azione ed Italia Viva (e magari di +Europa) sia definitivamente fallito. Penso comunque che un suo eventuale recupero non sia più affidato a Calenda e Renzi ma (perchè no?) ad una donna, certamente dotata di maggiore equilibrio e sensibilità politica: Bonetti? Carfagna? Bonino?

Dopo Meloni e Schlein forse questo è il loro momento.

A proposito di PNRR

Su Repubblica del 5 aprile scorso è comparso un articolo a firma di Tito Boeri e di Roberto Perotti intitolato “Cinque errori sul Pnrr”. In esso gli autori criticano alla radice il Piano, i cui soldi, in larga misura presi a prestito e non erogati a fondo perduto, “non sappiamo come spenderli e rischiamo di spenderli su progetti inutili o addirittura dannosi”.

Le critiche sono articolate in 5 punti.

Il Pnrr è nato nel modo sbagliato. “Si è voluto portare a casa più soldi possibile per poi porsi il problema di come spenderli”. “Nessun Paese, tanto meno l’Italia, è in grado di spendere così tanto in così poco tempo”.

Si è fatto troppo poco per migliorare la nostra capacità di spesa. Procedure di aggiudicazione dei lavori lente e farraginose. Ritardi nell’assunzione di tecnici e funzionari nella pubblica amministrazione. Il governo Meloni ha cambiato la governance del Piano.

Le priorità sbagliate. “Una lista della spesa infinita con decine di proposte strampalate, perchè “tanto ci sono i soldi del Pnrr”. “Pochi miliardi per le periferie e la qualità della vita”.

La fretta. “E’ molto più facile spendere soldi in fretta su mega impianti già esistenti.” “A RFI che normalmente spendeva 2 miliardi all’anno per investimenti è stato chiesto di triplicare la spesa”.

La trasparenza, il monitoraggio e il controllo della società civile. “Con fondi così ingenti è quasi impossibile controllare cosa fa il governo.” “Nessun paese, neanche i meglio amministrati, potrebbe gestire utilmente ed efficientemente un tale fiume di denaro in così poco tempo”. ”Non ha senso prendere a prestito per spendere in progetti con scarso valore per la società”.

Commento.

Difficile criticare più aspramente di così un piano di tale importanza. Da segnalare che la critica viene da due tecnici non certo di destra ed è pubblicata da un giornale che certo non simpatizza per la Lega. Eppure la conclusione dell’articolo è sostanzialmente in sintonia con le uscite più recenti di esponenti della Lega che proponevano di restituire all’Europa buona parte dei fondi che non si riuscirà a spendere entro il 2026. Mi sarei aspettato sui giornali di oggi una serie di reazioni che invece non ci sono state. Vedremo.

Bioetica e politica

Bioetica

La bioetica è quella parte della filosofia o della teologia morale che riguarda i diversi momenti della vita umana, in particolare della vita al suo inizio ed al suo termine. Naturalmente gli approcci di carattere culturale e di ispirazione politica ai temi della bioetica possono essere assai diversi tra loro, così come diverse possono essere le soluzioni normative che a tali temi dà (o, più spesso ahimè, non dà) la legislazione del nostro paese. Per fare alcuni esempi: abbiamo una legge (194/78) che regolamenta l’aborto (o Interruzione Volontaria della Gravidanza), una legge (40/2004) che regola la fecondazione assistita, una legge (219/2017) che consente il testamento biologico (o Dichiarazioni Anticipate di Trattamento), mentre manca a tutt’oggi una norma che autorizzi il ricorso, in determinate circostanze, al suicidio assistito, o una legge che regolamenti il riconoscimento della genitorialità delle coppie omosessuali. In entrambi questi ultimi casi è la magistratura (la Corte Costituzionale nel primo caso, la Corte di Cassazione nel secondo) ad aver formulato indirizzi e criteri che ancora non sono stati recepiti in modo organico con una legge del Parlamento.

Tutte le forze politiche, in qualche misura, scontano da questo punto di vista un colpevole ritardo per non essere riuscite ad approvare una legge, magari dopo una trattativa e le necessarie ed opportune mediazioni che sono spesso lo strumento della buona politica, come insegna la legge 194/78, una buona legge che richiede solo di essere applicata integralmente, anche nella sua parte preventiva e di sostegno alla maternità difficile.

Tenuto conto di ciò considero sbagliate le polemiche politiche sollevate di recente, soprattutto da sinistra, attorno al blocco della registrazione della genitorialità delle coppie omosessuali, tema che non può essere separato dalle modalità (tra cui la maternità surrogata) con cui è avvenuto il concepimento e la gestazione di questi bambini/e.

A questo proposito vorrei esprimere alcune considerazioni. Continua…

Amarcord

Ho conosciuto Elly Schlein poco meno di dieci anni orsono, per la precisione nell’autunno del 2013.

L’8 dicembre di quell’anno si svolsero le elezioni primarie per la scelta del segretario del PD, che doveva prendere il posto di Bersani.

Si recarono alle urne 2.800.000 elettori circa. Nel voto tra gli iscritti prevalse Renzi con il 45%, seguito da Cuperlo (inossidabile) con il 40%, Civati con il 9% e Pittella con il 6%.

Nel voto tra gli elettori vinse Renzi (68%) seguito da Cuperlo (18%) e Civati (14%).

Elly Schlein

Nel corso della campagna elettorale si svolsero iniziative nelle quali i sostenitori dei diversi candidati presentavano le rispettive mozioni.

Alla mitica sala Sirenella, in via Andreini 2, si svolse un affollato incontro nel corso del quale io presentai la mozione Renzi ed una giovane Elly Schlein presentò la mozione Civati.

Al termine dell’incontro scambiai con Elly qualche parola di stima ed apprezzamento reciproco.

Da qualche tempo fatico a riconoscermi nel PD. Delle diverse culture fondative di questo partito mi pare che ormai ne trovi spazio una sola, quella socialdemocratica. Con la Schlein segretaria è prevedibile che di tale cultura venga data una interpretazione ancora più radicale e massimalista.

Vedremo. Cercherò di giudicare con onestà intellettuale.

Le primarie del PD

Bonaccini e Schlein

Innanzitutto cominciamo a dire che quelle del 26 febbraio prossimo non sono vere elezioni primarie.

Lo furono quelle del 16 ottobre 2005, una consultazione organizzata dai partiti dell’Unione per scegliere il candidato premier e che ebbero come risultato l’elezione di Romano Prodi da parte di  più di 4 milioni di italiani.

Ora si tratta invece di scegliere il segretario del PD, una scelta che è già stata fatta dagl’iscritti al partito che hanno premiato Bonaccini con il 53% dei voti contro il 35% di Schlein.

Il 26 febbraio potranno votare tutti coloro che sono elettori o simpatizzanti del PD e mi limito a dire che sarebbe davvero “stravagante” che venisse nominato segretario del PD una persona diversa da quella scelta dagl’iscritti allo stesso partito.

P.S. Prendo atto dei diversi commenti sulla pagina Fb e provo a chiarire ulteriormente il mio pensiero.

Trovo che sia sempre giusto, da parte del PD, organizzare elezioni primarie vere, (cioè seguite da elezioni politiche o amministrative “secondarie”) per dare modo non solo agli iscritti ma anche ad elettori e simpatizzanti di scegliere il candidato da presentare e sostenere appunto alle elezioni secondarie: è un modo democratico di allargare il consenso e la partecipazione democratica. Considero invece privo di giustificazioni fare decidere ai non iscritti chi debba essere il segretario del partito e che sarebbe “stravagante” cioè bizzarro e non privo di conseguenze per la vita del partito stesso, che risultasse scelta una figura diversa da quella votata a larga maggioranza dagli iscritti.
A me non vengono in mente organizzazioni (un condominio, un’associazione, un movimento) che demandino ai non appartenenti la decisione circa la guida dell’organizzazione stessa.

L’aria che tira

Con la fine del 2022 è già possibile fare una prima, sommaria valutazione della qualità dell’aria nell’anno trascorso. Esaminando i dati delle stazioni di monitoraggio ubicate sul territorio bolognese si rileva che l’unico parametro che, come in passato, ha superato i limiti, è l’ozono, nel periodo estivo.

Le polveri sottili (PM10), indicatore sul quale si è sempre appuntata l’attenzione, indicano per la nostra città una situazione critica ma entro i limiti normativi per quanto riguarda il numero dei giorni nei quali si è superata la concentrazione media di 50 mcrgr/mc. Inoltre Bologna sembra offrire una situazione migliore di quasi tutti gli altri capoluoghi di provincia, salvo Forlì-Cesena. Anche il dato di concentrazione media annua, che sarà comunicato a breve da ARPAE, rientrerà certamente nel limite dei 40 mcrgr/mc.

Tenuto conto del fatto, ampiamente risaputo, che i livelli di qualità dell’aria dipendono in larga misura dalle condizioni atmosferiche di maggiore o minore instabilità dell’aria, ecco il numero di giorni nei quali si è avuto il superamento del limite normativo, nelle stazioni che, provincia per provincia, vengono assunte come rappresentative delle condizioni di traffico urbano (per Bologna, Porta S.Felice):

Piacenza 47, Parma 46, Reggio Emilia 64, Modena 75, Bologna 33, Ferrara 61, Ravenna 37, Forlì-Cesena 27, Rimini 42.

Solo Bologna e Forlì-Cesena hanno rispettato il limite massimo di 35 giorni.

Ribadisco: questi dati non sono tali da tranquillizzare completamente i cittadini bolognesi ma forniscono un quadro oggettivo e non catastrofico della qualità dell’aria.

Da questo punto di vista segnalo due campagne di misura che a suo tempo (2012 e 2015) ARPAE effettuò mediante un laboratorio mobile collocato in diversi punti limitrofi al tracciato del sistema autostrada-tangenziale. Il confronto tra queste misure e quelle rilevate in contemporanea dalla stazione di Porta S. Felice mise in evidenza aspetti assai interessanti ed articolati, nel senso che a seconda dei parametri presi in considerazione venivano espressi giudizi differenziati.

Immagino (voglio sperare) che una campagna di misure adeguata, mediante un sistema di centraline fisse e mobili, per la valutazione dell’inquinamento atmosferico nelle zone interessate dal tracciato del Passante sia attualmente in corso di svolgimento, allo scopo di fotografare la situazione ante-operam, che andrà confrontata via via con la situazione nel corso dei lavori ed in condizioni di esercizio. Sarà interessante anche il confronto con i dati del 2012 e del 2015, in una situazione odierna che dovrebbe essere avvantaggiata da un parco veicoli meno inquinanti.

P.S.

Il 10 gennaio ARPAE ha pubblicato i dati relativi alla qualità dell’aria in ambito regionale.

Essi confermano, nel dettaglio, il giudizio speditivo da me espresso qui sopra.

Per consultare il rapporto ARPAE https://www.arpae.it/it/notizie/la-qualita-dellaria-nel-2022-in-emilia-romagna

Bologna è prima nella classifica 2022 della qualità della vita

Qualità della vita 2022

Il Sole 24 ore ha pubblicato oggi la classifica sulla Qualità della vita delle 107 province italiane per il 2022. E’ dal 1990 che il quotidiano economico della Confindustria calcola e pubblica questa classifica, redatta sulla base di numerosi indicatori, rivisti e perfezionati anno dopo anno.

Per l’anno in corso il primo posto è toccato a Bologna, che già si era classificata al top nel 2000, 2004, 2011 e 2020.

Seconda è risultata Bolzano, anch’essa abituata, più ancora di Bologna, a classificarsi nei primi posti. Terza Firenze, quarta Siena e quinta Trento.

Le Regioni che, come spesso accade, piazzano diverse province nei primi posti sono il Trentino-Alto Adige, l’Emilia-Romagna e la Toscana.

Dal momento che la classifica in questione, come detto, si basa su molti indicatori, credo che più ancora che guardare al posizionamento di una provincia nella classifica generale, sia interessante esaminare i risultati ottenuti nei 90 indicatori che, raggruppati in 6 ambiti, consentono di esaminare punti di forza e di debolezza dei diversi territori.

Per curiosità sono andato a verificare in dettaglio come si è comportata Bologna. Ecco cosa risulta.

Bologna è seconda in Ricchezza e Consumi, settima in Affari e Lavoro (con particolare apprezzamento per la occupazione giovanile), novantanovesima in Giustizia e Sicurezza (tradizionale punto debole), prima in Demografia e Società (con eccellenze nel numero di diplomati e laureati), tredicesima in Ambiente e Servizi e decima in Cultura e Tempo libero (grazie alla elevata informatizzazione e partecipazione elettorale).

Credo che possiamo andare orgogliosi di essere cittadini bolognesi!

Le scelte di Piantedosi e Meloni

Le scelte del ministro Piantedosi e del governo Meloni in tema di controllo dell’immigrazione (con le “innovazioni” dello “sbarco selettivo” e del “carico residuo” (sic!) sono a mio giudizio non soltanto criticabili sul piano umanitario e dal punto di vista della legittimità ma anche profondamente incoerenti. Esse infatti riguardano meno di un decimo dei migranti disperati che cercano di giungere nel nostro paese. Tutti gli altri sbarcano dopo essere stati salvati dalla Guardia costiera italiana o prendono terra direttamente dai barconi con i quali hanno fortunosamente attraversato il Mediterraneo. In questi casi, per fortuna, nessuno si azzarda a selezionare i cosiddetti fragili ed a riportare gli altri in acque internazionali.

Forse Piantedosi e c. pensano di strumentalizzare vite umane duramente provate per dissuadere le ONG straniere dal prestare soccorso e per ottenere dall’Europa una revisione (doverosa) degli accordi di Dublino. Se le cose stanno così bisogna dire con fermezza che i fini non giustificano in alcun modo i mezzi. Oltretutto questa selezione dei fragili potrebbe anche incentivare atti di autolesionismo.

Il nostro paese ha bisogno di una drastica riforma delle proprie leggi che regolano l’immigrazione, a partire dalla cancellazione della Bossi-Fini. Ma sarà mai possibile con questo parlamento e con questo governo di destra-centro?

Si fa presto a dire “pace”

Guerra in Ucraina

In questi giorni si svolgeranno tante manifestazioni per la pace in Ucraina, che si aggiungono a quelle che già si sono svolte negli scorsi mesi.

Sono iniziative che interpretano il desiderio di tutti che la guerra finisca al più presto e con essa le sofferenze, le morti e le devastazioni del popolo e del territorio ucraino e il senso di precarietà e di timore che provoca angoscia in tutti noi.

Bene quindi le manifestazioni e bene anche le (ormai poche) bandiere arcobaleno alle finestre.

Tuttavia vorrei aggiungere alcune considerazioni.

In primo luogo mi auguro che non venga turbato l’aspetto ed il carattere unitario che le manifestazioni per la pace debbono avere: pertanto nessuno dovrà intestare a sé la titolarità delle iniziative usando parole divisive oppure esibendo simboli ed immagini di parte.

Ciò che accomuna tutti i partecipanti, ed anche chi comunque solidarizza con una manifestazione, è il desiderio che le armi tacciano lasciando spazio ai negoziati di pace. Analogamente tutti riconoscono che c’è un aggressore ed un aggredito.

Sottolineo con forza questa esigenza di spirito unitario perchè sono convinto che tra coloro che partecipano a marce e manifestazioni per la pace in Ucraina esistano nella realtà numerosi motivi di contrasto e divisione.

Ad esempio ci sono opinioni diverse sulle cause della guerra e su chi ne porti la responsabilità principale: chi l’attribuisce esclusivamente a Putin, chi chiama in causa gli Stati Uniti e la Nato, chi punta il dito contro l’intransigenza di Zelensky….

Altro aspetto fortemente divisivo riguarda l’invio di armi all’Ucraina: c’è chi è d’accordo, vedendo in questo un doveroso sostegno alla legittima difesa degli ucraini e c’è chi ritiene che in questo modo si alimenta colpevolmente il conflitto.

E infine c’è un tema che viene normalmente sottaciuto anche dai tanti che chiedono (giustamente) a gran voce l’apertura di un serio negoziato di pace, ed è su quale piattaforma, su quali punti dovrebbe fondarsi tale negoziato.

Ad esempio: l’esercito russo dovrebbe ritirarsi o no dai territori occupati ripristinando la situazione ante 24 febbraio? I territori della Crimea, del Donbass, e del Lugansk, dovrebbero far parte del territorio ucraino, magari con un regime di parziale autonomia o dovrebbero acquisire l’indipendenza, magari a seguito di una libera consultazione elettorale? E l’Ucraina stessa, stato sovrano, potrebbe liberamente scegliere di aderire alla Unione Europea ed anche alla NATO oppure dovrebbe impegnarsi a mantenere uno status di neutralità.

Sono solo alcuni degli aspetti che il negoziato di pace che tutti auspichiamo dovrebbe affrontare.

In conclusione ribadisco che le manifestazioni e le marce pacifiste sono opportune anche se, per mantenere il loro indispensabile carattere unitario, sono obbligate a tenersi alla larga da quei problemi che in realtà si frappongono tra la guerra e la pace.