Gli Stati Generali dell’economia

Gli Stati Generali

Io non so se gli Stati Generali dell’economia, fortemente voluti dal premier Conte, rispondano ad una finalità propagandistica o ad un sincero desiderio di ascolto delle parti sociali.

Quello che penso è che non rispondano alle necessità attuali del paese.

Credo infatti che negli Stati Generali non si riuscirà ad andare oltre l’ennesima enunciazione dei titoli (e poco più) dei progetti di cui ha bisogno il paese: li conosciamo da sempre, la task force di Colao ne ha ricordati un certo numero e la stessa Commissione Europea li ha indicati come condizione per poter accedere ai cospicui finanziamenti che saranno resi disponibili.

Ciò che serve in questo momento è scegliere e decidere, tra tutto il repertorio noto e disponibile, ciò su cui si vuole puntare e soprattutto, per ciascuno degli obiettivi prescelti, indicarne con chiarezza le modalità e le condizioni di realizzazione: procedura di implementazione e sue diverse fasi, chi fa cosa, cronoprogramma, risorse necessarie ecc.

Insomma bisogna riuscire in tempi brevi a definire le condizioni di effettiva attuazione e realizzazione dei diversi progetti, affinchè non rimangano dei titoli ma se ne possa prevedere ragionevolmente la concreta fattibilità.

Se la scelta e la decisione sugli obiettivi compete alla politica (governo e parlamento) il lavoro di articolazione operativa compete ai tecnici (dirigenti ministeriali ed eventuali consulenti) ed è qui che a mio giudizio s’incontrano le maggiori difficoltà, dovute alle carenze dell’alta burocrazia statale (inamovibile o rinnovata ad ogni cambio di governo ma in base a considerazioni di fedeltà politica e non di merito), all’inesistente o ambiguo rapporto tra ministeriali e consulenti (temo che gli esperti di Colao abbiano lavorato per proprio conto, senza alcuna collaborazione con gli apparati dei ministeri).

D’altro canto la gestione dei progetti statali (analogo discorso andrebbe fatto a livello regionale) è di competenza della struttura dirigenziale dei ministeri (capi di gabinetto, dirigenti generali, uffici legislativi) ed è qui che ricade la responsabilità sia dell’inefficienza legislativa (leggi che rimangono inattuate per i ritardi dei decreti attuativi) che dell’incapacità di spendere in tempi certi le risorse assegnate.

Dubito che gli Stati Generali riusciranno ad entrare nel merito di questi aspetti: da qui il mio scetticismo sulla loro utilità.

E’ del 1973 un libro scritto da Augusto Frassinetti (Einaudi editore) dal titolo “Misteri dei Ministeri”, un «trattato» beffardo e paradossale, sorretto da una lucida competenza di testimone e di sociologo, che ha per obiettivo uno dei nuclei piú kafkiani della vita italiana: le miserie e gli «splendori» della burocrazia.

Temo che la sua lettura sia ancora utile a distanza di quasi cinquant’anni.

Semplificare e sburocratizzare: un “evergreen” della politica

Labirinto amministrativo

Di semplificazione amministrativa e di sburocratizzazione si parla da sempre nel nostro paese, come di un’assoluta, urgente necessità per liberarlo da uno dei principali ostacoli che frenano il suo sviluppo economico e sociale. Ne abbiamo preso nuova e drammatica coscienza in questi mesi, in occasione della pandemia, quando l’erogazione dei finanziamenti indispensabili per assicurare la sopravvivenza delle famiglie e delle imprese è stata ritardata e resa difficile proprio dai meccanismi farraginosi previsti dalle leggi e dai decreti.

Purtroppo anche su questo il sistema politico italiano sconta un colpevole ritardo nel senso che il tema non è mai stato affrontato in modo radicale e sistematico.

Non sono un esperto di diritto amministrativo ma ho lavorato per lunghi anni come dirigente nella pubblica amministrazione. Sono andato a ritroso con la memoria ed ho messo in fila alcuni ricordi sul tema.

All’inizio degli anni ‘90 il Ministro per la funzione pubblica Sabino Cassese promosse un’iniziativa per rendere la modulistica utilizzata dagli enti pubblici più “amichevole” e comprensibile per i cittadini, spesso in difficoltà con il “burocratese”. Ricordo che utilizzando un apposito manuale riscrivemmo la modulistica riguardante le autorizzazioni in materia di vincolo idrogeologico: esperienza interessante ma rimasta isolata.

Nell’amministrazione provinciale di Bologna fu realizzato un minuzioso censimento di tutti i procedimenti amministrativi nei quali l’ente era coinvolto, descrivendone lo svolgimento, gli uffici responsabili, la relativa tempistica ecc.

Fu anche grazie a questa base informativa che come Settore Ambiente, quando c’impegnammo per il conseguimento della certificazione ambientale Emas, ci dedicammo ad un’analisi ed al miglioramento dei procedimenti amministrativi di cui eravamo responsabili (soprattutto autorizzazioni ambientali in materia di rifiuti, emissioni atmosferiche, scarichi idrici ecc.).

Fin qui i ricordi, che mi fanno ringiovanire di 20/25 anni…..

Aggiungo che sempre in quegli anni vennero introdotte una serie di misure finalizzate alla semplificazione amministrativa. Ricordo ad esempio il SUAP (Sportello unico attività produttive) che evitava ad una ditta di dover rivolgersi a tanti enti per ottenere tutte le autorizzazioni necessarie, mettendo in capo ad un ufficio del Comune il compito di raccoglierle; le Conferenze di servizi che avrebbero dovuto abbreviare la tempistica dei procedimenti autorizzatori attraverso la convocazione in contemporanea dei diversi enti e servizi competenti al rilascio dei pareri di competenza; la raccomandazione di privilegiare procedimenti in parallelo anziché in serie; la pratica del silenzio/assenso e del silenzio/rifiuto e le autocertificazioni; evitare di richiedere documenti ed informazioni già in possesso dell’ente; individuazione di un responsabile del procedimento e di un tempo massimo per la conclusione dello stesso da notificare al cittadino interessato; ecc. ecc.

Anche la sempre maggiore diffusione dell‘informatica dovrebbe essere funzionale alla semplificazione ed alla riduzione dei tempi burocratici.

Conclusione.

Non dovrebbe essere impresa impossibile per un governo che non si accontentasse di proclamare una necessità ma che s’impegnasse attivamente per semplificare e sburocratizzare davvero, redigere delle linee guida a beneficio dei ministeri, delle regioni, dei comuni e di tutti gli enti pubblici del nostro paese, rendendo obbligatoria una revisione di tutti i procedimenti in capo a ciascuna amministrazione in coerenza con le linee guida stesse ed introducendo un sistema di incentivi e di penalizzazioni.

La pandemia da coronavirus: un segno dei tempi

Il 7 dicembre 1965 venne approvato l’ultimo documento del Concilio Ecumenico Vaticano II, la Costituzione dogmatica “Gaudium et spes”, sulla Chiesa nel mondo contemporaneo.

Vorrei riportare testualmente la conclusione del paragrafo n.3 e l’inizio del paragrafo n.4, dove compare l’espressione “segni dei tempi” che ritengo sia stata una delle principali illuminazioni del Concilio.

….Nessuna ambizione terrena spinge la Chiesa; essa mira a questo solo: continuare, sotto la guida dello Spirito consolatore, l’opera stessa di Cristo, il quale è venuto nel mondo a rendere testimonianza alla verità, a salvare e non a condannare, a servire e non ad essere servito .

LA CONDIZIONE DELL’UOMO NEL MONDO CONTEMPORANEO

4. Speranze e angosce.

Per svolgere questo compito, è dovere permanente della Chiesa di scrutare i segni dei tempi e di interpretarli alla luce del Vangelo, così che, in modo adatto a ciascuna generazione, possa rispondere ai perenni interrogativi degli uomini sul senso della vita presente e futura e sulle loro relazioni reciproche. Bisogna infatti conoscere e comprendere il mondo in cui viviamo, le sue attese, le sue aspirazioni e il suo carattere spesso drammatico……….

Mi permetto di suggerire la lettura dei paragrafi 4-9 che mi paiono ancora di estrema attualità, benchè scritti oltre mezzo secolo fa.

Io sono convinto che questa pandemia non è un castigo mandato da Dio per punire gli uomini, affinchè si pentano dei loro peccati e si convertano. Ma sono altrettanto convinto che essa è un segno dei tempi, forse il più forte e drammatico dei tempi moderni e che richiede un attento e profondo discernimento per trarne insegnamenti sulle sue cause profonde e, conseguentemente, sul senso della nostra vita e sull’indirizzo da dare ad essa.

Per chi ha fede la creazione è un dono di Dio, un dono che non fa dell’uomo il padrone Continua…

I paradossi dell’epidemia

Il papa e mons.Zuppi

Il male oggettivo rappresentato dall’epidemia di coronavirus si accompagna ad alcuni effetti secondari positivi come la riduzione delle emissioni inquinanti da traffico, la diminuzione degl’incidenti stradali e sul lavoro e dei reati comuni. Altri aspetti contraddittori riguardano il fatto che, ad esempio, la dimensione ecclesiale locale (tipicamente la parrocchia) è passata (almeno temporaneamente) in secondo piano rispetto alla dimensione diocesana ed universale (non avevamo mai visto ed ascoltato tante volte, sia pure per tv o via web, il nostro vescovo ed il papa).

Così la globalizzazione, che è certamente una delle cause della veloce trasmissione del virus, ci ha messo comunque a disposizione potenti strumenti di comunicazione virtuale (social, teleconferenze, videochiamate ecc.) che ci consentono almeno di parlarci, ascoltarci e vederci.
Ed è ancora più paradossale, pensavo, che è attraverso strumenti moderni come il web, You Tube ecc. che stiamo riscoprendo pratiche liturgiche antiche e tradizionali come il Rosario serale e le litanie con il vescovo o l’ Ora di adorazione con il papa: è stato emozionante venerdì scorso rivivere a distanza di tanti anni un’esperienza vissuta un sacco di volte da bambino nella chiesa di S.Giovanni in Monte, con il Tantum Ergo cantato in “latinorum” senza capirci niente…….
Quante volte nel corso delle tante Quaresime vissute fino ad ora ci è stato ricordato il deserto, come il luogo del sacrifico, della rinuncia, della privazione volontaria di ciò che è superfluo e non essenziale. In questa Quaresima la condizione di deserto la stiamo vivendo in modo obbligato ed in questa situazione possiamo comprendere ciò che è davvero essenziale e ciò che non lo è per la nostra vita. Ciascuno questo discernimento lo deve esercitare personalmente.
Solo per fare un esempio, il digiuno eucaristico è pesante non solo e non tanto in termini di una comunione spirituale e di un legame con il Signore che posso stabilire interiormente anche a prescindere dalla partecipazione fisica al rito ed alla liturgia. Quello che mi manca è soprattutto il non poter partecipare alla Messa insieme alla comunità parrocchiale a cui sono fedele da quasi cinquantadue anni, il non poter vedere i volti dei fratelli e delle sorelle nella fede, l’accorgermi che manca G. o L. e l’interessarmi per sapere se hanno bisogno di qualcosa. Una Messa insomma che non è una “pratica religiosa” ma che diventa segno ed occasione per farci prossimi gli uni agli altri, del dono gratuito e della condivisione del pane terreno oltre che di quello eucaristico.
Questa epidemia insomma è certamente un male immenso dal quale speriamo di essere liberati al più presto, ma è anche l’occasione perchè si manifestino “le opere di Dio”, cioè tutti gli eventi ed i comportamenti che nascono dallo Spirito d’Amore.

Ai tempi del coronavirus

Coronavirus

Fa davvero molta pena

questa Italia in quarantena.

Il decreto del governo,

emanato a fine inverno,

ci costringe a stare in casa

ed a far tabula rasa

dei rapporti conviviali:

restan sol quelli virtuali.

Assomiglia a un coprifuoco

e non è per niente un gioco,

ma misura cautelare

per potere contrastare

questo virus maledetto

che ti può rendere infetto.

Non si trovan mascherine

se non vai oltre confine,

ma le trovi per davvero

solo al mercato nero,

dalle parti della Cina:

trenta euro la dozzina.

Di Amuchina un bottiglione

costa ormai quasi un milione:

non la trovi in farmacia

ma in un’oreficeria.

Baci e abbracci son vietati,

a settembre rimandati?1

Questa brutta epidemia

molte vite porta via,

e qualcuno è pure morto

senza avere alcun conforto

dagli amici e dai parenti

che non erano presenti.

Si esce solo per comprare

qualche cosa da mangiare.

Acquistar si può il giornale:

informarsi è antivirale2,

e per me assai salutare,

perchè posso passeggiare

garantendomi un pretesto

per schivar multa ed arresto.

C’è la spesa a domicilio

ch’è davvero un grande ausilio.

Ma la devi programmare

e in anticipo ordinare:

la consegnerà fra un mese3

un addetto assai cortese.

Vedi cani frastornati,

dai padroni trascinati:

son costretti a far pipì

trenta volte tutti i dì.

C’è un decalogo aggiornato

che da tutti è rispettato:

Laverai spesso le mani

tanto oggi che domani.

Via le mani dalla bocca,

anche il naso non si tocca.

Non puoi stringere la mano

né al buddista né al cristiano.

Di distanza tieni un metro

sia da Luca che da Pietro4.

Se ti viene uno starnuto

devi attendere un minuto

per poterti allontanare

da chi intorno ti può stare.

Puoi tossir liberamente

sol lontano dalla gente.

Per ridarsi un po’ coraggio

si diffonde un bel messaggio:

un flash mob da ogni balcone

per cantare una canzone

di Modugno o Celentano5

tutti mano nella mano,

con il cuore, idealmente,

non potendolo realmente.

E tra tutti i più fedeli

cantan l’inno di Mameli:

hanno appeso alla ringhiera

dell’Italia la bandiera.

Un applauso proprio ieri

per quei medici e infermieri

che combattono in corsia

contro questa epidemia.

Le candele alla finestra

delle luci son l’orchestra,

le campane della sera

chiaman tutti alla preghiera.

Poche auto per la strada

e la gente è molto rada.

Molto traffico c’è in rete

e sul web non trovi quiete.

E chi a casa deve stare

può il suo tempo dedicare

a diverse occupazioni:

c’è chi fa le collezioni,

c’è chi scrive filastrocche

un po’ argute e un poco sciocche,6

chi sta alla televisione

e chi legge a profusione.

Chi riordina le foto,

chi in soggiorno fa del moto.

Molti fan gli smanettoni

tra programmi e applicazioni.

Anche i nonni puoi trovare

sempre intenti a navigare.

Della teleconferenza

non si può più fare senza,

e con la videochiamata

puoi veder la fidanzata.

Google, Skype e con Whatsapp

del vedersi colmi il gap7.

Dall’asilo all’ateneo,

dalle medie al liceo

i ragazzi sembran stanchi

e rimpiangono anche i banchi.

Col pc fanno lezione,

speran nella promozione:

se lo auguran ridenti

tutti quanti gli studenti.

Della Messa c’è il digiuno:

in Quaresima è opportuno

far rinunce e sacrifici

ma non siam certo felici

di non fare Eucarestia

coi fratelli in compagnia.

E la Messa alla tv

ci permette tutt’al più

di restare in comunione,

pur con qualche distrazione,

coi fratelli nella fede

anche se non ci si vede.

In compenso il cardinale

ha proposto, assai geniale,

del Rosario la preghiera

su You tube, prima di sera.

La forzata convivenza

va vissuta con pazienza:

stiamo accanto ai nostri amori

anche se fossero untori.

La forzata lontananza

va vissuta con speranza

di potere quanto prima

superare questo clima

d’incertezza, di paura

che la vita rende dura,

e tornare a star vicini,

tanto i grandi che i piccini.

Questo mal forse potrà

darci l’opportunità

di capir cos’è importante

e che cosa è irrilevante.

E speriamo che domani

sarem tutti un po’ più umani,

e capaci di gustare

(e non solo consumare)

tanto il tempo che lo spazio

senza averne fatto strazio.

Io fin d’ora sono certo

che alla fine del deserto,

dopo questa dura prova

ci sarà una Pasqua nuova,

e le oscurità più amare,

può una luce illuminare:

son le opere di Amore

ispirate dal Signore.8

Paolo

1 Ovviamente l’autore si augura che questo possa avvenire assai prima, ma ha voluto probabilmente “giocare” sul rinvio agli esami di riparazione.

2 Forse perchè ci aiuta a conoscere quali misure ci possono difendere dal contagio?

3 Spesa ordinata ad Easycoop il 12 marzo, consegnata il 31.

4 Ovviamente non potendo conoscere né la fede religiosa, né il nome di chi si incontra, questi divieti hanno una portata generale.

5“Volare” o “Azzurro”.

6 Garbato riferimento autobiografico.

7 Versetto un po’ “forzato”:presumibilmente vuol dire che i social permettono quel contatto anche visivo che sostituisce il mancato contatto fisico.

8 Come dice Gesù al cieco nato dopo averlo guarito, il male non è un castigo mandato dal Signore, ma un’occasione perchè si manifestino “le opere di Dio”, cioè tutti i comportamenti che nascono dallo Spirito d’Amore.

Una bella vittoria della buona politica

Salvini e lo sgombro

Matteo Salvini si è impegnato al massimo per vincere, attraverso la sua prestanome Lucia Borgonzoni, le elezioni regionali in Emilia Romagna, mettendo in gioco una indiscutibile energia (ha battuto il territorio in lungo e in largo per alcuni mesi) la sua abilità nel fare campagna elettorale (i selfies a tappeto) la sua potente macchina della propaganda on line (la cosiddetta Bestia).

In questo modo ha rischiato grosso esponendosi in prima persona e caricando le elezioni regionali di una valenza nazionale.

La sua netta sconfitta (quasi 8 punti di scarto tra Bonaccini e Borgonzoni ed il PD nuovamente primo partito in regione) è una buona notizia per chi crede ancora nella buona politica, sia dal punto di vista dei contenuti che dei modi, degli strumenti e delle parole che la politica utilizza.

Provo a sintetizzare i tre elementi che a mio giudizio hanno propiziato la vittoria di Bonaccini.

Innanzitutto attorno a lui il centrosinistra è stato tutto unito, (al netto delle tre listine dei “puri e duri” che hanno totalizzato complessivamente l’1% dei voti), dalla sinistra di E.R.Coraggiosa ai movimenti di Renzi e Calenda, passando dal PD: merito certamente del candidato che ha puntato tutto sulla propria esperienza unitaria di buon governo ma anche del senso di responsabilità delle diverse anime del centrosinistra.

In secondo luogo gli elettori non si sono fatti distrarre dal Salvini leader nazionale ma hanno giudicato il valore dei candidati alla carica di governatore regionale ed hanno premiato Bonaccini (che ha avuto oltre il 3% in più dei voti delle liste che lo sostenevano) rispetto alla Borgonzoni (che ha avuto quasi il 2% in meno delle sue liste), per non parlare di Benini, candidato dei 5Stelle, relegato ad un modesto 3,5% mentre la lista del suo movimento ha avuto 1,2% di voti in più di lui: insomma, come si prevedeva, il voto disgiunto, pur non essendo stato determinante, ha avuto un certo peso, non soltanto tra i grillini ma anche all’interno del centrodestra (sia FdI che FI non amano, evidentemente, il protagonismo arrogante di Salvini).

Il terzo fattore che ha spinto Bonaccini al successo è stato rappresentato dalle Sardine, che hanno da sole contrastato Salvini sul suo terreno (le piazze, il territorio) battendolo nei numeri e soprattutto nello stile, nei modi, nelle parole usate per fare politica. Le Sardine hanno rianimato e dato coraggio al popolo del centrosinistra chiamandolo con successo alla partecipazione nelle piazze e nelle urne.

Anche (non solo) attraverso l’impegno e la presenza delle Sardine i cittadini hanno preso coscienza che Re Salvini era nudo: la falsa narrazione sul pericolo rappresentato dagl’immigrati, i decreti sicurezza che alimentano la paura, l’indegno tormentone su Bibbiano, lo squallido episodio del citofono al Pilastro….

Non mi dilungo sulle ricadute “nazionali” del voto in Emilia Romagna. Mi limito ad accennare al ripristino del bipolarismo destra/sinistra propiziato dai risultati catastrofici del M5S ed alla “maretta” che non mancherà di prodursi nel campo della destra: una sconfitta grave, non compensata dalla prevista vittoria in Calabria, da parte per giunta di una candidata di FI, farà sentire i suoi effetti minando la coesione della coalizione.

Appello al voto?

Stefano Bonaccini

Un amico che ricopre cariche istituzionali in Comune di Bologna mi ha scritto questa mattina un messaggio su WhatsApp: “Buongiorno Paolo. Stiamo aspettando il tuo appello al voto….”

Ecco la mia risposta.

Caro amico, il tuo messaggio di questa mattina circa il mio appello al voto per le imminenti elezioni regionali mi ha sorpreso (ed anche, lo ammetto, un po’ lusingato) e m’induce a riordinare idee e riflessioni di queste ultime settimane.

I motivi principali per cui non mi sembrava il caso che io dessi indicazioni o suggerimenti su come votare sono sostanzialmente due.

Da un lato non credo di avere particolare titolo ed autorità per fare questo. Non ricopro cariche istituzionali e non faccio più da tempo vita politica attiva, in parte per la limitazione di autonomia di cui soffro da oltre sette anni, ma ancor più per l’oggettiva carenza d’iniziativa politica del circolo PD al quale ero iscritto, che non va molto oltre l’organizzazione di pranzi o cene di autofinanziamento.

In secondo luogo ti confesso che, al di là della piena convinzione dell’assoluta necessità d’impegnarsi per la vittoria di Bonaccini, se penso a quale scegliere fra le liste che lo sostengono sono preso da qualche incertezza.

Se ragiono guardando alla linea che i diversi partiti o movimenti di centrosinistra sostengono a livello nazionale non so se optare ancora una volta per il PD (per ragioni di fedeltà, nonostante le incertezze della leadership di Zingaretti e le vaghe ed ambigue prospettive di rinnovamento) o per la lista Bonaccini che ospita candidati che si richiamano a Italia Viva (sono deluso da Renzi del quale tuttavia non dimentico i meriti del passato) e ad Azione (ti confesso che quando sento parlare Calenda mi trovo spesso d’ accordo con lui). Non troverei nemmeno sbagliato un voto a + Europa o ad Europa Verde (nonostante la consueta dimostrazione della incapacità di convergenza a sinistra) o ad Emilia-Romagna Coraggiosa, anche se il mio voto non sarà certamente per queste liste.

L’altro criterio giusto per scegliere la lista da votare è quello di guardare ai nomi dei candidati in lista. Da questo punto di vista nella lista del PD trovo, oltre a nomi che non conosco, persone che non apprezzo minimamente, persone che conosco ma di cui non sono in grado di valutare le capacità, persone che stimo, e persone con cui ho collaborato a suo tempo ma di cui non condivido alcune battaglie.

Ma anche nella lista Bonaccini ci sono nomi di persone capaci.

E allora?

Ecco i motivi, caro amico, per i quali non me la sento di fare appelli al voto: oltre alla certezza Bonaccini (su cui nel nostro ambiente non dovrebbero esserci dubbi) seminerei più che altro incertezze.

Ti saluto con stima ed affetto.

Paolo

Che aria tira a Bologna?

Liberiamo l'aria

Liberiamo l'aria

Alla fine di ogni anno è tempo di fare valutazioni sulla qualità dell’aria.

Sul sito di ARPAE, oggi 31 dicembre 2019, ho esaminato la situazione comparando il numero di giorni in cui nelle stazioni di misura della qualità dell’aria rappresentative del traffico urbano dei capoluoghi provinciali della regione (per Bologna a Porta S.Felice), si sono verificati superamenti del limite di 50 mcrgr/mc. di polveri sottili PM10.

Bologna è la città con il numero minore di superamenti, pari a 32, inferiore al limite normativo, pari a 35.

In tutti gli altri capoluoghi il limite è stato superato.

Forlì Cesena 37 gg. Rimini 41, Parma 42, Piacenza 47, Ravenna 50, Reggio Emilia 52, Modena 57, Ferrara 59.

Per avere un’idea dell’andamento delle concentrazioni di PM10 a Bologna si può considerare la serie storica del numero dei superamenti in ogni anno, dal 2008 al 2019, che è la seguente.

2008 n.68 superamenti, 2009 n.50, 2010 n.63, 2011 n.69, 2012 n.73, 2013 n.57, 2014 n.23, 2015 n.38, 2016 n.33, 2017 n.40, 2018 n.18, 2019 n.32.

Si nota che, oltre al dato straordinario dello scorso anno, con soltanto 18 superamenti, il limite dei 35 superamenti è stato rispettato anche nel 2014, nel 2016 e nel 2019. E’ chiaro che tale dato risente anche dell’andamento climatico stagionale ma risulta evidente che dal 2014 ad oggi la qualità dell’aria, almeno riguardo alle polveri sottili, nella nostra città è decisamente migliorata.

Un ultimo dato, sempre riguardo alle polveri sottili, che sarà interessante valutare e che non è ancora disponibile, è la media annuale di concentrazione di PM10.

Qui il limite normativo è 40 mcrgr/mc e dal 2008 non è mai stato superato.

Il valor medio inferiore è stato di 25 mcrgr/mc. nel 2014, mentre nel 2018 la media è stata di 26 mcrgr/mc. Vedremo quale sarà il dato calcolato da ARPAE per il 2019.

Spigolature politiche

Qualche considerazione politica attorno a 4 temi:

Movimento 5 stelle, elezioni in Emilia Romagna, Partito democratico, Sardine.

1) Cominciamo dal Movimento 5 stelle

La piazza delle sardine

La crisi del M5S è del tutto evidente e viene ammessa perfino dal suo capo politico che, se avesse un minimo di coerenza, avrebbe già dovuto dimettersi da tempo (oltre all’inadeguatezza politica è palese il fatto che Di Maio non riesce a svolgere insieme il ruolo di capo politico e quello di ministro, dello Sviluppo Economico e del Lavoro nel governo gialloverde e addirittura degli Esteri nel governo attuale). Stanno venendo al pettine tutti i nodi di un non-partito, privo di una struttura organizzativa trasparente, sia al centro che a livello locale, fautore di una democrazia diretta (governata da una società privata) che mostra ogni giorno di più il suo velleitarismo, cresciuto a dismisura sulla base di un profilo di protesta, di rabbia, d’indignazione e di opposizione, costretto, una volta chiamato a responsabilità di governo, a fare i conti con la realtà, con tutte le incertezze, contraddizioni e divisioni del caso. Infine, ma si potrebbe proseguire a lungo, l’insistente dichiararsi “nè di destra né di sinistra” si è rivelato Continua…

Le politiche per la famiglia

Politiche per la famiglia

Di recente ho presentato una relazione sul tema delle Politiche per la famiglia.

Ci sono due aspetti, due suggestioni significative che mi riprometto di sviluppare.

1) Cos’è la famiglia ?

2) Famiglia e natalità.

1.0) Cos’è la famiglia ?

La risposta a questa domanda, non è difficile per un credente cittadino italiano: infatti la si trova, identica, nel paragrafo 253 del Compendio della dottrina sociale della Chiesa e nell’art. 29 della Costituzione che definiscono entrambi in modo concorde, la famiglia come società naturale fondata sul matrimonio.

Dovendo ragionare di politiche famigliari, ho tuttavia provato a chiedermi cosa sia la famiglia per la politica o in altri termini quale immagine abbia la politica della famiglia.

Il risultato è sconcertante nel senso che dalle leggi, dalle delibere, dai regolamenti (che sono la voce attraverso cui la politica si esprime) la famiglia risulta un fantasma (nel senso che non esiste) Continua…