Una bella vittoria della buona politica

Salvini e lo sgombro

Matteo Salvini si è impegnato al massimo per vincere, attraverso la sua prestanome Lucia Borgonzoni, le elezioni regionali in Emilia Romagna, mettendo in gioco una indiscutibile energia (ha battuto il territorio in lungo e in largo per alcuni mesi) la sua abilità nel fare campagna elettorale (i selfies a tappeto) la sua potente macchina della propaganda on line (la cosiddetta Bestia).

In questo modo ha rischiato grosso esponendosi in prima persona e caricando le elezioni regionali di una valenza nazionale.

La sua netta sconfitta (quasi 8 punti di scarto tra Bonaccini e Borgonzoni ed il PD nuovamente primo partito in regione) è una buona notizia per chi crede ancora nella buona politica, sia dal punto di vista dei contenuti che dei modi, degli strumenti e delle parole che la politica utilizza.

Provo a sintetizzare i tre elementi che a mio giudizio hanno propiziato la vittoria di Bonaccini.

Innanzitutto attorno a lui il centrosinistra è stato tutto unito, (al netto delle tre listine dei “puri e duri” che hanno totalizzato complessivamente l’1% dei voti), dalla sinistra di E.R.Coraggiosa ai movimenti di Renzi e Calenda, passando dal PD: merito certamente del candidato che ha puntato tutto sulla propria esperienza unitaria di buon governo ma anche del senso di responsabilità delle diverse anime del centrosinistra.

In secondo luogo gli elettori non si sono fatti distrarre dal Salvini leader nazionale ma hanno giudicato il valore dei candidati alla carica di governatore regionale ed hanno premiato Bonaccini (che ha avuto oltre il 3% in più dei voti delle liste che lo sostenevano) rispetto alla Borgonzoni (che ha avuto quasi il 2% in meno delle sue liste), per non parlare di Benini, candidato dei 5Stelle, relegato ad un modesto 3,5% mentre la lista del suo movimento ha avuto 1,2% di voti in più di lui: insomma, come si prevedeva, il voto disgiunto, pur non essendo stato determinante, ha avuto un certo peso, non soltanto tra i grillini ma anche all’interno del centrodestra (sia FdI che FI non amano, evidentemente, il protagonismo arrogante di Salvini).

Il terzo fattore che ha spinto Bonaccini al successo è stato rappresentato dalle Sardine, che hanno da sole contrastato Salvini sul suo terreno (le piazze, il territorio) battendolo nei numeri e soprattutto nello stile, nei modi, nelle parole usate per fare politica. Le Sardine hanno rianimato e dato coraggio al popolo del centrosinistra chiamandolo con successo alla partecipazione nelle piazze e nelle urne.

Anche (non solo) attraverso l’impegno e la presenza delle Sardine i cittadini hanno preso coscienza che Re Salvini era nudo: la falsa narrazione sul pericolo rappresentato dagl’immigrati, i decreti sicurezza che alimentano la paura, l’indegno tormentone su Bibbiano, lo squallido episodio del citofono al Pilastro….

Non mi dilungo sulle ricadute “nazionali” del voto in Emilia Romagna. Mi limito ad accennare al ripristino del bipolarismo destra/sinistra propiziato dai risultati catastrofici del M5S ed alla “maretta” che non mancherà di prodursi nel campo della destra: una sconfitta grave, non compensata dalla prevista vittoria in Calabria, da parte per giunta di una candidata di FI, farà sentire i suoi effetti minando la coesione della coalizione.

Appello al voto?

Stefano Bonaccini

Un amico che ricopre cariche istituzionali in Comune di Bologna mi ha scritto questa mattina un messaggio su WhatsApp: “Buongiorno Paolo. Stiamo aspettando il tuo appello al voto….”

Ecco la mia risposta.

Caro amico, il tuo messaggio di questa mattina circa il mio appello al voto per le imminenti elezioni regionali mi ha sorpreso (ed anche, lo ammetto, un po’ lusingato) e m’induce a riordinare idee e riflessioni di queste ultime settimane.

I motivi principali per cui non mi sembrava il caso che io dessi indicazioni o suggerimenti su come votare sono sostanzialmente due.

Da un lato non credo di avere particolare titolo ed autorità per fare questo. Non ricopro cariche istituzionali e non faccio più da tempo vita politica attiva, in parte per la limitazione di autonomia di cui soffro da oltre sette anni, ma ancor più per l’oggettiva carenza d’iniziativa politica del circolo PD al quale ero iscritto, che non va molto oltre l’organizzazione di pranzi o cene di autofinanziamento.

In secondo luogo ti confesso che, al di là della piena convinzione dell’assoluta necessità d’impegnarsi per la vittoria di Bonaccini, se penso a quale scegliere fra le liste che lo sostengono sono preso da qualche incertezza.

Se ragiono guardando alla linea che i diversi partiti o movimenti di centrosinistra sostengono a livello nazionale non so se optare ancora una volta per il PD (per ragioni di fedeltà, nonostante le incertezze della leadership di Zingaretti e le vaghe ed ambigue prospettive di rinnovamento) o per la lista Bonaccini che ospita candidati che si richiamano a Italia Viva (sono deluso da Renzi del quale tuttavia non dimentico i meriti del passato) e ad Azione (ti confesso che quando sento parlare Calenda mi trovo spesso d’ accordo con lui). Non troverei nemmeno sbagliato un voto a + Europa o ad Europa Verde (nonostante la consueta dimostrazione della incapacità di convergenza a sinistra) o ad Emilia-Romagna Coraggiosa, anche se il mio voto non sarà certamente per queste liste.

L’altro criterio giusto per scegliere la lista da votare è quello di guardare ai nomi dei candidati in lista. Da questo punto di vista nella lista del PD trovo, oltre a nomi che non conosco, persone che non apprezzo minimamente, persone che conosco ma di cui non sono in grado di valutare le capacità, persone che stimo, e persone con cui ho collaborato a suo tempo ma di cui non condivido alcune battaglie.

Ma anche nella lista Bonaccini ci sono nomi di persone capaci.

E allora?

Ecco i motivi, caro amico, per i quali non me la sento di fare appelli al voto: oltre alla certezza Bonaccini (su cui nel nostro ambiente non dovrebbero esserci dubbi) seminerei più che altro incertezze.

Ti saluto con stima ed affetto.

Paolo

Che aria tira a Bologna?

Liberiamo l'aria

Liberiamo l'aria

Alla fine di ogni anno è tempo di fare valutazioni sulla qualità dell’aria.

Sul sito di ARPAE, oggi 31 dicembre 2019, ho esaminato la situazione comparando il numero di giorni in cui nelle stazioni di misura della qualità dell’aria rappresentative del traffico urbano dei capoluoghi provinciali della regione (per Bologna a Porta S.Felice), si sono verificati superamenti del limite di 50 mcrgr/mc. di polveri sottili PM10.

Bologna è la città con il numero minore di superamenti, pari a 32, inferiore al limite normativo, pari a 35.

In tutti gli altri capoluoghi il limite è stato superato.

Forlì Cesena 37 gg. Rimini 41, Parma 42, Piacenza 47, Ravenna 50, Reggio Emilia 52, Modena 57, Ferrara 59.

Per avere un’idea dell’andamento delle concentrazioni di PM10 a Bologna si può considerare la serie storica del numero dei superamenti in ogni anno, dal 2008 al 2019, che è la seguente.

2008 n.68 superamenti, 2009 n.50, 2010 n.63, 2011 n.69, 2012 n.73, 2013 n.57, 2014 n.23, 2015 n.38, 2016 n.33, 2017 n.40, 2018 n.18, 2019 n.32.

Si nota che, oltre al dato straordinario dello scorso anno, con soltanto 18 superamenti, il limite dei 35 superamenti è stato rispettato anche nel 2014, nel 2016 e nel 2019. E’ chiaro che tale dato risente anche dell’andamento climatico stagionale ma risulta evidente che dal 2014 ad oggi la qualità dell’aria, almeno riguardo alle polveri sottili, nella nostra città è decisamente migliorata.

Un ultimo dato, sempre riguardo alle polveri sottili, che sarà interessante valutare e che non è ancora disponibile, è la media annuale di concentrazione di PM10.

Qui il limite normativo è 40 mcrgr/mc e dal 2008 non è mai stato superato.

Il valor medio inferiore è stato di 25 mcrgr/mc. nel 2014, mentre nel 2018 la media è stata di 26 mcrgr/mc. Vedremo quale sarà il dato calcolato da ARPAE per il 2019.

Spigolature politiche

Qualche considerazione politica attorno a 4 temi:

Movimento 5 stelle, elezioni in Emilia Romagna, Partito democratico, Sardine.

1) Cominciamo dal Movimento 5 stelle

La piazza delle sardine

La crisi del M5S è del tutto evidente e viene ammessa perfino dal suo capo politico che, se avesse un minimo di coerenza, avrebbe già dovuto dimettersi da tempo (oltre all’inadeguatezza politica è palese il fatto che Di Maio non riesce a svolgere insieme il ruolo di capo politico e quello di ministro, dello Sviluppo Economico e del Lavoro nel governo gialloverde e addirittura degli Esteri nel governo attuale). Stanno venendo al pettine tutti i nodi di un non-partito, privo di una struttura organizzativa trasparente, sia al centro che a livello locale, fautore di una democrazia diretta (governata da una società privata) che mostra ogni giorno di più il suo velleitarismo, cresciuto a dismisura sulla base di un profilo di protesta, di rabbia, d’indignazione e di opposizione, costretto, una volta chiamato a responsabilità di governo, a fare i conti con la realtà, con tutte le incertezze, contraddizioni e divisioni del caso. Infine, ma si potrebbe proseguire a lungo, l’insistente dichiararsi “nè di destra né di sinistra” si è rivelato Continua…

Le politiche per la famiglia

Politiche per la famiglia

Di recente ho presentato una relazione sul tema delle Politiche per la famiglia.

Ci sono due aspetti, due suggestioni significative che mi riprometto di sviluppare.

1) Cos’è la famiglia ?

2) Famiglia e natalità.

1.0) Cos’è la famiglia ?

La risposta a questa domanda, non è difficile per un credente cittadino italiano: infatti la si trova, identica, nel paragrafo 253 del Compendio della dottrina sociale della Chiesa e nell’art. 29 della Costituzione che definiscono entrambi in modo concorde, la famiglia come società naturale fondata sul matrimonio.

Dovendo ragionare di politiche famigliari, ho tuttavia provato a chiedermi cosa sia la famiglia per la politica o in altri termini quale immagine abbia la politica della famiglia.

Il risultato è sconcertante nel senso che dalle leggi, dalle delibere, dai regolamenti (che sono la voce attraverso cui la politica si esprime) la famiglia risulta un fantasma (nel senso che non esiste) Continua…

Come va il governo Contebis?

Il governo Contebis

Nel mio ultimo post scritto a metà settembre, poco dopo il varo del governo giallorosso (o giallorosa) paragonavo il governo stesso ad un matrimonio nato per interesse comune dei due contraenti (evitare le elezioni allontanando il rischio “Salvini”) ed obbligato tuttavia, per poter durare fino alla fine della legislatura (compresa l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica) a darsi programma ed obiettivi comuni (magari di chiaro profilo riformista), mettendo da parte ricerca di visibilità e rivendicazione di meriti di parte/partito.

Se guardiamo a queste prime settimane di vita dell’esecutivo guidato da Giuseppe Conte, caratterizzate dalla stesura della manovra 2020, non c’è da essere ottimisti.

Il M5S attraverso il suo capo politico Di Maio, in difficoltà all’interno, non perde occasione per fare la voce grossa nei confronti del PD ed anche del premier Conte, senza peraltro che sia chiaro il profilo di questa forza politica che continua a dichiararsi né di destra né di sinistra: altro che coalizione di centrosinistra! Anche le possibili alleanze tra M5S e PD a livello regionale sembrano rispondere ad una logica del “caso per caso” e del “quando conviene ad entrambi” piuttosto che ad una stabile convergenza programmatica che riproduca uno schema bipolare tra centrodestra e centrosinistra.

Il PD da parte sua sta dando prova di un senso di responsabilità perfino imbarazzante e che sconfina nella subalternità al M5S. Nè il timido e bonario Zingaretti né Franceschini (che appare sempre di più il vero leader del partito) sembrano in grado di condizionare l’alleato e l’azione di governo.

Ceduto sul taglio dei parlamentari (senza effettive garanzie dei necessari contrappesi nei regolamenti e nella legge elettorale) non si vede ancora segno di una effettiva discontinuità tra governi Conte2 e Conte1: di modifiche ai decreti sicurezza e di jus culturae non si parla, di modifiche sostanziali a reddito di cittadinanza e quota 100 nemmeno. D’altra parte non è facile un drastico cambiamento di rotta con un Presidente del Consiglio che è il medesimo di prima e che sta dando prova di una indubbia abilità e capacità di galleggiamento, senza un proprio partito alle spalle ma con un largo consenso nel paese e con simpatie politiche un po’ da ogni parte (dalla CGIL alla Confindustria, da Leu a Fratelli d’Italia) conquistate grazie ai suoi modi “felpati” di “avvocato del popolo”.

Qualche accenno agli altri partiti che sostengono il governo.

Italia Viva di Matteo Renzi ha un grande bisogno di consolidarsi e di crescere nei consensi, togliendo elettori un po’ al PD ed un po’ ai delusi di Forza Italia. Per fare questo ha bisogno a sua volta di visibilità: le richieste avanzate sulla manovra (eliminazione di quota 100 le cui risorse andrebbero destinate a lavoratori e famiglie, no a qualunque tassa aggiuntiva ecc.) rispondono a questo scopo, senza peraltro tirare troppo la corda di un governo di cui in qualche modo Renzi è stato la levatrice.

E che dire di Leu? Non si era mai vista una sinistra estrema (?) così accomodante e silenziosa. Bertinotti e Rifondazione comunista sono ormai un lontano ricordo.

Per concludere, restando sempre nel campo del centrosinistra, a parte gruppi assolutamente minoritari o indecifrabili (come i Verdi) restano +Europa della Bonino e Siamo europei di Calenda, partiti/movimenti che dovrebbero unirsi, anche se non è detto, vista la forte personalità dei due leaders.

Di fronte a questo panorama il vostro scriba (cioè il sottoscritto) non cambia (ci mancherebbe!) la sua collocazione nel centrosinistra, resta affezionato (anche se alquanto deluso) al PD, guarda con simpatia (nonostante tutto) a Matteo Renzi ed ammira (per la sua coerenza che rasenta il suicidio), Carlo Calenda.

Cosa può nascere da un matrimonio per interesse

Penso che il governo PD/M5S è nato come un matrimonio per interesse. Se i due contraenti, vivendo insieme e condividendo gioie e fatiche della vita comune, cominceranno a conoscersi, ad apprezzarsi reciprocamente, ad avere fiducia l’uno nell’altro senza rimpiangere relazioni del passato, a non mettere in piazza davanti a tutti i difetti e le carenze dell’altro enfatizzando i propri (presunti) meriti, è possibile che a poco a poco nasca se non l’amore almeno la stima. In caso contrario andranno avanti per un po’ da separati in casa per poi lasciarsi definitivamente.

Al via il Contebis

Giuseppe ConteLa crisi di governo aperta da Salvini un mese fa, si avvia a soluzione: lunedì e martedì prossimi il governo Contebis dovrebbe ottenere la fiducia dei due rami del Parlamento.

Nel mio post del 16 agosto ritenevo difficile (pur sperando di sbagliarmi) la formazione di un governo formato da M5S e PD e pensavo più probabile il voto anticipato in autunno: sono lieto di essermi sbagliato perchè la sconfitta di Salvini e delle sue mire di “pieni poteri” è una buona notizia per il paese.

Non sono tra quelli che ritengono che l’accordo tra M5S e PD si poteva raggiungere anche dopo le elezioni del marzo 2018 e che Renzi allora abbia sbagliato ad ostacolare tale accordo. Un anno e mezzo fa non c’erano le condizioni per dare vita ad una coalizione tra questi due partiti dopo una campagna elettorale di contrapposizione feroce e senza esclusione di colpi.

C’era bisogno (purtroppo per il paese) di passare attraverso il fallimento del “contratto” fra Lega e M5S. Questo fallimento dovrebbe avere insegnato qualcosa a tutti i protagonisti politici, in particolare PD e “grillini”, che mi auguro abbiano bene appreso la lezione.

Ho letto i 29 punti che sono alla base del programma di governo:essi rappresentano una piattaforma di taglio progressista, con diverse apprezzabili novità, ma si tratta solo di una premessa necessaria ma non sufficiente a garantire la durata del governo stesso fino alla fine della legislatura.

In questo caso è più che mai vero che “la bontà del budino si potrà provarla solo dopo averlo assaggiato”.

Perchè il nuovo governo abbia lunga vita e sia davvero un governo di svolta, come auspicato da Zingaretti, è necessario che si verifichino diverse condizioni.

Il PD innanzitutto dovrà saper fare proprie alcune tra le istanze più genuinamente “popolari” del M5S. Quest’ultimo dovrebbe, a mio giudizio, proseguire nella maturazione che è iniziata nel corso della fallimentare esperienza di governo con la Lega: alcune ingenuità sono già state accantonate (i capigruppo in carica per sei mesi, l’”uno vale uno”, l’introduzione del “mandato zero” per aggirare il vincolo dei due mandati); è auspicabile che venga abbandonata anche l’assurda affermazione “non siamo né di destra né di sinistra”.

Resta purtroppo la concezione sbagliata di una democrazia diretta (peraltro opaca, vedi piattaforma Rousseau gestita da un privato) contrapposta alla democrazia rappresentativa.

L’aver fatto esperienza di quel Parlamento nel quale erano entrati per “aprirlo come una scatoletta di tonno”ha certamente contribuito a misurarsi con la realtà ed a migliorare la preparazione di una classe dirigente inesperta.

Tutto questo forse richiederebbe anche un cambio di direzione politica nel M5S, ma questo resta un auspicio forse destinato a rimanere tale.

Un ruolo importante per il successo del nuovo governo è destinato a giocarlo il primo ministro Giuseppe Conte: la dura filippica contro Salvini davanti al Senato non può far dimenticare i quattordici mesi di sudditanza alle politiche della Lega. E tuttavia l’esperienza fatta è servita anche a lui, non soltanto in termini di “professionalità” ma anche per assumere fino in fondo il ruolo di colui che indirizza e guida l’azione di governo, non limitandosi soltanto a “fare da paciere” ma propiziando con la necessaria autorevolezza, la ricerca delle necessarie sintesi politiche.

La formazione del nuovo governo non cancella le diversità, anche profonde, che esistono tra PD e M5S. Tuttavia affinchè queste diversità non si manifestino giorno dopo giorno attraverso dichiarazioni polemiche dall’una e dall’altra parte, in una continua campagna elettorale (come nel corso degli ultimi mesi del governo con la Lega), è necessario che gli esponenti dei due partiti evitino di agitare le rispettive bandiere attraverso gli organi d’informazione ed i social e s’impegnino in un confronto laborioso e discreto per la ricerca delle soluzioni che fanno davvero quell’”interesse degl’italiani” che tutti dicono di voler perseguire.

C’è chi (Bersani, Speranza) con un ingenuo (secondo me) ottimismo della volontà, vede già in questa alleanza di governo una coalizione fondata su valori comuni di sinistra esportabile anche a livello locale, a cominciare dalle prossime elezioni regionali.

Personalmente credo che questa non sia già una realtà ma soltanto una prospettiva che va conquistata attraverso una maturazione politica che nasce dalla conoscenza e dalla stima reciproca, frutto di un lavoro comune sostenuto dalla convinzione che l’eventuale fallimento di questo governo propizierebbe una assai probabile vittoria di Salvini e della destra estrema da lui egemonizzata: una pessima notizia per l’Italia e gl’italiani.

Smarrimento

Beppe Grillo

Dopo aver cercato,soltanto poche ore fa, di fare il punto sull’evoluzione della crisi politica sulla base di criteri di razionalità e ragionevolezza, l’ascolto della rassegna stampa di questa mattina (sabato 24 agosto) mi ha trasmesso una sensazione di smarrimento e di disorientamento.

Le variabili sono tante che diventa francamente impossibile prevedere gli sviluppi futuri ed anche esprimere le proprie preferenze.

I 5S sono divisi tra la ricerca di un accordo con il PD per un governo che duri e la nostalgia per la Lega pronta a fare “ponti d’oro” a Di Maio.

Il PD è diviso tra chi spinge per un’intesa a tutti i costi con i 5S (anche con un Conte bis) e chi vede di buon occhio il voto anticipato.

Anche nella Lega ci sono (sia pure più nascoste) incertezze tra chi preferisce un nuovo governo gialloverde e chi vorrebbe votare subito.

Ed è meglio il voto subito (con probabile, ma non certa, vittoria di Salvini e suo dominio incontrastato per almeno cinque anni – ma anche con possibile buon risultato del Pd e della sinistra e sostanzioso dimagrimento dei 5S) o il prolungamento della legislatura (con una riedizione presumibilmente di non lunga durata di un nuovo governo Lega-5S o con un nuovo governo PD-5S probabilmente dalla vita incerta e tormentata)?

Ogni giorno, ogni ora ci consegna una novità: Grillo vuole Conte al governo, Di Battista rimpiange Salvini, Renzi attacca Gentiloni…..

Vedremo cosa ci riserva la giornata di oggi.

Intanto si naviga a vista.

Crisi di governo. Seconda puntata

Sergio Mattarella

Ad una settimana esatta dal mio precedente post, aggiorno la situazione della crisi rifacendomi a quanto avevo scritto venerdì scorso (16 agosto) e verificando l’esattezza (o meno) delle mie previsioni.

1) Il premier Conte ha in effetti attaccato duramente e motivatamente Matteo Salvini nel suo intervento in Senato, addossandogli la responsabilità della crisi che si è aperta attraverso le dimissioni dello stesso Conte, presentate al Capo dello Stato la sera stessa del 20 agosto.

2) Salvini, pur dichiarandosi favorevole e pronto al voto, ha cercato di recuperare un rapporto con il M5S, arrivando fino ad offrire a Di Maio (in occasione delle consultazioni di Mattarella il 22 agosto) il ruolo di Presidente del Consiglio, dimostrandosi così incerto e tutt’altro che sicuro della scelta fatta di sfiduciare il governo Conte. In ogni caso la prospettiva di una riedizione del governo gialloverde si conferma del tutto priva di fondamento.

3) PD e M5S hanno cinque giorni di tempo (salvo breve proroga concessa da Mattarella) per provare a costruire una proposta di governo politico che duri per il resto della legislatura. Mi ero dichiarato favorevole a questa soluzione pur considerandola non facile da realizzare. Confermo questo giudizio alla luce delle dichiarazioni rese dalle delegazioni dei due partiti dopo l’incontro con il Presidente della Repubblica.

Zingaretti ha enunciato 5 punti programmatici (approvati all’unanimità dalla direzione del PD) sui quali verificare l’intesa con il M5S: su questi, in verità, l’accordo non dovrebbe essere difficile. Viene anche richiesta, comprensibilmente, una discontinuità con il governo gialloverde, soprattutto, immagino, in termini di protagonisti, a cominciare dal premier. A tali punti Zingaretti ne ha poi aggiunti altri 3 (abolizione dei decreti sicurezza, ridiscussione della riduzione dei parlamentari ed accordo preventivo sulla manovra economica) i primi due dei quali appaiono più difficili da digerire da parte dei grillini.

Di Maio, da parte sua, dopo l’incontro con Mattarella ha letto un decalogo assai particolareggiato di obiettivi irrinunciabili (?) per il movimento tra i quali alcuni (acqua pubblica, no alle trivelle ed agl’inceneritori) mi sembrano “identitari” e “di bandiera” ma di fatto accantonabili con una certa facilità. Viene tenuto fermo l’obiettivo della riduzione dei parlamentari, che rappresenta forse lo scoglio principale nella trattativa.

Per concludere. Se c’è una forte volontà politica di trovare un accordo tutto è superabile e l’accordo si trova con le necessarie mediazioni e rinunce reciproche. Molto dipende anche, a questo punto, dai nomi che dovranno occupare i ministeri dell’eventuale governo giallorosso.

Il mio “auspicio dubbioso” circa una soluzione positiva della crisi rimane immutato.

4) L’alternativa, in caso di mancato accordo, resta un governo tecnico-elettorale per accompagnare il paese al voto a fine ottobre/primi di novembre.