Spigolature di politica

Mario Draghi

Le vicende politiche nazionali e locali di questi giorni hanno suscitato in me alcune riflessioni che cerco di esprimere per punti.

Se la politica è disgiunta, non accompagnata dalla buona amministrazione e dal buon governo (intesi come capacità di pensare e realizzare progetti) e non al servizio di essi, perde completamente di significato e risulta vuota ed incomprensibile ai cittadini. Ne è prova la nascita e la vita del governo Draghi. Qui la politica non guida ma è a rimorchio di un governo che è nato proprio dalla incapacità della politica stessa e dei partiti di svolgere fino in fondo la loro funzione. Se questa situazione dovesse durare a lungo, l’allontanamento dei cittadini dalla politica (di cui è sintomo anche la crescente astensione alle elezioni) crescerebbe ancora di più.

Matteo Lepore

Matteo Lepore

Ricordo ancora quando, in Consiglio comunale, qualcuno si alzava a parlare e, incapace di misurarsi con i problemi amministrativi e con le soluzioni da dare ad essi esordiva dicendo: “ora faccio un discorso politico”.

Una linea politica fondata unicamente sulla contrapposizione ad un avversario, sia esso Berlusconi, Salvini o la destra fascista, e che trova in questo la sua principale legittimazione e ragion d’essere è destinata a fare poca strada.

Si dice da più parti che la vittoria di Lepore e la larga coalizione che lo ha sostenuto rappresentano un modello da replicare a livello nazionale (il cosiddetto laboratorio “Bologna”). Sottolineerei a questo riguardo che tutti i processi politici si basano su persone in carne e ossa e sulle loro qualità e capacità politiche e prima ancora umane. Non si tratta principalmente di un problema di formule o di alchimie politiche.

Lepore ha avuto il merito di circondarsi di tanti giovani e di avvalersi della loro collaborazione. C’è stato un vero e proprio salto generazionale rispetto all’amministrazione precedente e questo è un ottimo dato. La mia sensazione, purtroppo, è che tra questi giovani manchino quelli di ispirazione cattolica, provenienti dalle parrocchie o dall’associazionismo cattolico (ACI, AGESCI, …), magari molto impegnati nel volontariato e nel catechismo ma lontani dalla politica. Se questo è vero, (e temo che lo sia), credo che la comunità ecclesiale debba interrogarsi su quale sia la causa di questo disinteresse e disimpegno. Mancanza di una cultura politica, di una educazione alla politica e sul rapporto fra fede e politica, tra integralismo e laicità?

D’altro canto mi pare che anche nella compagine dei più stretti collaboratori di Lepore e tra i consiglieri comunali della maggioranza che lo sostiene, gli esponenti della sinistra cattolico-democratica siano quasi totalmente assenti. Di questo limite è un sintomo anche il “taglio” ed il contenuto del programma elettorale di Lepore, molto “progressista” (termine peraltro, a mio giudizio, ambiguo se non si chiariscono i termini ed i parametri di questo “progresso”) ma poco segnato da valori cari alla cultura cattolica (natalità, famiglia, pace ….).

Obbligo di vaccinazione e green pass

Green pass

Il dibattito attorno ai temi dell’obbligo vaccinale generalizzato e del green pass è in questi giorni sempre più acceso. In particolare i principali esponenti della destra (Giorgia Meloni e, sia pure con qualche ambiguità, Matteo Salvini) ed alcuni intellettuali (ad esempio Cacciari e Barbero) da un lato esprimono la loro contrarietà nei confronti dell’obbligo vaccinale esteso a tutti e della estensione ulteriore del green pass ad altre categorie, dall’altro,un po’ paradossalmente, criticano la mancanza di coraggio del governo che, invece di introdurre per legge l’obbligo vaccinale, lo farebbe surrettiziamente e con ipocrisia attraverso il green pass. In ogni caso ci troveremmo di fronte ad un grave attacco alla libertà dei cittadini.

La mia opinione è, al contrario, che fino ad ora il governo Draghi si sia mosso, nei provvedimenti di contrasto alla pandemia, con efficacia e coerenza.

Provo a spiegarmi. Continua…

Come integrare al suo interno S.Donato-S.Vitale ?

I vecchi quartieri

Il confine tra i quartieri S.Donato e S.Vitale, oggi riuniti dal punto di vista amministrativo ed istituzionale, era ed è pesantemente rappresentato da linee ferroviarie: lo scalo merci, la linea di cintura, la Portomaggiore-Bologna e la Bologna-Rimini, barriere fisiche interrotte soltanto da alcuni cavalcavia, sottopassi o passaggi a livello.

Al di là di tutti i provvedimenti di carattere sociale e culturale che possono favorire una sempre maggiore integrazione del quartiere S.Donato-S.Vitale, mi pare comunque necessario intervenire per migliorare e rendere sempre più agevoli e sicuri i collegamenti fisici (pedonali, ciclabili e veicolari) tra le due zone.

E’ quello che si sta facendo con l’intervento manutentivo sul ponte di via Libia e con quello in programma sul ponte di via S.Donato (il terzo collegamento assicurato dal sottopasso di via Hengel Gualdi è relativamente recente e già adeguato).

S.Donato-S.Vitale

Un altro intervento atteso da tanti anni, che va in questa direzione e che dovrebbe trovare (ormai non ci si spera più) prossima attuazione è quello che riguarda il completamento dell’interramento del tratto urbano della ferrovia Portomaggiore-Bologna, con la eliminazione (tra gli altri) dei passaggi a livello di via Libia e via Rimesse.

Infine dovrebbero essere abbreviati i tempi per la realizzazione del sottopasso pedonale/ciclabile di via Mondo-via del Terrapieno, mentre tra le opere connesse alla esecuzione del Passante sono previsti collegamenti pedonali/ciclabili nei sottopassi della linea ferroviaria di cintura in via Emanuel e via della Campagna.

E per finire perchè non provare ad immaginare per il quartiere S.Donato-S.Vitale, magari attraverso un concorso di idee che coinvolga le scuole, un nuovo nome, che elimini il trattino e riassorba le due identità? Un fatto simbolico, certo, ma i simboli hanno il loro peso.

Lista PD. Dentro o fuori?

Partito Democratico

Tema. E’ possibile che gli esponenti del PD (assessori e consiglieri comunali) che alle primarie hanno appoggiato Isabella Conti anziché Matteo Lepore vengano inseriti nella lista PD per il Consiglio comunale?

Svolgimento. Per rispondere alla domanda provo a mettere in fila alcune considerazioni ed a trarne le conseguenze.

1) Gli esponenti di cui sopra hanno legittimamente ritenuto che Lepore non fosse il candidato migliore per ricoprire il ruolo di sindaco ma la maggioranza dei votanti alle primarie non è stata dello stesso parere.

2) Non condivido la richiesta di espulsione dal PD avanzata da alcuni iscritti ma di fatto la scelta di Aitini e C. si è posta in contrapposizione con quella del PD, il cui unico candidato era Lepore.

3) Gli esponenti di cui parliamo hanno ricoperto ruoli di rilievo nel passato mandato amministrativo e la loro eventuale elezione in Consiglio comunale nel gruppo consiliare PD li porrebbe in una condizione oggettivamente anomala ed imbarazzante (retrocessi da assessori a semplici consiglieri, in potenziale atteggiamento critico ed antagonista con chi andrà a ricoprire il loro ruolo precedente e nei confronti di un sindaco che avevano giudicato inadeguato). La lealtà di cui dette prova Andrea Colombo in una condizione soltanto simile non è affatto scontata.

4) Dal punto precedente consegue la prospettiva di un gruppo consiliare PD (certamente privo della maggioranza in Consiglio) diviso e frammentato. Quanto di peggio per garantire una navigazione tranquilla alla giunta Lepore, la cui maggioranza consiliare sarà costituita da diversi gruppi poco omogenei tra loro.

Conclusione. Per le ragioni di cui sopra mi sembrerebbe un errore inserire nella lista PD gli esponenti di cui si tratta. A questa conclusione potrebbero arrivare spontaneamente, per coerenza, gli stessi esponenti che, in qualche caso, hanno già alle spalle una lunga carriera politica e le cui competenza e capacità (penso in particolare a Marco Lombardo che conosco ed apprezzo) potrebbero comunque trovare una valorizzazione in altre sedi.

Il portico di via de’Chiari

Via de'Chiari

Via de'Chiari

Il riconoscimento Unesco ai portici di Bologna, insieme all’iniziativa di Repubblica Bologna che invita i lettori a segnalare quale sia il loro “portico del cuore”, mi ha riportato con la mente (e con il cuore) al portico di via de’ Chiari, una strada del centro storico che unisce via Castiglione e via Cartoleria, dove ho abitato al n.19 ed ho vissuto gli anni della mia giovinezza dal 1943 al 1968. Il portico di via de’ Chiari è suggestivo, ha un’altimetria e planimetria variabile, una caratteristica certo non esclusiva (basta andare in via Castiglione, a pochi metri di distanza per osservare il medesimo aspetto) ma non frequente. I ricordi, come potete immaginare, sono tantissimi.

Questo portico ha coperto e protetto i nostri giochi: i circuiti tracciati col gesso, che simulavano gare ciclistiche, con i tappi corona (i “coperchini” da fare avanzare con il “cricco” del dito medio e del pollice) che contenevano le immagini dei campioni di allora, le battaglie con le cerbottane (i tubi dei lampadari) che sparavano frecce di carta.

Questo portico è stato spettatore di classiche evasioni con lenzuola dall’adiacente carcere di S.Giovanni in Monte.

Questo portico ha ospitato botteghe “d’epoca”: la latteria che vendeva latte sfuso, il negozio dove d’estate andavi a comprare le stecche di ghiaccio per tenere al fresco i cibi. Nel triangolo via de’ Chiari, via Castiglione, via Cartoleria con prolungamenti in via de’ Poeti, piazza S.Giovanni in Monte e piazza S.Domenico si è giocata larga parte della mia vita di bambino e ragazzo, in una compagnia che comprendeva Lucio Dalla ed i fratelli Stefano e Giorgio Bonaga.

Ieri sono stato a rivedere via de’ Chiari. Tutto è cambiato. Quella che era una strada popolare non ha più negozi ed ospita una decina di numeri civici con appartamenti che immagino ristrutturati e di buon livello. Ma soprattutto dove incombevano le alte mura del vecchio carcere oggi dominano gli edifici universitari, dove c’era la postazione delle guardie carcerarie oggi c’è il collegio Erasmus, al posto del “casermone” (enorme fabbricato che ospitava famiglie povere) oggi c’è il Dipartimento di lingue dell’Università e l’ingresso dell’aula absidale di S.Lucia.

Quello che è rimasto invariato è l’immagine della Madonna, in un affresco vicino al n.23, che osserva e veglia su tutto.

Queste primarie

Qualche osservazione in merito all’andamento della campagna elettorale delle primarie per la scelta del candidato sindaco bolognese del centrosinistra.

1) La candidatura di Isabella Conti è legittima. Non è dato sapere sapere se si tratta prevalentemente di un’iniziativa di Matteo Renzi o di una scelta autonoma di Isabella. Certi ed evidenti tuttavia sono gli effetti: una profonda spaccatura del PD ed un’ assoluta incertezza e precarietà della coalizione di cui il PD è perno.

2) Infatti, stando alle dichiarazioni di esponenti della sinistra (Coalizione civica ecc.), del M5S e, da ultimo, di Tonelli (centrista di Bologna civica, che guarda in tutte le direzioni) il loro voto non andrà al vincitore delle primarie, chiunque esso sia ma soltanto, eventualmente, al loro candidato del cuore. E c’è il sospetto che il medesimo atteggiamento potranno averlo anche esponenti del PD, alla faccia dello “spirito delle primarie”, che rischiano oltretutto di essere completamente snaturate, se c’è chi (come Tonelli) non si perita di dire che voterà Conti ma, in caso di vittoria di Lepore non soltanto non lo voterebbe, ma non esclude di potersi candidare a sindaco contro di lui.

3) Mi pare che i sostenitori di Isabella motivino la loro preferenza non tanto con l’argomento “Conti è più capace ed ha più titoli di Lepore per amministrare Bologna” ma con la presunta capacità di Isabella, grazie al suo profilo, di andare a prendere i voti di un elettorato moderato, vicino al centrodestra”, dimenticando o sottacendo che allo stesso tempo si perderebbe una parte consistente di elettorato di sinistra e diffidente nei confronti di Matteo Renzi.

4) La scelta di Aitini di non candidarsi alle primarie (cosa che, al contrario, aveva ripetutamente affermato per lungo tempo) e di fare ticket con Isabella Conti, mi sembra molto grave, non tanto per ragioni di disciplina di partito ma perchè implicitamente Aitini riconosce che ciò che gli sta più a cuore non è la propria legittima ambizione di essere sindaco di Bologna ma piuttosto che non lo diventi un suo collega di partito e di giunta.

5) Il fatto che anche altri esponenti del PD, colleghi di Lepore nella giunta Merola, o comunque personalità di spicco (come Gualmini) abbiano scelto di sostenere Conti e non Lepore mi ha fatto pensare a ragioni di gelosia o a motivi di carattere non politico ma personale, il che è certamente legittimo ma, almeno da parte mia, non molto apprezzabile.

Caro Matteo

Matteo Lepore

Caro Matteo ti scrivo, così mi presento un po’.

Noi non ci conosciamo di persona ma, per ora, soltanto di vista. Siamo diversi, soprattutto per età: io ho 78 anni, tu 41. Abbiamo anche molte cose che ci uniscono: siamo nati a Bologna e fieri di essere di questa città a cui vogliamo bene, abbiamo studiato al Galvani, siamo appassionati di basket (io virtussino non viscerale, tu non so ma ha poca importanza), consideriamo un importante forma di servizio fare buona politica e buona amministrazione e abbiamo cercato di metterlo in pratica in Quartiere (tu a Savena come presidente, io a S.Donato come consigliere negli anni ‘70 e come vicepresidente dal ‘95 al 2004) ed in Comune (tu come assessore dal 2011 al 2021, io come consigliere dal 2004 al 2010).

In base a quello che so di te e dei tuoi propositi sono convinto che tu abbia le qualità, la competenza e la passione per essere il candidato del centrosinistra ed il sindaco di Bologna per i prossimi dieci anni.

Per quanto sta in me farò il possibile perchè questo accada.

Per non tenerla troppo lunga ti unisco di seguito una serie di raccomandazioni e di proposte.

Falle tue se le condividi.

Buona strada.

Innanzitutto Continua…

Il centrosinistra bolognese verso le elezioni

Isabella Conti e Matteo Lepore

Premetto che sono iscritto al PD, che non appartengo ad alcuna delle sue correnti, che, ormai da molti anni, non mi riconosco in alcuno dei leaders nazionali o locali del partito e che cerco di ragionare con la mia testa.

Come è noto in autunno si eleggerà il sindaco (del comune di Bologna e della Città metropolitana) ed il consiglio comunale. Il candidato sindaco del centrosinistra si presenterà sostenuto da un certo numero di liste, formate da partiti, movimenti ed espressioni della società civile che tutte insieme daranno vita alla coalizione che, in caso di auspicabile vittoria, esprimerà la maggioranza a sostegno del sindaco e della sua giunta.

Al punto in cui siamo, a pochi giorni dalla fine di aprile ed a pochi mesi dalle elezioni, la situazione mi sembra la seguente.

Non soltanto non c’è ancora il candidato sindaco del centrosinistra, ma non c’è nemmeno la coalizione che lo sostiene. Il PD, perno della coalizione stessa, appare profondamente spaccato, diviso tra alcuni dei suoi esponenti e candidati potenziali. Tra i partiti e movimenti virtualmente destinati a formare la coalizione si moltiplicano i veti incrociati.

Insomma ci sono tutte le premesse, soprattutto se il centrodestra (che al momento non se la passa meglio) riuscisse a ricompattarsi attorno ad una candidatura “alla Guazzaloca”, per replicare la sconfitta del 1999. Continua…

Qualche riflessione in tema di violenza sulle donne

Femminicidi

Si tratta di un fenomeno purtroppo ricorrente, che sembra non conoscere sosta e che troppo spesso ha come esito il femminicidio.

Da parte di associazioni femministe si chiede agli uomini di prendere posizione senza ambiguità di fronte a tale situazione, oltre che, ovviamente, di prendere personalmente le distanze da ogni comportamento violento nei confronti delle donne.

Devo dire che quando leggo questi appelli, caratterizzati in genere (con qualche giustificazione) da un tono di rimprovero e di accusa nei confronti del mio genere, reagisco condividendo (come non farlo?) le ragioni che ispirano le promotrici e aderendo di buon grado (costa poca fatica) ad unirmi ai maschi solidali con le vittime. A ciò si accompagna anche un rapido esame di coscienza che si conclude regolarmente con un’ autoassoluzione: certamente non mi sognerei mai di alzare le mani su una donna o di usarle violenza.

E tuttavia ho la sensazione che queste sequenze (episodi di violenza sulle donne – appelli di condanna – firma e adesione) siano insufficienti perchè non aiutano ad analizzare e ad affrontare le dinamiche e le tensioni del rapporto tra i generi, al di fuori dagli schemi precostituiti.

Non si tratta (voglio essere chiaro) di trovare attenuanti o giustificazioni a comportamenti ed azioni esecrabili e condannabili come la violenza fisica o mentale nei confronti delle donne, ma di cercare di fare chiarezza su quegli aspetti personali (di carattere psicologico o comportamentale) e sulle situazioni e condizioni di contesto nelle quali si producono malintesi, dissapori, conflitti e divisioni che non si sa come gestire e che sfociano in episodi e successivamente, in un clima ordinario di intolleranza e di violenza.

Questo processo di sincera autoanalisi, al di là dei classici stereotipi di genere, dovrebbe essere condotto da ogni uomo e da ogni donna in modo da individuare ed elencare, a partire dalla propria esperienza personale, le parole, i comportamenti, gli atteggiamenti dell’altro/a che suscitano reazioni e sentimenti ostili, di avversione, di contrapposizione e finanche di odio espressi od inespressi, che rappresentano la premesse ed il brodo di coltura della violenza verbale o fisica.

Per cercare di approfondire il tema ho acquistato il libro di Michela Murgia, “Stai zitta ed altre nove frasi che non vogliamo sentire più” e vorrei esprimere alcune impressioni ricavate dalla sua lettura. Continua…

Amarcord il Pilastro

Il Pilastro alla nascita

In un recente incontro della Commissione diocesana “Cose della politica” si è parlato dei “non luoghi”, cioè di quegli spazi che hanno la prerogativa, secondo l’antropologo francese Marc Augé, di non essere identitari, relazionali e storici. A questo proposito, benchè non corrisponda alla categoria classica dei non luoghi (sale d’aspetto, fermate dei bus, ascensori ecc.) mi è venuto in mente, almeno alla sua origine, il villaggio del Pilastro. Questo mi ha portato a ripensare alla sua storia ed alla sua evoluzione.

Il Pilastro nasce agl’inizi degli anni ‘60, all’interno del P.E.E.P. (Piano per l’edilizia economica e popolare) bolognese. Lo I.A.C.P. (Istituto Autonomo Case Popolari), l’attuale A.C.E.R., progetta e realizza un complesso edilizio destinato soprattutto ad immigrati dal meridione e da zone depresse del Ferrarese e del Polesine, utilizzando un’area ubicata ben al di là della Tangenziale, nel quartiere S.Donato. Il villaggio viene inaugurato nel 1966 dal cardinale Giacomo Lercaro ed accoglie all’inizio circa 2500 persone.

Si dà in questo modo risposta ad una domanda abitativa assai pressante in quegli anni (un altro analogo intervento si realizza alla Barca) ma secondo una modalità ben diversa da quella dei villaggi INA Casa: il Pilastro nasce come villaggio “dormitorio”, isolato e lontano dalla città, totalmente privo di servizi e di esercizi commerciali, abitato da un ceto popolare non integrato nel contesto cittadino.

Non ho mai abitato al Pilastro ma vivo con la mia famiglia in S.Donato dal 1968. Continua…